Premi Hugo e Nebula

Superluminal fu pubblicato nella collana Nuova Galassia, una triste (per i risultati) iniziativa editoriale della Armenia Editore.

Partirono con ottimi titoli, Accelerando di Stross era il primo volume, dopo pochi titoli, la collana scomparve e le pubblicazioni finirono nei libri a metà prezzo.

La recensione di Superluminal di Fantascienza dot com è qui:

1985

Stavolta direi che è più importante il romanzo vincente, rispetto al film premiato.

Si aggiudica sia Hugo che Nebula un libro notevole

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Il libro bi – vincitore è celeberrimo, io cercherò di mettere in luce la mia impressione, ora che ormai moltissimi hanno detto la loro. La prima: è chiaro il debito a Blade Runner, qualunque cosa si dica o abbia scritto prima Gibson. E qualunque cosa possa avere detto lui a tale riguardo. La seconda: questo libro è soprattutto una visione. E ciò non lo dico per fare scappare i lettori, ma per cercare di fare capire che realtà e realtà virtuale sono perfettamente intrecciate nel romanzo, e alla grande, e una influenza l’altra. E il “sapore” finale è comunque permeato da un che di onirico, che non ti fa capire esattamente quando finisce il sogno e quando inizia la realtà (esagero). Non l’ho detto, ma il libro è bello e fa scalpore, certo, è piuttosto diverso da quanto apparso fino ad allora (non COSI’ diverso da come vogliono fare credere, comunque). Ci sono un paio di ingenuità qua e là, un paio di cosette datate, ma è leggibilissimo ancora oggi, ed è parecchio adulta, come lettura. Lo stile è molto liscio e godibile, anche se quanto racconta magari va riletto un paio di volte, in alcuni momenti, per intendere bene il significato. L’autore, qua e secondo me, non è un maestro nelle descrizioni, ma si riscatta nei dialoghi.
Questo romanzo è notoriamente quello che fece conoscere alle masse il fenomeno Cyberpunk, anche se nel libro non c’è Internet e viene chiamato Ice quello che più o meno, se ho ben capito, è oggi un firewall (che magari però a un’incursione tentata non risponde con tanta ferocia!). Quindi, anche se il termine non l’ha inventato lui, direi che è questo il romanzo fondamentale del Cyberpunk. Qua vengono esaltati i temi del “movimento”: multinazionali potentissime, protagonisti che vivono ai margini della società, case fatiscenti, umide, dove magari tra mille cianfrusaglie trovi apparati elettronici fantascientifici; innesti artificiali corporei, comprese avveniristiche operazioni chirurgiche, hacker, droghe, etc…. Anche a voi tutto ciò ricorda Blade Runner? O magari, per certi versi, Frankestein? Comunque si voglia mettere, uno dei libri fondamentali della SF degli anni ’80 e in genere. Va letto, si “deve” leggere, poi, piaccia o non piaccia, è un altro discorso.

In gara per l’Hugo c’erano l’inedito Emergence, di David Palmer; Quando scoppiò la pace (alias La guerra della pace), di Vernor Vinge; Il pianeta del miraggio, di Robert A. Heinlein e Il popolo dell’anello, di Larry Niven (che in Italia aveva pure una bella copertina).

Per il Nebula: l’inedito Frontera, di Lewis Shiner; Il popolo dell’anello, di Larry Niven; Il pianeta del miraggio, di Robert A. Heinlein; L’inedito The Man Who Melted, di Jack Dann e La costa dei barbari, di Kim Stanley Robinson.

Romanzo breve, vince Hugo e anche Nebula Premi Enter, di John Varley, altra doppietta.
Il titolo vincente l’ho trovato scritto in molti modi: Premi enter , oppure Premi enter e poi un quadratino nero… Leggendolo ho capito l’arcano: il “quadratino” si riferisce al cursore lampeggiante che è a fine riga dei comandi DOS, lì che aspetta. E invece del segno “_”, si vede che all’epoca c’era sto quadratone (verde, mi pare) che lampeggiava. Vabbè. Tornando a noi, non mi sono esaltato. Al di là che l’autore scrive bene, e prende parecchio, questo romanzo di SF parte come un poliziesco, vira un po’ sul thriller e finisce con una soluzione di ultima categoria. Magari all’epoca la soluzione del giallo sarà apparsa una figata, ma ora fa pena, è ridicola. L’opera venne definita “ammiccante e ben confezionata”, lo è senza dubbio, ma è rovinata da un finale moto deludente. Insomma un buon pasto ma il dolce e il caffè erano pessimi.

