Premi Hugo e Nebula

Essendo uno di quei film che trasmettono di solito di notte quella parte in genere me la risparmio. Crollo prima. :grin:

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1995

Al tempo, sul sito il cui Forum è ora irraggiungibile ma che presto tornerà online, facevo il punto su Nebula e Hugo. Ricordavo che il Nebula 1994 si può paragonare all’Hugo 1995: entrambi vennero infatti decisi nel 1995, più esattamente a New York ad aprile (Nebula) e in agosto in Scozia (Hugo).
Inoltre citavo un completo e divertente reportage sulla convention per l’Hugo, ritrovabile qua

nel quale ci si stupisce dell’indifferenza degli autori anglofoni verso i fan dell’Est, della spropositata percentuale di obesi presenti e delle belle ragazze europee piacevolmente presenti. Pare non sia stata una Convention particolarmente ben organizzata, a leggere i commenti di altri autori. Qualcuno andò pure a vedersi il film Galaxis, proiettato in anteprima, faticando poi a ricordare un film più brutto di quello (deve essere una porcheria con Brigitte Nielsen, su IMDB ha un chiaro voto di 3,6); al solito c’erano una montagna di proposte e riunioni, impossibili da seguire tutte, e su tantissimi temi diversi. Interessante quella dal titolo “La crescita tecnologica significa genocidio per gli indigeni?”, o anche quella “Perché si pubblicano così tante porcherie?”.

Ma bando alla ciance!!

Vince l’Hugo per il migliore romanzo

Vince invece il Nebula per il migliore romanzo

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Il libro vincente della Bujold, ovvero Mirror dance, è sì uscito a suo tempo in Italia (una sola volta, nel 1995), ma ora è molto difficile da reperire. Qualche tentativo si può fare su Ebay, dove non sempre si trova (anzi) e, se c’è, raggiunge velocemente cifre vergognose. E pertanto alla fine l’ho letto in straniero, cioè in originale. NB: oggi direi che è facilmente ritrovabile in Urania Collezione.
Torna vincente la saga di Miles Vorkosigan, e sono passati solo 3 anni dall’ultimo romanzo premiato. Ci sono personaggi nuovi, pure un clone, sono successe nel frattempo varie vicende…ma rimane sempre la stessa fluidità di lettura, il divertimento nel leggere questi libri, i carismatici protagonisti. Questa saga rimane un piacere, qua sono 600 e rotte pagine che si leggono in scioltezza, anche perché c’è un continuo sottofondo di sottile ironia, che appare qua e là, anche inaspettatamente, come se l’autrice un po’ giocasse e un po’ scherzasse coi suoi protagonisti (a cui comunque fa passare dei gran brutti quarti d’ora). L’opera è un crescendo di interesse, finchè questo si fa scandalosamente esagerato, una sensazione familiare che ti costringe a continuare a leggere o a smettere a malincuore. L’autrice, non sarò il solo a pensarlo, ha un grande talento narrativo, addirittura magnifico nei dialoghi. Magari il tutto non è sofisticatissimo e potrebbe essere soggetto a “critiche”. La Bujold ha uno stile troppo semplice? Non riempie le righe di interminabili e superflue descrizioni noiosissime? Non fa sfoggio di ricercata cultura fine a sé stessa? Non segna una svolta con le sue opere, stando invece sui binari della più consolidata tradizione? Ma avercene! Direi anzi che tra tutti i romanzi premiati della saga (e che dunque ho letto), questo è il più maturo. Premio molto meritato, come voto direi più sul 9 che sull’8.

