Gioco di Ender ottimo libro, ma film mediocre.
Ritorno al futuro, bè, un film che chiunque riguarderebbe all’ infinito.
Gioco di Ender ottimo libro, ma film mediocre.
Ritorno al futuro, bè, un film che chiunque riguarderebbe all’ infinito.
Con il mio amico Pietro cominciai a cercare questi Easter eggs all’ uscita della VHS.
Al cinema ci era sfuggito tutto, l’ unica cosa che avevo notato era che il giudice del contest è l’ autore del pezzo “The power of love”
Non ci avevo fatto caso.
Huey Lewis lo ricordo invece in “Duets”, accanto alla Paltrow.
Racconto magnifico!
Il giorno dell’invasione è uno dei miei libri preferiti.
Il gioco di Ender è bellissimo e a poco in comune con il film.
Anche l’uomo del giorno dopp è bellissimo.
Ritorno al futuro vince a mani basse, con tutti i seguiti.
A proposito di “Il giorno dell’invasione”, non sapevo esistesse il genere “recursive science fiction”
1987
Partiamo subito con una doppietta, quella per il migliore romanzo. Vince Hugo e Nebula
Ho letto questo seguito molti anni dopo avere letto il primo, direi, anzi, decenni. Ero molto curioso di capire come poteva proseguire la vicenda di Ender, dato che il precedente romanzo, malgrado un “post finale”, poteva dirsi concluso. Il sospetto era che fosse il classico seguito commerciale; ma, uscendo subito dopo Il gioco di Ender, quanto meno doveva essere già compiuto nella testa dell’autore, e perciò lasciavo aperta ogni ipotesi. E la doppia vittoria mi ingolosiva, pure.
L’espediente iniziale merita tanto di cappello. La nuova vicenda è ambientata circa 3.000 anni dopo, ma vengono sfruttate alla grande le possibilità date dal tempo soggettivo alla velocità della luce (o quasi). Di più non sarebbe da dire, per non entrare troppo negli spoiler.
Che dire del romanzo: ci sono autori che vogliono solo sorprenderti, altri che hanno storie da raccontare, con calma, coi loro tempi: siamo nel secondo caso.
Questa opera è bellissima, fa riscoprire l’arte del romanzo, dove rimani incantato durante la lettura, dove ti perdi e pensi, mentre una parte di te continua a leggere, con l’opera che fluisce meravigliosamente e ti avvolge. Assisti da testimone, partecipe, alle vicende; segui affascinato l’evolversi della psicologia dei protagonisti, sempre plausibile e trattata magistralmente. Non è fuori luogo parlare di gioiellino della SF; non è sbagliato proporlo a chi ama la buona lettura e non pensa di trovarla anche nel genere “fantascienza”. Ringrazio le varie giurie che hanno notato la stessa grandezza, premiandolo in ogni dove. Difetti? Boh. Forse qualche tentennamento nel finale, la copertina insulsa e incomprensibile sul Cosmo serie oro, il titolo stupidino in italiano (l’originale era L’Araldo dei Defunti), ma forse è cercare il pelo nell’uovo.
I perdenti per l’Hugo: Sfida al cielo, alias L’invasione dei Ptertha, di Bob Shaw; Giù nel cyberspazio, di William Gibson; I naufraghi del tempo, di Vernor Vinge. Viene inoltre votato di più “Nessun premio” rispetto a Genesi nera, di L. Ron Hubbard.
Nominati e perdenti per il Nebula: Giù nel cyberspazio, di William Gibson; l’inedito Free Live Free, di Gene Wolfe; Il racconto dell’Ancella, di Margaret Atwood; l’inedito The Journal of Nicholas the American, di Leigh Kennedy e l’inedito This is the Way the World Ends, di James Marrow.
Romanzo breve, vince l’Hugo Gilgamesh all’Inferno, di Robert Silverberg. Decide altrimenti il Nebula, che premia R & R, alias Piste di guerra, di Lucius Shepard.
Gilgamesh è il celeberrimo personaggio della mitologia dei Sumeri, è uno dei protagonisti dell’antica Epopea di Gilgamesh, un libro sorprendente che si trova anche in Italia, che lessi a suo tempo, da giovane, e che narra le avventure dell’eroe e del suo amico Enkidu, con molti riferimenti tipici dell’epoca, tra cui il diluvio universale.