Persero per l’Hugo: Cyclops, di David Brin; l’inedito Valentina, di Joseph Delaney and Marc Stiegler; l’inedito Summer Solstice, di Charles Harness e l’inedito Elemental, di Geoffrey Landis.
Per il Nebula: La nascita di Bed-Stuy, di Frederik Pohl (in Gli anni della città); l’inedito Marrow Death, di Michael Swanwick; l’inedito A Traveler’s Tale, di Lucius Shepard; Trinità, di Nancy Kress e l’inedito Young Doctor Esterhazy, di Avram Davidson.

Racconto: di nuovo tutti d’accordo, doppietta per Figlio di sangue (alias Legame di sangue), di Octavia Butler.
Il racconto dell’Octavia lascia sgomenti. Oh, non è male, anzi, ma è così disperato, così triste che leggerlo NON fa bene allo spirito. Storia di una simbiosi particolare tra alieni e umani, a svantaggio nostro, non lascia un minimo di speranza. Cavoli, letto questo ti servono un paio di giorni di disintossicazione a base di Villaggio, Boldi, rutti, scoregge, tette e culi.
Comunque opera niente male.

Gli altri per l’Hugo erano L’uomo che dipinse Griaule il drago, di Lucius Shepard; l’inedito Return to the Fold, di Timothy Zahn; Luna azzurrata, di Connie Willis; l’inedito Silicon Muse, di Hilbert Schenck; l’inedito Weigher, di Eric Vinicoff and Marcia Martin e viene addirittura votato “nessun vincitore” piuttosto che l’inedito The Lucky Strike, di Kim Robinson.
Per il Nebula: l’inedito Bad Medicine, di Jack Dann; l’inedito The Lucky Strike, di Kim Robinson; L’uomo che dipinse Griaule il drago, di Lucius Shepard; l’inedito Saint Theresa of the Aliens, di James Kelly; l’inedito Trojan Horse, di Michael Swanwick.

Racconto breve: scelte diverse. Vinse l’Hugo Le sfere di cristallo, di David Brin. Vinse il Nebula Figlio del mattino, di Gardner Dozois.
Dunque, Le sfere di cristallo è in realtà l’esposizione di una curiosa teoria di Brin, sotto forma di raccontino. Il raccontino è appena accennato, giusto quel tanto per esprimere la sua cosmologia particolare. Leggibile, comunque.
Forse superiore Dozois, che scrive proprio un bel raccontino. Siamo nell’ennesimo dopobomba, tanto caro negli anni ’80; questa però è una variante toccante e delicata, con un colpo di scena finale che fa ancora di più apprezzare il tutto. Sbagliano all’Hugo a non averlo tenuto in conto; sì, era superiore.

C’erano per l’Hugo Gli alieni che sapevano proprio tutto, di George Effinger; l’inedito Symphony for a Lost Traveler, di Lee Killough; Salvador, di Lucius Shepard; Arrampicare, di Kim Stanley Robinson; l’inedito Rory, di Steven Gould.
Per il Nebula, Gli alieni che sapevano proprio tutto, di George Effinger; l’inedito A Cabin on the Coast, di Gene Wolfe; l’inedito The Eichmann Variations, di George Zebrowski; Salvador, di Lucius Shepard; Giardini sommersi, di Bruce Sterling.

MIgliore artista, vince sempre lui, Michael Whelan.