Con il vincitore del Nebula si torna ancora su Marte, allora molto in voga. Qua la colonizzazione è cosa fatta, e come insegna la Storia, le colonie alla fine vogliono l’indipendenza. E la Nazione “madre” non vuole mai darla. Anzi, qua farà un terribile attacco preventivo, pure. L’opera si può definire come “onesta”: non mediocre, non un capolavoro. Sembra scritta da una donna, non solo perché è scritta in prima persona singolare, e la protagonista è una ragazza, ma anche per le osservazioni che si trovano qua e là. Mah, confidando nell’onestà intellettuale di Bear, un piccolo dubbio comunque rimane. Il libro sconta un’eccessiva lunghezza (500 pg circa) che diluisce forse un po’ troppo le avventure e le emozioni che presenta (tranne che nel finale, avvincente); una piccola sforbiciata (un centinaio di pagine, mica molte) sarebbe stata probabilmente giustificata. Peraltro non annoia quasi mai; ripeterei che è un libro in media con le buone produzioni, anzi forse anche qualcosa in più: si legge con buon interesse e premiarlo non scandalizza. E’ comunque nettamente inferiore al vincente l’Hugo di quest’anno, anche se molto meglio del vincente l’Hugo nell’edizione scorsa, dove arrivò (ingiustamente, a questo punto) secondo.

Sconfitti. Per l’Hugo Sistema virtuale XV (irriconoscibile dal titolo originale, Mother of storms), di John Barnes; Mendicanti e superuomini, della Nancy Kress; Fragili stagioni, di Michael Bishop (alla decima nomination e zero vittorie, allora) e L’ultimo viaggio di Dio, di James Morrow. Non eleggibile La parabola del seminatore, della Octavia E. Butler, perché del ’93.
Per il Nebula, La parabola del seminatore, della Octavia E. Butler; Concerto per archi e canguro (ma anche il titolo originale era forte, Gun, with occasional music), di Jonathan Lethem; L’ultimo viaggio di Dio, di James Morrow; l’inedito Temporary agency, di Rachel Pollack; l’inedito Green Mars, di Kim Stanley Robinson (vincente l’Hugo nella scorsa edizione, ora invece uscito anche in Italia) e l’inedito A night in the lonesome october, di Roger Zelazny.

Romanzi brevi. Doppietta, vince Nell’abisso di Olduvai , di Mike Resnick.
Romanzo veramente breve. L’Olduvai del titolo è la località africana dove è stata scoperta una serie impressionante di reperti che risalgono ai nostri antenati, ma anche ai loro antenati, habilis e quant’altro. E’ una valle ripida e stratificata, lunga varie decine di km, un paradiso per gli studiosi. Il titolo originale, Seven views of Olduvai Gorge, sette vedute di questo sito, era forse più efficace. Narra di una spedizione scientifica aliena, millenni dopo la totale estinzione dell’uomo, sia dalla Terra che nei milioni di mondi che aveva colonizzato. Uno di questi alieni entra in contatto con i reperti, li “assimila” e può sapere esattamente a cosa sono legati. Il primo reperto, ad esempio, una punta di lancia, è legato alla nostra preistoria, quando, con un vertiginoso flashback, l’autore descrive l’arrivo di alcuni alieni in zona, i quali notano queste strane scimmie senza coda. Non faranno una bella fine, a sottovalutarli. Seguono poi altri reperti e altri ricordi, legati a Olduvai e a un totale di 7 episodi in vari periodi, durante lo schiavismo nell’800, l’imperialismo nel ‘900, un safari nel 2103 (ma tutti gli animali selvatici del mondo sono quasi estinti), l’utilizzo nel futuro della Gola come discarica nucleare abusiva, la zona invivibile, di conseguenza, alcuni secoli dopo, e il colpo di scena finale che non svelo; sempre raccontati con ottimo stile e un briciolo di ironia (e un pizzico di polemica), e sempre dal punto di vista di un protagonista di allora, oramai polvere e dimenticato. Il tutto scritto come una specie di grande fiaba africana (ma non per bambini!). Un gran bel romanzo, assolutamente meritevole della doppietta ottenuta. E bravo il Resnick!

Persero: per l’Hugo l’inedito Les fleurs du mal, di Brian Stableford; Il giorno del perdono, di Ursula K. Le Guin; Cri de coeur (omonimo), di Michael Bishop e l’inedito Melodies of the heart, di Michael F. Flynn.
Per il Nebula: l’inedito Mefisto in onyx, di Harlan Ellison; l’inedito Haunted humans, di Nina Kiriki Hoffman; Il giorno del perdono, di Ursula K. Le Guin; l’inedito Fan, di Geoff Ryman e Freddo ferro, cuore d’acciaio, di Michael Swanwick.