Il breve romanzo di Silverberg, come viene giustamente detto anche nella prefazione, ricorda molto Il fiume della vita e Farmer (Farmer anche nella scrittura, aggiungerei). E’ un simpatico divertissement, dove l’autore, tra i vari personaggi, ha il coraggio di utilizzare anche due famosi scrittori, Lovercraft e Howard, il creatore di Conan, e a quest’ultimo attribuisce delle chiarissime pulsioni omosessuali (che in vita non mi pare avesse avuto, mentre è nota la sua amicizia e stima reciproca con Lovercraft). Pura azione, divertente, un premio un po’ a sorpresa.
Non male anche il vincitore del Nebula, un’opera che descrive bene l’aspetto reale della guerra e le reazioni dei protagonisti alla follia della stessa, stile film sul Vietnam (è ambientata però in Centro America): c’è chi diserta, chi impazzisce, chi, dopo un lungo percorso, diventa più fatalista. Al di là della notevole capacità di Shepard, si può parlare a mio parere più di un romanzo di guerra che di SF. Direi due romanzi brevi che non fanno impazzire, non sono capolavori, ma sono comunque validi.
Persero per l’Hugo: l’inedito Escape from Kathmandu, di Kim Stanley Robinson; R & R, alias Piste di guerra, di Lucius Shepard; Pogrom speziale, di Connie Willis e Eifelheim, di Michael F. Flynn.
Per il Nebula: l’inedito Dydeetown Girl, di F. Paul Wilson; l’inedito Escape from Kathmandu, di Kim Stanley Robinson; Gilgamesh all’Inferno, di Robert Silverberg e l’inedito Newton Sleep, di Gregory Benford.
Racconto: vince Permafrost, di Roger Zelazny. Ancora una scelta diversa per il Nebula, che premia l’inedito The girl who fell from the sky, della Kate Wilhelm.
Quello di Zelazny è un racconto agile, secco, con parecchie venature horror, con qua e là qualche cenno (o omaggio) stile Shining, non rimane indimenticabile ma insomma non sfigura.
Il racconto della Wilhelm è inedito, feci un po’ di fatica ma lo recuperai. Beh, che dire. Scritto bene…è scritto bene. Poi…basta. Zero fantascienza. Narra di come un tipo vada per recuperare una vecchia pianola, nel nulla della sterminata campagna assolata statunitense. Là incontra una tizia, anch’essa là per caso o quasi, tra i due c’è chimica ed elettricità.
Di notte scopriranno che la pianola è posseduta. Forse; probabilmente. E che i vari ruderi e resti nelle campagne circostanti hanno delle storie di sangue alle spalle. Mah, detta così pare pure più interessante di quanto invece non sia. Perchè a mio parere è un racconto da 5 e anche se rimarrà inedito (chissà se lo è ancora, dopo 37 anni), niente di male.
Quello vincente l’Hugo era meglio.
Per l’Hugo c’erano Sulle ali degli dei (ma il titolo originale Thor Meets Captain America era molto più accattivante!) di David Brin; Il mercato d’inverno, di William Gibson; Hatrack River, di Orson Scott Card, forse edito come Il settimo figlio (ma non ho capito se è lo stesso, perché esiste un The seventh son); La principessa barbara, di Vernor Vinge.
Per il Nebula: Aymara, di Lucius Shepard; Hatrack River, di Orson Scott Card; l’inedito Listening to Brahms, di Suzy McKee Charnas; Permafrost, di Roger Zelazny; l’inedito Surviving, di Judith Moffett e Il mercato d’inverno, di William Gibson.
Racconto breve: doppietta. Vince Hugo e Nebula Quarta dimensione, di Greg Bear.
Doppietta meritata direi, il buon Greg sforna in una quindicina di pagine teorie, applicazioni delle stesse, impegno, sense of wonder e pure un senso di “ah i bei racconti degli anni ’50 – ‘60”. Gran bel raccontino.
Persero: per l’Hugo Sogni di robot, di Isaac Asimov (chi si vede); Il ragazzo che intrecciava le criniere, di Nancy Springer; l’inedito Still Life, di David S. Garnett; Ratto, di James Patrick Kelly.
Per il Nebula: Il ragazzo che intrecciava le criniere, di Nancy Springer; Stanotte i leoni dormono, di Howard Waldrop; Le traversie di Bimbo Bello, alias Il passaggio, alias Iniziazione di un Bimbo Bello, di Pat Cadigan; Ratto, di James Patrick Kelly; Sogni di robot, di Isaac Asimov.