Spettacolo, vince 2010: L’anno del contatto.
Ma per carità. Deve essere piaciuto parecchio quando uscì, se l’hanno votato (ma l’Hugo si tenne in Australia, avrà inciso? Troppe birre?). Su IMDB ottiene un (generoso) 6,7 e a mio parere merita pure meno, se ben ricordo. Lo rammento datato, sia per gli effetti, di serie B, sia per la guerra fredda USA – URSS; inoltre durante il film continuavano a dire “succederà qualcosa di meraviglioso”, meraviglioso, ma cosa? Alla fine è Giove che diviene una stella. Cos’ha di così meraviglioso? Che conseguenza biologica ha sulla nostra vita, sulla Terra? Boh, si sa solo che a tale miracolo, USA e URSS, come folgorati, smettono di bisticciare (!!!). Senza contare che nel 2010 l’Urss non esiste. I dialoghi e i rapporti tra gli astronauti sono fatti proprio male, mi ricordo di una capoccia russa che manda a morire senza remore un astronauta suo sottoposto… Per me, un filmaccio da 4.
Che poi uno dice, boh, magari era solo il migliore del mazzo, no?
Macchè.
C’era Ghostbusters!! E volendo c’era anche il Dune di Lynch.
Immagini da IMDB

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Che il romanzo debba molto al setting di blade runner non è per nulla ovvio, anzi. Se si ignorasse tutto quanto scritto precedentemente da Gibson e da tutti gli esponenti del cyberpunk, allora forse, però “post hoc ergo propter hoc”, ma anche noc :joy:.
Burning chrome, tanto per citare il racconto più famoso e iconico che condivide il setting. Ma probabilmente deve di più a Judge Dredd.
Ignorando che a parte il contesto (ma quante altre opere precedenti condividono l’atmosfera opprimente dello sprawl?) il cyberpunk è fatto anche di altro: la sfera dati in primis. Che è, di fatto, internet. Ed è chiaro che l’idea non nasce dal nulla ma dalle esperienze dei phreaks di quell’epoca.
Salvo tutto il resto.
Opera meravigliosa, che va letta nel contesto dell’epoca e assieme alle opere accessorie (count zero e monalisa cyberpunk) e alle opere degli altri autori (Rucker e compagnia). C’è una bella raccolta sul tema, mi pare si intitoli “Strani Attrattori”, facendo l’occhietto a un altra grandissima esplosione culturale dell’epoca.

In realtà da accompagnare ci sarebbe Mirroshades, che dà una prospettiva diversa al genere - anche molto, dove la Matrice non è presente o quasi ma si intravede il transumanesimo, che è più essenziale dello sprawl.
In Italia avevamo anche Cavalieri Elettrici come antologia, mentre erano fuori fuoco quelle di Pedrazzini nonostante il nome “universo cyber”.

Per il resto, Blade Runner uscì appena dopo il libro e Gibson disse di trovarsi stupito da tanta coincidenza.
Difatti il retroterra culturale di Gibson è quello detto da HC mentre quello di Blade Runner è dovuto al team artistico messo su da Jodorowsky, che doveva fare Dune e alla fine è confluito in quel film e nella rivista a fumetti Heavy Metal

Penso che Neuromante sia qualcosa che andò oltre il “libro di fantascienza”, perché ebbe un impatto sulla società e fino ad influenzare lo sviluppo della tecnologia, con tentativi di plasmare internet secondo le visioni di Gibson.
Non lo dico io, ma Bill Gates ad inizi anni '90, se non ricordo male in The Road Ahead (La strada che porta a domani).
Tempi in cui Bill era la figura pubblica più nota associata al mondo dei computer.
Poi ovviamente la tecnologia non era in grado di supportare tale visioni e tecnologie tipo VRML, Active VRML e simili rimasero dei ricordi per appassionati, ma questo impatto sulla visione del mondo resta un fatto importante.

Sul discorso Balde Runner, prima vorrei capire se ti riferisci al film o al romanzo di Dick.
Perché non credo che il film abbia influenzato più di tanto un il romanzo o il cyberpunk.
Di fatto quello che venne chiamato cyberpunk (termine alla cui diffusione contribui parecchio Gardner Dozois), nasce con il termine generale Movimento e si proponeva di rivitalizzare la fantascienza americana, con nuove tematiche e nuove visioni del futuro.
Vedi:

Sulle antologie, Mirrorshades è sicuramente la più famosa ed “ufficiale”, Strani Attrattori è decisamente più peculiare. Si tratta infatti di una raccolta di racconti rifiutati dagli editori “commerciali”, quindi sebbene sia fedele alle idee del Movimento originale, ha tematiche molto varie e la qualità non è sempre al top.