Racconto. Altra doppietta, vince Il bambino marziano , di David Gerrold.
Questo racconto vincente la doppietta ha in realtà solo un’ombra di SF (o un sospetto, chi l’ha letto mi capirà); è un buon racconto, magari qua e là pure un po’ furbetto, ma in alcuni punti è anche toccante. Merita il bis – premio? Ma sì, dai, perché è scritto bene, parte bene, parla al lettore e tocca temi universali. Certo il finale, come dice lo stesso autore, non è fortissimo; autore che chiede infine al bambino “marziano” (suo figlio adottivo) di desiderare, per il papà, il premio Hugo….e anche questo desiderio, come altri nel racconto, nella realtà si è verificato. E mi sa che la giuria l’ha premiato anche per chiudere il cerchio. Per questo definisco un po’ furbetta questa opera, che comunque merita.
Il racconto è largamente autobiografico, nella realtà Gerrold ha realmente adottato un bambino, pure essendo lui single e dichiaratamente gay (per sua fortuna, non è italiano). Questo racconto potrebbe anche essere, se vogliamo, un modo per fare capire agli ottusi di mente (li chiamerò così, per polemica) quanto sterminato amore può dare un uomo a un bambino, e che per questo nulla contano le sue preferenze sessuali. Ma parlo per nulla, se non per i lettori italiani del 2250, a essere ottimisti.
Dal racconto è poi stato tratto un film The Martian Child, con John Cusack.

Persero l’Hugo Nel suo bozzolo, di Greg Egan; l’inedito A little knowledge, di Mike Resnick; l’inedito Solitude, di Ursula K. Le Guin; Le singolari abitudini delle vespe (alias Lo strano comportamento delle vespe), di Geoffrey A. Landis e l’inedito The Matter of Seggri, ancora di Ursula K. Le Guin.
Persero il Nebula l’inedito Necronauts, di Terry Bisson (uscito in Usa su Playboy, luglio ‘93); l’inedito The skeleton key, di Nina Kiriki Hoffman; Le singolari abitudini delle vespe (alias Lo strano comportamento delle vespe), di Geoffrey A. Landis; l’inedito The matter of Seggri, di Ursula K. Le Guin e l’inedito Nekropolis, di Maureen McHugh.

Racconto breve. Vince l’Hugo Nessuno è così cieco., di Joe Haldeman. Vince il Nebula l’inedito A defense of the social contracts, della Martha Soukup.
Haldeman vince con un raccontino nella norma, nulla di indimenticabile e incantevole, a premiarlo sono stati di manica (molto?) larga.
Quella della Soukup, inedito, non sono riuscito e reperirlo, e con questo erano 4 i Nebula che mi mancavano, al tempo (Hugo, invece, letti tutti).

I perdenti furono, per l’Hugo l’inedito I know what you’re thinking, di Kate Wilhelm; l’inedito Barnaby in exile, di Mike Resnick; l’inedito Dead man’s curve, di Terry Bisson; Accettare l’entropia, di Barry N. Malzberg e l’inedito Mrs. Lincoln’s China, di M. Shayne Bell.
Per il Nebula, l’inedito Inspiration, di Ben Bova; Nessuno è così cieco, di Joe Haldeman; Accettare l’entropia, di Barry N. Malzberg; l’inedito I know what you’re thinking, di Kate Wilhelm e l’inedito Virtual love, di Maureen McHugh.

Artista, torna a vincere Jim Burns.

Migliore lavoro artistico, vince Lady Cottington’s Pressed Fairy Book, di Brian Froud eTerry Jones.
Non conoscevo questa opera, illustrata alla grandissima da Brian Froud e ideata e scritta dal Monty Python Terry Jones. In pratica nessuno crede a una bambina, che vede le fate. E allora lei che fa? Le schiaccia nel suo libro, un po’ come si terrebbero delle foglie! Ma è terribile!! Ma pure è geniale.

