1986
Doppietta: vince sia Hugo che Nebula il romanzo

Se si potesse dire (ma perché no), il romanzo bi-vincente è un capolavoro della SF per ragazzi. Stile fluidissimo, dove mai affiorano stanchezza o noia. Il libro è bellissimo e ricorda qua e là altri classici, come I ragazzi della via Pal. Quando un libro è così ben riuscito, è difficile trovare pecche, che magari non ci sono proprio, ed è altrettanto difficile tesserne le lodi, senza essere sbrodoloni o dire ovvietà.
Pecche… magari fa tenerezza che il nemico, nel futuro, sia il Patto di Varsavia, ma il libro è figlio del suo tempo, e non sapevano che lo spauracchio di allora sarebbe clamorosamente naufragato dopo pochi anni. Altra pecca, il post-finale, diciamo così. Dopo che il libro finisce, l’autore condensa in altre 10 pagine ciò che magari andava meglio scritto in un altro libro, a parte. Ciò a mio parere gli impedisce di essere un completo capolavoro. Ma tranne queste cosette, è un libro attuale e perfettamente godibile anche dopo tanti anni. L’analisi psicologica dei personaggi è notevole, la storia pure.
Anche il curatore della raccolta dei premi Hugo, Nicolazzini, ha parole di elogio per tutti i candidati al premio, ma ritiene Il gioco di Ender quello indiscutibilmente superiore.
Non nascondo che in seguito lo stile di questo romanzo è stato “attaccato” (tracce su Wiki), perchè in definitiva non è alta letteratura, ma a certe critiche, dico io, invece di rispondere con gentilezza ed educazione e spiegoni, andrebbe dato un conciso “vaffanculo”.
Gli altri in gara per l’Hugo erano: Stirpe di alieno, della C. J. Cherryh; L’uomo del giorno dopo, di David Brin; Il giorno dell’invasione, di Larry Niven and Jerry Pournelle; L’ultima fase, alias La musica del sangue, di Greg Bear.
Per il Nebula: L’ultima fase, alias La musica del sangue, di Greg Bear; Il palazzo del mutante (alias Invito al palazzo del deviante), di Tim Powers; L’inverno di Helliconia, di Brian Aldiss; L’uomo del giorno dopo, di David Brin; l’inedito The Remaking of Sigmund Freud, di Barry Malzberg e La matrice spezzata, di Bruce Sterling.
Spinrad, autore dell’inedito Child of fortune e delle maggiori critiche a Card, si incazzò molto perchè il suo romanzo non venne nominato, soprattutto per il Nebula (chiese di non essere mai più preso in considerazione!); lo stesso Nicolazzini definì questo romanzo come “prolisso, irritante e qua e là geniale”.
Romanzo breve: vince l’Hugo 24 vedute del monte Fuji, di Hokusai, di Roger Zelazny. Vince invece il Nebula Salpare per Bisanzio (alias In rotta per Bisanzio), di Robert Silverberg.
Due cinquantenni si aggiudicano il premio, a questa tornata. Due parole sul titolo vincente l’Hugo: chi è Hokusai magari molti non lo sanno (pittore giapponese tra 1700 e 1800), ma anche i sassi hanno visto la sua celeberrima La grande onda.
Pubblicò un lavoro, 36 vedute del monte Fuji, poi divenute 46 dato il successo e le richieste; alcune sono quelle del titolo, 46 opere con tema il monte Fuji (la famosa montagna – un vulcano in realtà – più alta del Giappone e dalle forme molto simmetriche e aggraziate). Ad ogni paragrafo Zelazny cita una di queste vedute e ne trae ispirazione, per così dire; andando su Wikipedia le trovi tutte e segui meglio il romanzo.
Romanzo che arranca non poco, in realtà, con la storia di sta tipa, che all’inizio trovi un pochino irritante ma poi finisci per abituarti volentieri alle sue meditazioni. Finale deludente e banalotto, ma qua e là ci sono validi spunti. Non disprezzabile ma non Zelazny al meglio, malgrado la botta di cultura che sfoggia nel romanzo, a mo’ di Umberto Eco.
Si fa preferire, a mio modo di vedere, il bel romanzo di Silverberg, decisamente affascinante, compiuto in sé (qua abbiamo anche un finale plausibile e decente). Ben scritto, come spesso gli capita, è tra il suo meglio e vale un premio. Non un capolavoro, chiaro, ma bello.
Gli altri: per l’Hugo erano Salpare per Bisanzio (alias In rotta per Bisanzio), di Robert Silverberg; L’unica cosa sana da fare, di James Tiptree, Jr.; Verde Marte, di Kim Stanley Robinson e l’inedito The Scapegoat, della C. J. Cherryh.
Per il Nebula: 24 Vedute del monte Fuji, di Hokusai, di Roger Zelazny; l’inedito The Gorgon Field, della Kate Wilhelm; L’unica cosa sana da fare, di James Tiptree, Jr. e Giorni verdi in Brunei, di Bruce Sterling.