Artista: vince Jim Burns (Whelan si era ritirato).
Non malaccio.
Spettacolo: vince Aliens, di James Cameron.
Celeberrimo seguito del celeberrimo Alien, qualche anno dopo (ma nel film parecchi anni dopo), su IMDB si piglia un fantastico 8,4. Film dove l’adrenalina scorre a fiumi, bello, imperdibile, etc… MA dove si perde a mio modesto parere il terrore verso l’Alien. Nel primo film questo sembrava invincibile, furbo, spietato e c’era da cagarsi addosso. Qua si continua a cagarsi addosso, ma l’alieno è “sminuito”, se ne uccidono a frotte. Comunque è, di nuovo, il classico pelo nell’uovo, beninteso. Due Oscar per gli effetti, più 5 nomination non andate a buon fine. Erano altri tempi: a Cameron dissero che il film lo avrebbero fatto se andava bene Terminator (a Cameron!!!), alla Sigourney non volevano neanche firmare il contratto (“ehi, Cameron, ma non si può fare sto film senza di lei? Dici di no? Vabbè…"), poi alla fine le diedero un milione di $ (una montagna di soldi in più rispetto al primo, comunque). Notoriamente, il film si rifece di metà delle spese già nel primo weekend e fu un gran successo al botteghino. Lo stesso cast, per larga parte inglese, non aveva visto Terminator e non riteneva Cameron abbastanza esperto per girare quella roba (!!). Insomma non fu facile e il film fu pronto solo poco prima dell’uscita ufficiale. Poi è andata benino, direi.
Tra gli sconfitti, Star Trek: Rotta verso la Terra (IMDB 7,3), forse il mio preferito della serie, quello con il viaggio nel passato, cioè il nostro presente. Bene fa Wiki a ricordare una battuta di Kirk (“Ricordatevi tutti dove abbiamo posteggiato”), un clima un po’ goliardico, insomma.
C’erano anche La mosca e Labyrinth.
Foto da IMDB
1988
Vince l’Hugo per il romanzo
mentre vince il Nebula
Alla convention degli Hugo si discutevano temi come “Stephen King è il Dickens degli anni ’80?”, “La morte del cyberpunk”, “Disarmo unilaterale degli Stati Uniti”, e c’era la presentazione di nuovi film in uscita, tra cui Abyss, Alien III, Batman (interpretato da Michael Keaton, scelta a priori già bocciata dai fan), che non sarà, dicevano, una commedia, ma un film dark, con Nicholson a fare il Joker.
Ok, quale romanzo tra i due è il migliore?
Il libro di Brin ripropone, come ne Le maree di Kithrup, dei terrestri in difficoltà su un mondo non ancora bene esplorato, e circondato da flotte di astronavi aliene e nemiche. Anche ora, proprio pari pari, una situazione analoga. Brin a mio parere, almeno qua (ma anche altrove) ammalia con il suo stile, e anche un librone come questo ti passa che è un piacere (beh dai, insomma, diciamo che ti passa). Sai che hai più di 600 pagine di buona SF e te le centellini un po’ alla volta, gustandotele. Nel precedente romanzo, tra i protagonisti c’erano i delfini (evoluti a esseri completamente senzienti), qua tocca agli scimpanzè, anch’essi portati avanti nell’evoluzione. C’è pure un senso dell’umorismo più diffuso, ma mai fastidioso o forzato.
Facile dire, davanti a 620 pg, che si poteva magari tagliare qua è là qualcosa, che non tutto è così indispensabile…osservazione banale, ma pertinente. D’altronde l’autore ha un suo stile e questo è. E’ vero che arrivi a pag. 400 e ti accorgi che non è successo granchè, quando altri autori, con quelle pagine, ci scrivevano due libri. Però non ti senti di condannarlo. E insomma alla fine ti lascia un buon sapore in bocca, anche se non è un capolavoro. Promosso.