Spettacolo: anno minore, forse.anno scalognato, con poco o nulla che si eleva tra i capolavori o anche lì vicino.
Comunque, vince un telefilm, e precisamente l’ultimo episodio di Star Trek: The Next Generation, il 178°, dopo 7 stagioni, dal titolo “Ieri, oggi, domani” (All good things…, in originale) e che chiudeva definitivamente la serie. Episodio di durata doppia, fu giudicato da Entertainment Weekly come il quinto migliore di tutto il ciclo. Il comandante Picard si ritrova a viaggiare senza preavviso nel suo passato e nel suo futuro. Il colpevole è quel birichino di Q, con tanto di anomalie potenzialmente distruttive e test di dubbio gusto. Mah, l’episodio non l’ho visto (ma nulla di quella serie, pure), in realtà pure il voto IMDB di 9,1 testimonierebbe invece che meritava. Immagini da IMDB.

Tra gli sconfitti The mask e Stargate.

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Magari avessero chiuso davvero là. :grin:

Dal racconto è poi stato tratto un film The Martian Child, con John Cusack.

Ah, sì, carino.

Il racconto di Joe Haldeman me lo ricordo molto buono anche se lo lessi una trentina di anni fa.
Il racconto di Ellison mi manca e ci sono parecchi titoli che stuzzicano, devo dire, a guardare le edizioni passate
Ah Resnik penso abbia dato il meglio di sé con le sue storie “africane”, con un bel po’ di domande profonde ed interessanti.

Passi per stargate, ma the Mask è molto meglio di qualsiasi StarSpeck!

:yoda:

1996

Vennero premiati due romanzi che magari non sono i primi che vengono in mente, ma che non sono da sottovalutare.

Vince l’Hugo per il migliore romanzo

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Vince invece il Nebula per il migliore romanzo

Il libro vincente l’Hugo assomiglia inizialmente un po’ al Tutti a Zanzibar di anni prima, per il modo in cui il lettore viene immediatamente fatto calare in una realtà futura, e per la similare costruzione a capitoli. Tale costruzione qua è esasperata: i mini capitoli si succedono rapidamente, ognuno con poche pagine (anche una o due) e con il suo titolo riassuntivo (e spesso un po’ ironico). Alla fine di ognuno, l’attenzione si sposta sulle vicende di altri protagonisti. Questo saltare continuamente di palo in frasca è faticoso e pure un po’ spiazzante, almeno per le prime 100 pagine, diciamo, finchè cioè la storia non decolla. Un breve cenno alla trama: viene prodotto un libro per educare giovani bambine, ma in realtà è un manufatto di ingegneria di altissimo livello. Nelle mani delle ragazzine, durante gli anni, insegnerà loro… tutto, direi: leggere, scrivere, fino all’informatica e alle arti marziali, mediante fiabe raccontate a voce, filmati, storie, esercizi, etc… Le vicende, ambientate per lo più in Cina, ruotano in definitiva attorno a questo e alle persone implicate nella cosa, in maniere molto diverse.