Di antologie ce ne sono cmq parecchie dalla classica Cyberpunk della Nord curata da Nicolazzini, fino a cose recenti come The Big Book of Cyberpunk curata da Jared Shurin, che include molti autori “contemporanei” provenienti da più di 20 paesi diversi.

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Grazie a tutti per i contributi, è per questo (anche) che sono (siamo) qui.

E che Neuromante accenda subito le discussioni, dopo quasi 40 anni, testimonia la sua importanza, che non è calata di una virgola. Non è sbagliato il termine di pietra miliare, nel suo genere. E probabilmente non solo.

Ad essere più precisi, il film Blade Runner uscì quasi due anni esatti prima di Neuromancer.

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Ah dimenticavo! Strani Attrattori è la traduzione italiana di una rivista libro che dedicò un numero alla fantascienza underground, che ovviamente in quegli anni era molto vicina a quelle tematiche .

Ma vorrei ribadire che il tema maggiore del Cyberpunk non erano le città e multinazionali, ma appunto il transumanesimo. Dai meccanicisti e plasmatori di Sterling, ai nuovi robot di Rucker fino - e qui c’è lo dimentichiamo - la musica del sangue di Greg Bear.
Essere cyborg non è più una stigmata ma un incremento.

Il secondo tema fondamentale è il fai da te. Ossia come usare, piegare, ricalcare la tecnologia. Non più consumatori passivi ma gente che usa quello che c’è per fini del tutto nuovi, come il riparatore di biciclette.di Tarli g o appunto gli hacker di Gibson. Ma di esempi ne posso trovare tanti e il resto è solo estetica.

In realtà più che alle multinazionali si faceva riferimento agli Zaibatsu giapponesi, quindi entità con una visione diversa, legata all’imperialismo giapponese della prima metà del '900.
Si parla di un paese che considera l’imperatore un dio in terra, fortemente nazionalista e di estrema destra, con un culto della superiorità razziale che non ha nulla da “invidiare” alla Germania nazista.
In questo contesto gli Zaibatsu sono integrati nel governo, arrivano persino a riscuotere le tasse, diventano in pratica una specie di entità amministrativa (tipo regioni o provincie).

Proprio da questo si svilupperà poi l’idea di multinazionali che subentrano agli stati andati in bancarotta, in cui i lavoratori/membri del gruppo diventano quasi sudditi di uno stato medioevale.

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Ottima osservazione (come quella di Cheap Truth, tra l’altro), anche perché a noi europei manca un tassello. Ossia erano gli anni in cui negli USA si viveva una giapponesizzazione mal sopportata, ma diffusa. Era percepibile tramite l’esistenza di film Gung Ho - Arrivano i Giapponesi (con Michael Keaton) o più tardi Sol Levante, ma anche il fumetto Hard Boiled di Frank Miller, cose che non potrebbero aver avuto un tipo di presa se il pubblico non avesse avuto proprio la percezione di “invasione”.
Quindi non le multinazionali classiche, come in Alfed Tester, ma proprio quelle nipponiche. Tant’è che nella letteratura questo aspetto si è affievolito ma non nella “volgarizzazione” - nel senso di semplificazione per il grande pubblico - del cyberpunk

Mirrorshades mi manca. Gli altri due li ho.

Domani mi rileggo la sezione nell’'enciclopedia della fantascienza

La guida mi fa presente che “frammenti di una rosa olografica” è del '77, “burning chrome” dell’81 e “il continuum di gernsbach” dell’82.
Software di Rudy Rucker è dell’81, Transmaniacon del 79, artificial kid di Sterling del 1980.
Forse è più probabile che sia stato Blade Runner a prendere spunto dal cyberpunk, più che il contrario.
Ma vai a sapere. Bisognerebbe chiedere a Scott.

A proposito. Qualcuno qui ha letto la tetralogia del Ware di Rudy Rucker? Mi sa che avevo provato a leggerla in inglese ma mi sono arenato quasi subito.