The falling woman, a tutt’oggi, se non sbaglio, è il più vecchio romanzo vincitore di un Nebula non ancora pubblicato in Italia; e ormai sono passati parecchi anni. In qualche modo riuscii a rintracciarlo e a leggerlo faticosamente, malgrado il mio inglese scolastico. E’ un libro non lunghissimo, ma malgrado tale dimensione, è una notevole palla. Classico libro che piace alla critica ma causa orchiti al pubblico. Non succede nulla. Certo, l’autrice scrive bene, in qualche modo cattura l’attenzione, ma parlare di nulla per un buon 90% del libro mette a dura prova i lettori. Fantascienza, poi, zero. Al limite una puntatina nel sovrannaturale. In effetti, a pubblicarlo, si farebbe un bell’azzardo economico. E’ la storia di una vecchia archeologa, acida e pesante, che viene raggiunta negli scavi dalla figlia, disadattata già di suo. Entrambe, talvolta, vedono dei fantasmi del passato Maya (donne, sempre donne, tutti i protagonisti sono donne, gli uomini sono descritti male o ne vengono fuori malissimo): una storia antica potrebbe ripetersi. Non mi è piaciuto e mi ha annoiato.
Gli altri erano: per l’Hugo Senza tregua, alias L’inganno della gravità, di George Alec Effinger; Il settimo figlio, di Orson Scott Card; L’ultimatum, di Greg Bear e Urth del Nuovo Sole, di Gene Wolfe.
Per il Nebula: L’ultimatum, di Greg Bear; Il soldato della nebbia, di Gene Wolfe; I signori di Garth, di David Brin; l’inedito Vergil in Averno, di Avram Davidson e Senza tregua, alias L’inganno della gravità, di George Alec Effinger.
Il curatore dell’antologia dei premi Hugo, Nicolazzini, ritenne, tra gli altri, “radicale” L’ultimatum di Bear; “fortunatissimo e intelligente” quello di Effinger; “problematico e con poche chance” quello di Wolfe; tra quelli non in nomination, “non troppo riuscito” Settore giada, di Shepard; “ottimo, originale e intenso” Le torri dell’esilio, di Turner; “dalla scrittura rarefatta” Il grande fiume del cielo, di Benford.
Romanzo breve: vince l’Hugo Occhio per occhio, di Orson Scott Card. Vince il Nebula (tutti diversi i vincitori, in questa edizione) L’esperto di geometria cieco, di Kim Stanley Robinson.
E qua?
Il romanzo di Card mi ha veramente appassionato, una scrittura fluida, una prima persona efficacissima, un tema intrigante. Sarebbe la sceneggiatura ideale per una “graphic novel” sensazionale. Il Nebula non l’ha neanche considerato, nelle nomination, ma tenendo conto di chi e cosa avevano votato prima (v. sopra), non so a questo punto che sostanze allucinogene circolarono quel giorno. E’ uno di quei romanzi che, pur non originalissimo, poi non scordi.
Il vincente del Nebula, pure uscito in Italia, è difficile da trovare e l’ho reperito in inglese. Che poi in Italia è uscito un’unica volta, nell’88, e in un Quasar Fantascienza, se non erro.
Non sarebbe stato sbagliato dare una vittoria all’Hugo ex – aequo, il romanzo breve di Robinson mi è piaciuto un sacco ed è un peccato che, probabilmente, in Italia sia stato letto da pochissimi lettori. Anche qua, una prima persona vivace, una scrittura facile, briosa, attuale, una storia che il Nicolazzini definisce “toccante” e che in effetti è sicuramente appassionante. Un premio per uno non fa torto a nessuno. Due belle opere.
Persero: per l’Hugo Comunione segreta, di Robert Silverberg; L’esperto di geometria cieco, di Kim Stanley Robinson; La dea madre del mondo, sempre di Kim Stanley Robinson e l’inedito The forest of time, di Michael Flynn.
Per il Nebula: l’inedito The unconquered country, di Goeff Ryman; Comunione segreta, di Robert Silverberg; l’inedito Witness, di Walter Jon Williams; l’inedito Fugue state, di John M. Ford e L’amica della tigre, di Keith Roberts.
Racconto: l’Hugo va a Le ragazze bufalo, della Ursula LeGuin. Il Nebula va all’inedito Rachel in love, della Pat Murphy.
Entrambe sono due belle favole, io propendo un po’ di più verso quella della Murphy, ingiustamente inedita in Italia.
Quella della LeGuin, onirica, fantastica, ha un suo fascino e si legge senza problemi. Non molta fantascienza, se vogliamo, con questa bambina che si perde nel deserto e viene raccolta da questi esseri (?) che si richiamano ai vari animali (ma ci possono essere molti piani di lettura).