Pure, è scritto bene, e il continuo sottofondo di ironia è apprezzabile. Arrivi a pg. 300 (su 429 dell’edizione italiana) e ti accorgi che a) sei oramai calato in un mondo parallelo, reale e realistico (dove imperversa la nanotecnologia), e ti sei appassionato alle vicende dei protagonisti; b) che tali vicende, dopo 300 pg, potrebbero essere riassunte tutte in una paginetta. Non succede molto, per usare un eufemismo; pure, la cosa non pesa necessariamente. Si arriva in seguito a un finale onesto. Direi un’opera buona, sicuramente non un capolavoro, sicuramente non fondamentale, ma insomma apprezzabile. Siamo su un livello decente ma non eccellente; pesa in senso negativo la fortissima frammentazione del narrare, che forse è pure un po’ troppo fine a sé stessa. Parametrando, direi un 7 abbondante, anche un 7,5 ma di sicuro non un 8. Un pizzico di delusione, forse, perché poteva avere uno svolgimento migliore. Occhio alla quarta di copertina, un gigantesco spoilerone che per fortuna non ho letto prima di leggere il libro. In definitiva, un’immersione di cyberpunk più che discreta. Magari una delusione se uno aveva letto prima Snow crash, dello stesso autore, ma io non l’ho letto, e magari non avevo chissà che aspettativa e forse l’ho apprezzato di più.
Guardando al vincente il Nebula, l’edizione italiana di Killer on-line riporta una bella fascetta cattura – attenzione, con un evidente errore, millantando il premio Nebula 1996 (il solito casino, insomma, perchè ha appena vinto il Nebula 1995). Stile di scrittura elementare ed agile, per un libro che cattura molto bene l’attenzione, ricco di dialoghi che facilitano la lettura. Ti trovi a pagina 100 in un lampo. Le vicende hanno uno sfondo meno “epico” o grandioso del vincente l’Hugo, qui si ha solo ha una visione limitata alle vicende quasi personali, anche se poi le invenzioni del protagonista cambiano per sempre il mondo, nel romanzo. Ho trovato notevole la capacità di approfondimento psicologico da parte dell’autore. I ragionamenti e i pensieri del protagonista sono a mio parere giusti e realistici.
Il libro era uscito in USA a capitoli, sotto il titolo La scelta di Hobson; poi pubblicato per intero col titolo The terminal experiment, fino ad arrivare qua da noi con il titolo italiano “finto inglese” e un po’ grezzotto (come la pessima copertina) di Killer on-line. In breve, racconta di questo ingegnere medico (lo definirei così) che non solo costruisce una macchina con cui vedrà, letteralmente, uscire l’anima dal corpo, provandone così scientificamente l’esistenza, ma pure una tripla copia virtuale di sé (una di controllo, una puro spirito, una pura materia), copie che gli daranno bei grattacapi gironzolando sulla grande Rete.
Il libro è ambientato nel 2011, anche se pubblicato nel 1995. Illustra direi molto bene la nostra società, ci azzecca su molte cose (es. delle specie di Kindle, che qua sono dei lettori portatili di giornali e libri), su altre sbaglia, per fortuna (Stephen Hawking è dato per già morto nel 2011, in California non c’è stato nessun terremoto con 200 mila morti), ma su una mi è venuto un colpo, quando dà notizia di sua Santità il papa Benedetto XVI!!! Pagina 219 per chi non ci crede, certo che una simile previsione ha un che di INCREDIBILE. Azzeccare il nome del papa con 15-16 anni di anticipo… penso che i bookmaker l’avrebbero pagata proprio bene, sta cosa!
Alla fine il libro mi è piaciuto parecchio, anche per la sua estrema fluidità, che rende la lettura una pacchia (mentre la lettura di L’era del diamante è un po’ ostica). Io addirittura lo preferirei al vincente l’Hugo, ma è molto una questione di gusti. Qua sì darei un 8 .
In definitiva due libri vincenti che al tempo non conoscevo e che si difendono bene.