Io sì, almeno tre libri. Il primo merita tanto, gli altri me li ricordo meno ma erano cmq divertenti anche se andavano in calando.
L’antologia di Nicolazzini è la fusione dei tre universo cyber (basta vedere il catalogo Vegetti), mentre la mia foto di sopra è l’originale da cui è tratto Strani Attrattori.

Per quanto riguarda Blade Runner, il team artistico è quello del Dune mancato e poi…

depressed. Having written “one-third” of what would become his debut novel, Gibson saw the groundbreaking Ridley Scott film and assumed he was “done for.” Before he could invent cyberpunk, it seemed like Blade Runner had beat him to it. Although Gibson finished his novel Neuromancer , which was eventually published in 1984, he worried he would be accused of stealing “my visual texture from this astonishingly fine-looking film.” But Blade Runner didn’t ruin Gibson’s Neuromancer, or vice versa. Instead, while Blade Runner brought a cinematic science fiction language into the mainstream, Gibson did the literary equivalent for science fiction novels.

Sono al 100% d’accordo. Ho amato entrambi alla follia. La trilogia dello sprawl più alcuni racconti (Johnny mnemonic in particolare) sono stati per anni al top delle mie opere preferite. Sono rimasto male con i romanzi successivi di Gibson, fatta eccezione per Aidoru, che mi è piaciuto moltissimo e ho riletto almeno un paio di volte.
Blade Runner è Blade Runner, niente da dire, se non che vorrei rivederlo sullo schermo maxi.

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Il primo sicuramente, probabilmente anche il secondo, decisamente originali, a volte anche troppo :laughing:
Per chi vuole leggerli in originale sono qui con licenza CC
https://www.rudyrucker.com/wares/cc_downloads/

Di Rucker ho letto anche il suo saggio La quarta dimensione, Su e Giù per lo spazio tempo e Luce Bianca, scritto con John Shirley. Piacevoli, ma non li ricordo molto.

Oltre Neuromante, i libri CP, ma anche in assoluto, che ho amato di più sono stati La Matrice Spezzata e La Musica nel Sangue.
Molto belli anche molti racconti, ricordo in particolare Stone è Vivo di Paul di Filippo da Mirrorshades.

I titoli migliori invece erano quelli di Lewis Shiner.

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Devo rileggerlo: ricordo che, ai tempi, mi era piaciuto molto.

Non c’è nemmeno la scheda si goodreads :dizzy_face:

1986

Doppietta: vince sia Hugo che Nebula il romanzo

1986_Il gioco_di_Ender

Se si potesse dire (ma perché no), il romanzo bi-vincente è un capolavoro della SF per ragazzi. Stile fluidissimo, dove mai affiorano stanchezza o noia. Il libro è bellissimo e ricorda qua e là altri classici, come I ragazzi della via Pal. Quando un libro è così ben riuscito, è difficile trovare pecche, che magari non ci sono proprio, ed è altrettanto difficile tesserne le lodi, senza essere sbrodoloni o dire ovvietà.
Pecche… magari fa tenerezza che il nemico, nel futuro, sia il Patto di Varsavia, ma il libro è figlio del suo tempo, e non sapevano che lo spauracchio di allora sarebbe clamorosamente naufragato dopo pochi anni. Altra pecca, il post-finale, diciamo così. Dopo che il libro finisce, l’autore condensa in altre 10 pagine ciò che magari andava meglio scritto in un altro libro, a parte. Ciò a mio parere gli impedisce di essere un completo capolavoro. Ma tranne queste cosette, è un libro attuale e perfettamente godibile anche dopo tanti anni. L’analisi psicologica dei personaggi è notevole, la storia pure.
Anche il curatore della raccolta dei premi Hugo, Nicolazzini, ha parole di elogio per tutti i candidati al premio, ma ritiene Il gioco di Ender quello indiscutibilmente superiore.
Non nascondo che in seguito lo stile di questo romanzo è stato “attaccato” (tracce su Wiki), perchè in definitiva non è alta letteratura, ma a certe critiche, dico io, invece di rispondere con gentilezza ed educazione e spiegoni, andrebbe dato un conciso “vaffanculo”.