La favola della Murphy è a mio parere superiore. Scritta molto bene, ha per protagonista una scimpanzè che ha subito importanti modifiche, diciamo così, e le cui vicende, toccanti e descritte in maniera molto realistica e convincente, sfociano, una volta tanto, nel classico bel finale buonista, che però talvolta ci vuole (in questo caso tra l’altro è coerente con il racconto). Ecco, la Murphy scrive proprio bene, e se la storia vale, come in questo caso, abbiamo un piccolo gioiellino.
Perdenti: per l’Hugo l’inedito Rachel in love, di Pat Murphy; l’inedito Dinosaurs, di Walter Jon Williams; I fiori di Edo, di Bruce Sterling e l’inedito Dream baby, di Bruce McAllister.
Per il Nebula: l’inedito Dream baby, di Bruce McAllister; I fiori di Edo, di Bruce Sterling; l’inedito The evening & the morning & the night, di Octavia Butler; Le ragazze bufalo, della Ursula K. Le Guin e Il raggio di Schwarzschild, di Connie Willis.
Infine, il racconto breve. Vince l’Hugo Perché me ne sono andato dal locale di Harry, di Lawrence Watt-Evans. Vince il Nebula Forever yours, Anna, di Kate Wilhelm.
Il raccontino di Watt – Evans è proprio simpatico ma non troppo originale. Però ha un punto di vista curioso e sono 10 paginette che intrigano. E’ simpatico, alla pari, quello della Wilhelm. E’ un interessante rivisitazione di un paradosso temporale, di lettere d’amore scritte per qualcuno che si incontrerà. Il destinatario, ignaro, avutone il possesso per questioni di lavoro, ne verrà ossessionato, fino a capire che sono per lui e a incontrare la misteriosa mittente.
Carino, intelligente, ben scritto. Due raccontini meritevoli entrambi, li metto alla pari.
Sconfitti: per l’Hugo l’inedito Forever yours, Anna, di Kate Wilhelm; Angelo, di Pat Cadigan; La notte dell’invasione, di Howard Waldrop; Il fedele compagno, di Karen Joy Fowler e l’inedito Cassandra’s photographs, di Lisa Goldstein.
Per il Nebula: Il fedele compagno, di Karen Joy Fowler; Angelo, di Pat Cadigan; l’inedito Cassandra’s photographs, di Lisa Goldstein; Perché me ne sono andato dal locale di Harry, di Lawrence Watt-Evans; l’inedito Temple to a minor goddess, di Susan Schwartz e l’inedito Kid Charlemagne, di Paul Di Filippo.
Migliore opera non fiction: Michael Whelan’s Works of Wonder, di Michael Whelan, che è una collezione di opere di Michael Whelan (ma va!). Con un’introduzione di Asimov, che tanto per cambiare parla soprattutto di sé stesso, su Amazon si trova ma costa un bel po’ di soldini. E poi non ha le illustrazioni di Elric.
Altre forme: categoria nata dal nulla, e forse solo perché non si poteva non premiare questa serie di fumetti: Watchmen, di Alan Moore e Dave Gibbons, di questi tempi attualissimo. Io ce l’ho nella versione pubblicata da Repubblica, i Classici del fumetto, serie Oro, che su Ebay vedo valere quei 20-30 euro. Al di là di un discorso venale, il fumetto è una svolta nei racconti dei superoi. Gli eroi infatti si sono ritirati, e sono pure invecchiati. Su tutto domina il terrore della Bomba, che ancora a un passo dal crollo del Muro era evidentemente diffusissimo. Oltre alla trama principale, sono le storie dei vari personaggi quelle che attraggono di più, dove la realtà è sempre messa in mostra, nella sua crudezza. Con una frase abusata, il fumetto dopo Watchmen non sarà più lo stesso.
Artista: rivince il solito Michael Whelan.
Film: vince l’Hugo La storia fantastica (su IMDB 8,0, da IMDB le foto sotto).
Opera celeberrima, con Peter Falk che racconta al nipote a letto una bella favola, è una storia poetica e toccante. Non ha attori famosissimi, ma è memorabile la Robin Wright, bella 22enne agli esordi (per capirsi, è la bella squilibrata che in futuro Forrest Gump amerà); film che incassò il giusto, ma non fu un blockbuster, poi però divenne il classico cult movie. La scelta della giuria è comunque sorprendente e molto “avanti”, guardando anche ad alcuni sconfitti.
Tra questi, Robocop e Predator, non gli ultimi arrivati.