Solito elenco sconfitti; Hugo: L’incognita tempo (alias Il secondo viaggio), di Stephen Baxter; Il pianeta proibito, di David Brin, Killer on–line, di Robert J. Sawyer e Strani occhi, di Connie Willis.
Nebula: Sistema virtuale XV, di John Barnes; Mendicanti e superuomini, di Nancy Kress (questi due romanzi erano in gara lo scorso anno per l’Hugo); l’inedito Celestis, di Paul Park; Metropolitan (titolo analogo in inglese), di Walter Jon Williams e l’inedito Calde of the Long Sun, di Gene Wolfe.

Romanzo breve, vince l’Hugo La morte di Capitan Futuro , di Allen Steele. Vince il Nebula l’inedito Last Summer at Mars Hill, della Elizabeth Hand.

Capitan Futuro è in realtà un personaggio degli anni ’40 inventato dallo scrittore Hamilton. Questo capitano era il classico eroe buono, giusto, che sconfiggeva immancabilmente i cattivi, e andava a zonzo per il sistema solare. Tutto molto ingenuo e tipico di una SF che fu. Onestamente di quel Capitan Futuro non ho mai letto nulla, a differenza del capitano del romanzo, che si fa chiamare così (non è mica lui redivivo) e crede / spera di vivere le avventure del suo eroe preferito. Il vero protagonista però non è lui, ma l’ufficiale in seconda, ovviamente sbigottito dalla “mania” del suo comandante. So che a molti non è piaciuta, questa opera, ma l’ho trovata divertente e ben scritta, con il disincanto del protagonista, molto terra – terra, che fa da contrasto alle visioni e mattane del presunto autonominatosi Capitan Futuro. Non svelo come va a finire, anche se poi il titolo è già un mezzo spoiler. Per quanto mi riguarda, premio meritato e romanzetto molto gustoso.
Se ad alcuni non è piaciuto, dovrebbero cimentarsi con la lettura dell’inedito vincente il Nebula. A volte ti chiedi perché certe opere vincenti sono inedite, poi le leggi e capisci molte cose. Questo romanzo breve (ma mai abbastanza breve) è una vera e propria rottura di palle. A volte si deve dire: pane al pane, vino al vino. Ambiente bucolico, hippie fuori tempo massimo; la madre della protagonista è molto malata, il padre del suo amico pure. Ma in questo posto vivono degli strani spiriti, che qualcuno vede, e che provvederanno. Fine. Sessanta pagine di descrizioni, di pensieri e situazioni, riassunte in 4 righe. Fantascienza, zero. Un briciolo di fantastico, scopiazzato più o meno da Cocoon. Ma la ricercatezza di alcune parole, che ha reso la lettura ancora più difficoltosa, avrà bene impressionato la tecnica giuria del Nebula, e arriva così il premio, per questa opera che è un bel viatico alla depressione e al toccamento di maroni. Mah.

Persero: per l’Hugo Liberazione della donna, della Ursula K. Le Guin; Bibi (analogo in inglese), di Mike Resnick e Susan Shwartz; Un uomo del popolo, ancora della Ursula K. Le Guin e l’inedito Fault lines, di Nancy Kress.
Per il Nebula, Bibi, di Mike Resnick e Susan Shwartz; l’inedito Mortimer Gray’s history of death, di Brian Stableford; l’inedito Soon comes night, di Gregory Benford e l’inedito Yaguara, di Nicola Griffith.

Racconto. Vince l’Hugo Pensare da dinosauri , di James Patrick Kelly. Vince invece il Nebula l’inedito Solitude, della Ursula K. Le Guin.

Curioso il racconto vincente l’Hugo. Una razza simile ai dinosauri (vagamente) aiuta gli umani a raggiungere le stelle. Grazie ai loro macchinari, chi vuole (studiosi, etc…) viene replicato e inviato istantaneamente su mondi distanti decine e centinaia di anni luce. L’originale rimasto qua, però, schiatta. Il protagonista ha il compito (terribile!) di spingere il bottone che termina senza dolore la persona originale, rimasta lì. Ma succede un imprevisto: la copia arriva a destinazione, l’originale si libera prima di essere terminato. E ora che si fa? L’esistenza di due “io” creerebbe paradossi e lacerazioni, la poveretta (è una lei) va eliminata, se c’è il coraggio di farlo…
Il protagonista è all’inizio descritto (involontariamente?) dall’autore come una persona che mi è parsa proprio viscida. Le scelta che farà alla fine ha cambiato il giudizio su di lui, e non dirò ovviamente come. Racconto che ho trovato originale e certamente drammatico; non è niente male. Ne fu tratto anche un episodio tv.
La LeGuin, vincitrice del Nebula, descrive nella sua opera una civiltà umana su un pianeta che ha dimenticato le origini, e oramai è regredita e ha messo su una società dove, più o meno, si vive come vivono i gatti (almeno, questa è la mia netta impressione). Le femmine stanno coi bambini, che cacciano quando questi diventano adolescenti; i maschi vivono chissà dove, e talvolta uno appare su una collina, canta finchè una femmina si decide a passare qualche giorno con lui, tornando poi incinta. Il pianeta viene raggiunto da umani “normali”, i quali non riescono in alcun modo a comunicare con i nativi, se non quando una studiosa decide di crescere i suoi due figli sul pianeta (e saranno perfettamente integrati), nella speranza di imparare da loro cosa cavolo sta succedendo. Finale un po’ “molle”, ma è notevole la padronanza del racconto da parte della Ursula, di cui noti subito il “manico”, l’esperienza qualcosa conta.
Due opere vincenti oneste e direi anche alla pari.