Gli altri in gara per l’Hugo erano: Stirpe di alieno, della C. J. Cherryh; L’uomo del giorno dopo, di David Brin; Il giorno dell’invasione, di Larry Niven and Jerry Pournelle; L’ultima fase, alias La musica del sangue, di Greg Bear.
Per il Nebula: L’ultima fase, alias La musica del sangue, di Greg Bear; Il palazzo del mutante (alias Invito al palazzo del deviante), di Tim Powers; L’inverno di Helliconia, di Brian Aldiss; L’uomo del giorno dopo, di David Brin; l’inedito The Remaking of Sigmund Freud, di Barry Malzberg e La matrice spezzata, di Bruce Sterling.
Spinrad, autore dell’inedito Child of fortune e delle maggiori critiche a Card, si incazzò molto perchè il suo romanzo non venne nominato, soprattutto per il Nebula (chiese di non essere mai più preso in considerazione!); lo stesso Nicolazzini definì questo romanzo come “prolisso, irritante e qua e là geniale”.

Romanzo breve: vince l’Hugo 24 vedute del monte Fuji, di Hokusai, di Roger Zelazny. Vince invece il Nebula Salpare per Bisanzio (alias In rotta per Bisanzio), di Robert Silverberg.

Due cinquantenni si aggiudicano il premio, a questa tornata. Due parole sul titolo vincente l’Hugo: chi è Hokusai magari molti non lo sanno (pittore giapponese tra 1700 e 1800), ma anche i sassi hanno visto la sua celeberrima La grande onda.

Pubblicò un lavoro, 36 vedute del monte Fuji, poi divenute 46 dato il successo e le richieste; alcune sono quelle del titolo, 46 opere con tema il monte Fuji (la famosa montagna – un vulcano in realtà – più alta del Giappone e dalle forme molto simmetriche e aggraziate). Ad ogni paragrafo Zelazny cita una di queste vedute e ne trae ispirazione, per così dire; andando su Wikipedia le trovi tutte e segui meglio il romanzo.
Romanzo che arranca non poco, in realtà, con la storia di sta tipa, che all’inizio trovi un pochino irritante ma poi finisci per abituarti volentieri alle sue meditazioni. Finale deludente e banalotto, ma qua e là ci sono validi spunti. Non disprezzabile ma non Zelazny al meglio, malgrado la botta di cultura che sfoggia nel romanzo, a mo’ di Umberto Eco.
Si fa preferire, a mio modo di vedere, il bel romanzo di Silverberg, decisamente affascinante, compiuto in sé (qua abbiamo anche un finale plausibile e decente). Ben scritto, come spesso gli capita, è tra il suo meglio e vale un premio. Non un capolavoro, chiaro, ma bello.

Gli altri: per l’Hugo erano Salpare per Bisanzio (alias In rotta per Bisanzio), di Robert Silverberg; L’unica cosa sana da fare, di James Tiptree, Jr.; Verde Marte, di Kim Stanley Robinson e l’inedito The Scapegoat, della C. J. Cherryh.
Per il Nebula: 24 Vedute del monte Fuji, di Hokusai, di Roger Zelazny; l’inedito The Gorgon Field, della Kate Wilhelm; L’unica cosa sana da fare, di James Tiptree, Jr. e Giorni verdi in Brunei, di Bruce Sterling.

Racconto: vince l’Hugo Il paladino dell’ora perduta, di Harlan Ellison. Vince il Nebula Ritratti di famiglia, di George R. R. Martin.