Di questo giro non ho letto nulla
Francamente ricordo poco o niente della trama, ma sono sicuro di averlo visto in un cinema all’aperto nell’estate del 1988. Avevo anche la colonna sonora di Mark Knopfler, del quale all’epoca non mi facevo scappare nulla.
io invece lo ricordo bene - sarà che me lo sono guardato almeno tre/sei volte in una ventina d’anni d’anni - l’ultima forse durante il lockdown (e sì, ho anche la colonna sonora, in qualche posto).
indimenticabili personaggi, comunque
compresi narratore, bonazza e buono oltre ogni limite
Il film La Storica Fantastica è stupendo ma RoboCop ha fatto un’epoca, poche storie.
I racconti tra vincitori e candidati qualcosa mi dicono, ma se ne ho letto qualcuno è stato davvero tanti anni fa e ricordo praticamente niente.
Robocop ha fatto un’epoca, ma La storia Fantaistica meritava il premio di quell’anno. Colpa di Robocop che è uscito nell’anno sbagliato.
1989
Così chiudiamo gli anni Ottanta.
Vince l’Hugo per il migliore romanzo
mentre invece vince il Nebula, migliore romanzo,
Era di moda in quegli anni essere prolissi, pare, moda che poi non è più passata di moda. E giù tomoni per la gioia di chi è pagato un tanto al chilo, ma tante orchiti per i lettori. Il romanzo della Cherryh è colossale, sfiorando le 900 pagine. E l’autrice se l’è pure presa, perché ultimamente c’è chi ha avuto l’ardire di pubblicarlo in 3 volumi (comunque sulle 300 pagine ciascuno!). E facendo una critica all’opera, non si può prescindere dal fatto che il romanzo nel complesso è molto eterogeneo, con vette ma anche con abissi. L’inizio è impervio, con troppi personaggi e male delineati e con uno stile che non avvince. Poi, per le prime 150 pagine, l’autrice sta a menare il torrone, e andare avanti è una sofferenza. Per leggere questo libro c’è infatti un pesante dazio da pagare: le prime 300 pagine circa sono, a mio parere, tra le peggiori scritte in un romanzo vincente l’Hugo (almeno tra quelli fino al 1989). Un polpettone presuntuoso e prolisso. Mi viene da ridere quando si parla di “pesanti” riferendosi ai classici russi e francesi: leggete questo, poi ne riparliamo (e quelli spesso sono capolavori, questo no). Poi, la svolta. Si aggancia (o copia, o prende spunto) con Card e il Gioco di Ender e va via bello fluido e interessante, almeno per un trecento pagine. Qua e là torna poi a impantanarsi, ma ci può stare. Il finale è forse un po’ troppo sbrigativo. Nel complesso, un bel mattone.
In quarta di copertina (versione Cosmo Oro, la copertina stessa nulla ha a che fare con il testo, è messa lì, così, tanto per fare) viene sintetizzata una buona parte della trama (almeno le prime 300 pagine), alla faccia dello spoiler. O forse è solo che sapevano che molti lettori avrebbero abbandonato e pietosamente riassume cosa si perdevano. Penso sia la classica opera che magari faceva figo avere, ma leggerla era un altro discorso. La stessa presentazione può depistare, parla di “emozioni, avventure” (poche), “battaglie” (in pratica, assenti), e vabbè.
Decisamente MOLTO meglio l’opera della Bujold. Leggibile, godibile, agile, fluida, semplice, probabilmente un po’ snobbata perché troppo semplice, ricorda, come dice giustamente Nicolazzini, un certo Heinlein. In un periodo in cui faceva figo riempirsi la bocca con ingegnerie genetiche e cyberspazio, tornare a dedicarsi alla semplice assenza di gravità poteva sembrare quasi un libretto per ragazzi. E invece abbiamo un’opera decisamente migliore di Cyteen, che letta ora dopo tanti anni mantiene intatte freschezza e godibilità. Senza fronzoli, senza centinaia di pagine a menare il can per l’aia (sono 250 circa, in tutto, una lettura di pochi giorni), senza prolisse seghe mentali, si fa preferire di gran lunga e, in assoluto, direi che sfiora l’8. Attenzione, nell’edizione Cosmo Oro, in quarta di copertina, c’è un signor Spoiler coi fiocchi: vengono infatti riassunte le prime 150 pagine circa, niente meno.
Nicolazzini loda pure lui l’essenzialità (rara) di questa opera, mentre pure lui ha da ridire sull’eccessiva lunghezza dell’altra.