Racconto: vince l’Hugo Il paladino dell’ora perduta, di Harlan Ellison. Vince il Nebula Ritratti di famiglia, di George R. R. Martin.
Ellison è sempre lui, qua un po’ più cattivello e arrabbiato del solito, in una storia ben scritta ma che ha il difetto di base di un soggetto che non fa impazzire, anzi. Ha fatto di meglio, qua siamo quasi nella routine. Buona routine, comunque. E’ diventato pure un episodio di Ai confini della realtà (seconda serie).
Ho faticato a trovare l’opera di Martin. E anche lui ci ha regalato cose migliori.
Questa è la storia di uno scrittore, i cui figli (nel titolo originale) sono i personaggi che lui creò nei romanzi. Di alcuni di questi riceve in qualche modo dei ritratti ad olio, molto ben fatti; la cosa particolare è che poi di notte riceve la visita in carne e ossa di tali personaggi.
La sua vita è dedicata allo scrivere, tralasciando così la sua vita reale, che è un disastro, come via via gli ricordano tutti i visitatori notturni. Fino al finale, inatteso e sorprendente, ma ripensandoci, meno intelligente di quanto Martin vuol dare a credere.
In definitiva un racconto piuttosto piacevole, con bei momenti, discreto nel risultato ma non direi di più.
Gli altri erano: per l’Hugo Ritratti di famiglia, di George R. R. Martin; La frontiera, di Orson Scott Card; l’inedito A Gift from the Graylanders, di Michael Bishop e Duello (alias Duello aereo), di Michael Swanwick e William Gibson.
Per il Nebula: Duello (alias Duello aereo), di Michael Swanwick e William Gibson; La frontiera, di Orson Scott Card; l’inedito A Gift from the Graylanders, di Michael Bishop; Il paladino dell’ora perduta, di Harlan Ellison; Il cacciatore di giaguari, di Lucius Shepard e l’inedito Rockabye Baby, di S. C. Sykes.
Racconto breve: vince l’Hugo Fermi e Gelo (alias Fermi e il gelo, alias Il paradosso di Fermi), del nonnetto 67enne Frederik Pohl. Vince il Nebula Tra tutte quelle stelle, della Nancy Kress.
Il raccontino di Pohl è in realtà un misto tra racconto, tesi e chiacchierata con gli amici. Una delle migliori rappresentazioni della guerra atomica, oggettiva ma spaventosa. Strano come proprio verso la fine del Patto di Varsavia, il soggetto BOMBA o Dopo Bomba fosse ancora così presente. Comunque raccontino in sé dimenticabile, ma certo che l’atmosfera creata è angosciosa.
Un flash o poco più è il raccontino della Kress, a cui sicuramente avranno avvicinato chissà quali profondi significati, ma che in realtà è sì una cosetta godibile, ma alla fine rimane qualche immagine interessante e nient’altro.
Persero per l’Hugo l’inedito Flying Saucer Rock & Roll, di Howard Waldrop; l’inedito Snow, di John Crowley; Cena a Audoghast, di Bruce Sterling; l’inedito Hong’s Bluff, di William F. Wu.
Persero per il Nebula l’inedito Flying Saucer Rock & Roll, di Howard Waldrop; Gli dei di Marte, di Gardner Dozois, Jack Dann & Michael Swanwick; Gli eredi della Perispera, ancora di Howard Waldrop; l’inedito Hong’s Bluff, di William F. Wu; l’inedito Snow, di John Crowley; Più della somma delle parti, di Joe Haldeman e Draghi di carta, di James P. Blaylock.
Artista: sempre lui, Michael Whelan.
Opere non fiction: fatevi un giro dal vincitore, Science made stupid, c’è qualche perla molto simpatica
http://www.besse.at/sms/smsintro.html
Spettacolo: vince Ritorno al futuro, di Zemeckis, oggi film iconico, cult.
Interessanti anche gli avversari, come Ladyhawke, o Cocoon, per non parlare di Brazil.
Del vincente, che dire…top. Divertente, intelligente, nuovo, emozionante, stracolmo di riferimenti e citazioni, 8,5 su IMDB, Oscar per gli effetti speciali, etc…
Su Wiki trovate le curiosità, CRM-114 è l’etichetta sull’amplificatore che Marty accende da Doc, ma è pure il codice del decodificatore usato sul B-52 del Dottor Stranamore e il numero di serie del Jupiter Explorer di 2001 Odissea nello spazio.
La traduzione italiana poi è entrata a gamba tesa, con esiti anche geniali. Che “Grande Giove!” sia una bellissima esclamazione, assente nel film, è ahimè noto; quella vera è “Great Scott”. E c’è pure il fatto che il protagonista venga chiamato a un certo punto Levi Strauss, ma nell’originale era Calvin Klein.
Immagini da IMDB