Ellison è sempre lui, qua un po’ più cattivello e arrabbiato del solito, in una storia ben scritta ma che ha il difetto di base di un soggetto che non fa impazzire, anzi. Ha fatto di meglio, qua siamo quasi nella routine. Buona routine, comunque. E’ diventato pure un episodio di Ai confini della realtà (seconda serie).
Ho faticato a trovare l’opera di Martin. E anche lui ci ha regalato cose migliori.
Questa è la storia di uno scrittore, i cui figli (nel titolo originale) sono i personaggi che lui creò nei romanzi. Di alcuni di questi riceve in qualche modo dei ritratti ad olio, molto ben fatti; la cosa particolare è che poi di notte riceve la visita in carne e ossa di tali personaggi.
La sua vita è dedicata allo scrivere, tralasciando così la sua vita reale, che è un disastro, come via via gli ricordano tutti i visitatori notturni. Fino al finale, inatteso e sorprendente, ma ripensandoci, meno intelligente di quanto Martin vuol dare a credere.
In definitiva un racconto piuttosto piacevole, con bei momenti, discreto nel risultato ma non direi di più.

Gli altri erano: per l’Hugo Ritratti di famiglia, di George R. R. Martin; La frontiera, di Orson Scott Card; l’inedito A Gift from the Graylanders, di Michael Bishop e Duello (alias Duello aereo), di Michael Swanwick e William Gibson.
Per il Nebula: Duello (alias Duello aereo), di Michael Swanwick e William Gibson; La frontiera, di Orson Scott Card; l’inedito A Gift from the Graylanders, di Michael Bishop; Il paladino dell’ora perduta, di Harlan Ellison; Il cacciatore di giaguari, di Lucius Shepard e l’inedito Rockabye Baby, di S. C. Sykes.

Racconto breve: vince l’Hugo Fermi e Gelo (alias Fermi e il gelo, alias Il paradosso di Fermi), del nonnetto 67enne Frederik Pohl. Vince il Nebula Tra tutte quelle stelle, della Nancy Kress.
Il raccontino di Pohl è in realtà un misto tra racconto, tesi e chiacchierata con gli amici. Una delle migliori rappresentazioni della guerra atomica, oggettiva ma spaventosa. Strano come proprio verso la fine del Patto di Varsavia, il soggetto BOMBA o Dopo Bomba fosse ancora così presente. Comunque raccontino in sé dimenticabile, ma certo che l’atmosfera creata è angosciosa.
Un flash o poco più è il raccontino della Kress, a cui sicuramente avranno avvicinato chissà quali profondi significati, ma che in realtà è sì una cosetta godibile, ma alla fine rimane qualche immagine interessante e nient’altro.

Persero per l’Hugo l’inedito Flying Saucer Rock & Roll, di Howard Waldrop; l’inedito Snow, di John Crowley; Cena a Audoghast, di Bruce Sterling; l’inedito Hong’s Bluff, di William F. Wu.
Persero per il Nebula l’inedito Flying Saucer Rock & Roll, di Howard Waldrop; Gli dei di Marte, di Gardner Dozois, Jack Dann & Michael Swanwick; Gli eredi della Perispera, ancora di Howard Waldrop; l’inedito Hong’s Bluff, di William F. Wu; l’inedito Snow, di John Crowley; Più della somma delle parti, di Joe Haldeman e Draghi di carta, di James P. Blaylock.

Artista: sempre lui, Michael Whelan.

Opere non fiction: fatevi un giro dal vincitore, Science made stupid, c’è qualche perla molto simpatica

http://www.besse.at/sms/smsintro.html

Spettacolo: vince Ritorno al futuro, di Zemeckis, oggi film iconico, cult.
Interessanti anche gli avversari, come Ladyhawke, o Cocoon, per non parlare di Brazil.
Del vincente, che dire…top. Divertente, intelligente, nuovo, emozionante, stracolmo di riferimenti e citazioni, 8,5 su IMDB, Oscar per gli effetti speciali, etc…
Su Wiki trovate le curiosità, CRM-114 è l’etichetta sull’amplificatore che Marty accende da Doc, ma è pure il codice del decodificatore usato sul B-52 del Dottor Stranamore e il numero di serie del Jupiter Explorer di 2001 Odissea nello spazio.
La traduzione italiana poi è entrata a gamba tesa, con esiti anche geniali. Che “Grande Giove!” sia una bellissima esclamazione, assente nel film, è ahimè noto; quella vera è “Great Scott”. E c’è pure il fatto che il protagonista venga chiamato a un certo punto Levi Strauss, ma nell’originale era Calvin Klein.

Immagini da IMDB