I perdenti. L’inedito When the old gods die, di Mike Resnick; l’inedito The good rat, di Allen Steele; Il dovere e la gloria, di Harry Turtledove; Luminous (così anche in originale), di Greg Egan e TAP (anch’esso identico in origine), sempre di Greg Egan. QUesti per l’Hugo.
Per il Nebula, l’inedito The resurrection man’s legacy, di Dale Bailey; l’inedito Tea and hamsters, di Michael Coney; l’inedito Jesus at the bat, di Esther M. Friesner; l’inedito Home for Christmas, di Nina Kiriki Hoffman; Pensare da dinosauri, di James Patrick Kelly e l’inedito When the old gods die, di Mike Resnick.

Infine, il racconto breve. Vince l’Hugo Il treno di Lincoln , della Maureen F. McHugh. Vince il Nebula l’inedito Death and the librarian, di Esther M. Friesner.
Il raccontino vincente l’Hugo lascia alla fine un po’ allibiti. Che chi scrive avesse intenzionalmente voluto prenderci per i fondelli? La giovane protagonista, proprietaria sudista, viene forzatamente espatriata, assieme a tanti altri, dai vincenti nordisti, verso una zona del Paese dove, forse, verranno abbandonati a sé stessi. Qualcuno le darà una mano. Il senso di tutto questo? Boh. Fantascienza? Nada. Che magari la protagonista fosse una figura storica famosa negli USA e siamo di fronte a una storia ucronica…non mi risulta. E allora? E che ne so. Perché premiarlo? Non ho idea. Penso sia l’opera che più mi abbia spiazzato, un raccontino senza senso, senza legami con la SF, fine a sé stesso, il cui significato mi sfugge, eppure premiato. Mah.
Il Nebula è inedito e non sono riuscito a reperirlo, anche se il titolo mi intrigava, mannaggia.

Chi perse? L’inedito A birthday, di Esther M. Friesner; l’inedito TeleAbsence, di Michael A. Burstein; l’inedito Life on the Moon, di Tony Daniel e l’inedito Walking Out, di Michael Swanwick. Per l’Hugo.
Per il Nubula, invece, l’inedito Alien Jane, di Kelley Eskridge; l’inedito Grass dancer, di Owl Goingback (ma è un nome vero?); l’inedito The Narcissus plague, di Lisa Goldstein; l’inedito The kingdom of cats and birds, di Geoffrey A. Landis; Il treno di Lincoln, di Maureen F. McHugh e l’inedito Short timer, di Dave Smeds.

Artista: vince ancora Bob Eggleton.

Spettacolo. Vince di nuovo un telefilm, ovvero Babylon 5 - episodio "Le ombre attaccano” (episodio numero 9 della seconda stagione).
Il vincente ha un voto di 9,1, ma senza troppi voti, segno che i voti stessi arrivano dai fan della serie. Io mi astengo da commenti, la serie è famosa ma io non l’ho mai vista. Scritta dal grande J. Michael Straczynski, che conosco solo per il lato fumetti (“solo” per modo di dire, per quelli è di sicuro un grande), come noto ha come fulcro la gigantesca stazione spaziale Babylon 5, e tutte le varie vicende che ci ruotano attorno. L’episodio vincente si vide in Italia per la prima volta nel 1999. E’ ritenuto dagli esperti un episodio chiave per tutta le serie, e per chi segue la serie, è quello dove l’Imperatore di Centauri viene in visita a Babylon 5. Tanto era da dirsi e lo dissi.
Solite foto da IMDB

Tra i perdenti: Apollo 13, L’esercito delle 12 scimmie, il primo Toy Story; non candidati Casper, Waterworld, Jumanji.

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Da un lato ha più senso come fa il nebula che nel 1996 si assegni il premio per le opere del 1995, però crea un po’ di confusione.

Veramente molto bello, un mix di magia e SF, con la magia inserita in un contesto fantascientifico in modo perfetto. Mi è sempre dispiaciuto, non trovare romanzi simili.
Forse i romanzi di Robert Jackson Bennet si avvicinano come stile.

:scream:

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Confermo il giudizio, anche se è stato un grande insuccesso commerciale e manca il seguito che avrebbe dato un finale alla vicenda.

Qui ne parla lui stesso

E Walter John Williams insieme a Swanwick era tra i miei preferiti di sempre.

EDiT: ehi forse le cose si stanno smuovendo!!

Questi due meritavano, però