I nominati per l’Hugo: Il profeta dalla pelle rossa, di Orson Scott Card; Gravità zero, della Lois McMaster Bujold; Isole nella rete, di Bruce Sterling e Monna Lisa Cyberpunk, di William Gibson.
I nominati per il Nebula: Desolate città del cuore, di Lewis Shiner; Le torri dell’esilio, di George Turner; Il grande fiume del cielo, di Greg Benford; Monna Lisa Cyberpunk, di William Gibson; Il profeta dalla pelle rossa, di Orson Scott Card e Urth del Nuovo Sole, di Gene Wolfe (era in concorso per l’Hugo lo scorso anno). Cyteen non considerato.
Nell’edizione da lui curata, relativa ai premi Hugo, leggo che Nicolazzini trova invece un po’ ripetitivo, negli argomenti, Monna Lisa Cyberpunk, mentre apprezza maggiormente Isole nella rete; si rammarica per le assenze, nelle cinquine, di Preludio alla Fondazione (Asimov) e di Alla fine dell’inverno (Silverberg), ma soprattutto di Sfida all’eternità (Bear). Parole di elogio anche per Stazione Araminta (Vance), di cui però accusa una certa prolissità, di moda. Note di merito infine anche per La torre aliena (McAuley) e gli inediti Desolation Road (McDonald) e Neverness (Zindell).
Romanzo breve, abbiamo la doppietta: L’ultimo dei Winnebago, della Connie Willis, vince sia Hugo che Nebula.
Al di là della notevole capacità di scrittura della Connie, ho trovato il libro piuttosto datato, anzi, in qualche parte pure molto. Poco plausibile, poi, a mio parere, nella severità verso i reati contro i cani: alla fine si sono estinti? Non facciamone un dramma, dopo 20-30 pagine verrebbe voglia di dire un bel PAZIENZA! E che palle…Poco plausibile, aggiungerei, anche nel trattare come un cimelio di valore incalcolabile sto ultimo Winnebago (un tipo di camper, che poi era pure falso, si vedrà). Insomma, tutto sto romanzetto sui cani, quando se non sbaglio fu Ellison, in una sua opera, in poche righe, a farne un ritratto di amore e dolore universali e insuperabili (e se vogliamo, al cinema di SF basterebbe Io sono Leggenda. La Willis non mi ha convinto. Nicolazzini propone in alternativa La bellissima figlia del cercatore di scaglie, di Lucius Shepard e l’inedito Journals of the Plague Years, di Norman Spinrad.
Infatti persero per l’Hugo: La bellissima figlia del cercatore di scaglie, di Lucius Shepard; l’inedito Journals of the Plague Years, di Norman Spinrad; l’inedito The Calvin Coolidge Home for Dead Comedians, di Bradley Denton e l’inedito Surfacing, di Walter Jon Williams.
Per il Nebula, i perdenti furono l’inedito The Calvin Coolidge Home for Dead Comedians, di Bradley Denton; l’inedito The Devil’s Arithmetic, di Jane Yolen; l’inedito Journals of the Plague Years, di Norman Spinrad; La bellissima figlia del cercatore di scaglie, di Lucius Shepard e l’inedito Surfacing, di Walter Jon Williams.
Racconto, altra doppietta. Vince Hugo e Nebula Il gattino di Schrödinger, di George Alec Effinger,
Notevole invece l’opera di Effinger. Ben scritta, anzi, molto ben scritta, si aggancia in modo veramente interessante alla fisica del ‘900, ne viene fuori un racconto validissimo e meritevole. E complimenti.
Persero: Un regalo di compleanno, di Steven Gould; Do Ya, Do Ya, Wanna Dance?, di Howard Waldrop (edito con lo stesso titolo in italiano); l’inedito The Function of Dream Sleep, di Harlan Ellison e l’inedito Ginny Sweethips’ Flying Circus, di Neal Barrett, Jr… (Hugo)
Do Ya, Do Ya, Wanna Dance?, di Howard Waldrop; l’inedito Ginny Sweethips’ Flying Circus, di Neal Barrett, Jr.; …a Whinny Moor finalmente arriverai, di Judith Moffett; Kirinyaga, di Mike Resnick (che per l’Hugo è un racconto breve e pure quello vincente!); Un regalo di compleanno, di Steven Gould e l’inedito Unfinished Portrait of the King of Pain by Van Gogh, di Ian McDonald. (Nebula)
Infine, il racconto breve. Come accennato, vince l’Hugo Kirinyaga, di Mike Resnick. Sceglie diversamente il Nebula, che premia Storie di Bibbia per adulti, n. 17: il diluvio, di James Morrow.
Il racconto di Resnick in effetti è piuttosto lungo e poteva essere plausibile metterlo nell’altra categoria. Al di là che è ben poco condivisibile nei contenuti, ed è pure eccessivamente utopistico, ha un suo innegabile fascino.
Il racconto di Morrow non l’ho trovato, anche se edito in Italia. A mia parziale discolpa, uscì solo una volta, nel ’97, in un’edizione Le sirene, della Pratiche editrice, intitolata Storie di Bibbia per adulti, tutta dedicata a J. Morrow e che oggi comprerei subito, con un titolo così accattivante. Sono dunque passato alla versione in inglese. Preferisco, al vincitore l’Hugo, questo originale raccontino di Morrow, sul diluvio universale. Visto con gli occhi di Noè, viene spiegato perchè, dopo il diluvio e lo sterminio degli umani, in definitiva ci sia ancora cattiveria in giro: forse a bordo non dovevano trarre quella lasciva prostituta che stava annegando…
Racconto sicuramente un po’ adulto, cattura e diverte per le soluzioni trovate, che vanno a “integrare”, se vogliamo, il racconto biblico.
Buona scelta da parte del Nebula.
In questa categoria, Nicolazzini ricorda Il morbo dell’altruismo, di David Brin (“sottile e paradossale”), Chernobyl neurale, di Bruce Sterling, l’inedito The Fort Moxie Branch, di Jack McDevitt e pure Silverberg con Creati per le tenebre.
Miglior libro non SF: vince The motion of light in water: sex and science fiction writing in the East Village, di Samuel R. Delany, che racconta le sue memorie sugli anni ’60 ed è considerato un testo importante nel movimento gay. Non dico nulla di scabroso o nuovo affermando che Delany, pure sposato, abbia avuto una sessualità complessa, omo e bisessuale, così come sua moglie. Certo che il suo comportamento negli anni ’60 deve essere stato ritenuto molto politically scorrect, dato il suo matrimonio “aperto” (e interrazziale, sposò una bianca).
Migliore artista: che ve lo dico a fare, vince Michael Whelan.
Spettacolo: vince un superclassico cult movie, Chi ha incastrato Roger Rabbit.
Diretto da Robert Zemeckis e prodotto da Spielberg, tra gli altri; rimane celebre, un’opera dove il connubio tra film e cartoni animati (già presente nella storia del cinema, da tempo), raggiunge una delle sue vette. A 23 anni lo vidi al cinema, una delizia per gli occhi, divertente, soprattutto intelligente, direi. Voto IMDB 7,7, 3 Oscar (soprattutto gli effetti), andrebbe rivisto per capire se il tempo lo ha scalfito. Costato molto (all’epoca), si rifece ampiamente delle spese. Bob Hoskins è il perfetto protagonista umano, mentre “leggendari” sono diventati Roger Rabbit e soprattutto Jessica Rabbit.
La sfida nel filmare tale storia fu accettata da Zemeckis (Ritorno al futuro) e vinta alla grande. Si ottenne il permesso di citare vari cartoons (tra i più famosi, mancano in pratica solo Braccio di Ferro e Tom e Jerry). E’ strano che non abbia ancora dato vita a seguiti, ma forse meglio così.
Foto da IMDB
Cherryh è prolissa fino all’inverosimile, ho ancora in testa la descrizione accurata di ogni abbigliamento delle Chanur!
Roger Rabbit un must.
E tu lo hai letto tutto? Ma perché? No navevi un tavolo che balla?
Comunque boh, a volte mi chiedo se davvero non cisia di meglio, quando si distribuiscono i premi, o se si tratta di mero nepotismo.
Invece, “Chi ha incastrato Roger Rabbit?”: sì, ci sta che abbia vinto, è un capolavoro per tutte le età. “Divertente e intelligente”, concordo.
Mi sa che non l’ho mai visto per intero; e dire che mio fratello aveva anche la VHS.
Vhs? Dai, oggi almeno qualità dvd
Condivido al 200%, io ci ho provato pure, vabbè non è che abbia poi questa resistenza cocciuta, ma beh. Abbandonato a pagina 50, credo.