Premi Hugo e Nebula

Essendo uno di quei film che trasmettono di solito di notte quella parte in genere me la risparmio. Crollo prima. :grin:

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1995

Al tempo, sul sito il cui Forum è ora irraggiungibile ma che presto tornerà online, facevo il punto su Nebula e Hugo. Ricordavo che il Nebula 1994 si può paragonare all’Hugo 1995: entrambi vennero infatti decisi nel 1995, più esattamente a New York ad aprile (Nebula) e in agosto in Scozia (Hugo).
Inoltre citavo un completo e divertente reportage sulla convention per l’Hugo, ritrovabile qua

nel quale ci si stupisce dell’indifferenza degli autori anglofoni verso i fan dell’Est, della spropositata percentuale di obesi presenti e delle belle ragazze europee piacevolmente presenti. Pare non sia stata una Convention particolarmente ben organizzata, a leggere i commenti di altri autori. Qualcuno andò pure a vedersi il film Galaxis, proiettato in anteprima, faticando poi a ricordare un film più brutto di quello (deve essere una porcheria con Brigitte Nielsen, su IMDB ha un chiaro voto di 3,6); al solito c’erano una montagna di proposte e riunioni, impossibili da seguire tutte, e su tantissimi temi diversi. Interessante quella dal titolo “La crescita tecnologica significa genocidio per gli indigeni?”, o anche quella “Perché si pubblicano così tante porcherie?”.

Ma bando alla ciance!!

Vince l’Hugo per il migliore romanzo

Vince invece il Nebula per il migliore romanzo

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Il libro vincente della Bujold, ovvero Mirror dance, è sì uscito a suo tempo in Italia (una sola volta, nel 1995), ma ora è molto difficile da reperire. Qualche tentativo si può fare su Ebay, dove non sempre si trova (anzi) e, se c’è, raggiunge velocemente cifre vergognose. E pertanto alla fine l’ho letto in straniero, cioè in originale. NB: oggi direi che è facilmente ritrovabile in Urania Collezione.
Torna vincente la saga di Miles Vorkosigan, e sono passati solo 3 anni dall’ultimo romanzo premiato. Ci sono personaggi nuovi, pure un clone, sono successe nel frattempo varie vicende…ma rimane sempre la stessa fluidità di lettura, il divertimento nel leggere questi libri, i carismatici protagonisti. Questa saga rimane un piacere, qua sono 600 e rotte pagine che si leggono in scioltezza, anche perché c’è un continuo sottofondo di sottile ironia, che appare qua e là, anche inaspettatamente, come se l’autrice un po’ giocasse e un po’ scherzasse coi suoi protagonisti (a cui comunque fa passare dei gran brutti quarti d’ora). L’opera è un crescendo di interesse, finchè questo si fa scandalosamente esagerato, una sensazione familiare che ti costringe a continuare a leggere o a smettere a malincuore. L’autrice, non sarò il solo a pensarlo, ha un grande talento narrativo, addirittura magnifico nei dialoghi. Magari il tutto non è sofisticatissimo e potrebbe essere soggetto a “critiche”. La Bujold ha uno stile troppo semplice? Non riempie le righe di interminabili e superflue descrizioni noiosissime? Non fa sfoggio di ricercata cultura fine a sé stessa? Non segna una svolta con le sue opere, stando invece sui binari della più consolidata tradizione? Ma avercene! Direi anzi che tra tutti i romanzi premiati della saga (e che dunque ho letto), questo è il più maturo. Premio molto meritato, come voto direi più sul 9 che sull’8.

Con il vincitore del Nebula si torna ancora su Marte, allora molto in voga. Qua la colonizzazione è cosa fatta, e come insegna la Storia, le colonie alla fine vogliono l’indipendenza. E la Nazione “madre” non vuole mai darla. Anzi, qua farà un terribile attacco preventivo, pure. L’opera si può definire come “onesta”: non mediocre, non un capolavoro. Sembra scritta da una donna, non solo perché è scritta in prima persona singolare, e la protagonista è una ragazza, ma anche per le osservazioni che si trovano qua e là. Mah, confidando nell’onestà intellettuale di Bear, un piccolo dubbio comunque rimane. Il libro sconta un’eccessiva lunghezza (500 pg circa) che diluisce forse un po’ troppo le avventure e le emozioni che presenta (tranne che nel finale, avvincente); una piccola sforbiciata (un centinaio di pagine, mica molte) sarebbe stata probabilmente giustificata. Peraltro non annoia quasi mai; ripeterei che è un libro in media con le buone produzioni, anzi forse anche qualcosa in più: si legge con buon interesse e premiarlo non scandalizza. E’ comunque nettamente inferiore al vincente l’Hugo di quest’anno, anche se molto meglio del vincente l’Hugo nell’edizione scorsa, dove arrivò (ingiustamente, a questo punto) secondo.

Sconfitti. Per l’Hugo Sistema virtuale XV (irriconoscibile dal titolo originale, Mother of storms), di John Barnes; Mendicanti e superuomini, della Nancy Kress; Fragili stagioni, di Michael Bishop (alla decima nomination e zero vittorie, allora) e L’ultimo viaggio di Dio, di James Morrow. Non eleggibile La parabola del seminatore, della Octavia E. Butler, perché del ’93.
Per il Nebula, La parabola del seminatore, della Octavia E. Butler; Concerto per archi e canguro (ma anche il titolo originale era forte, Gun, with occasional music), di Jonathan Lethem; L’ultimo viaggio di Dio, di James Morrow; l’inedito Temporary agency, di Rachel Pollack; l’inedito Green Mars, di Kim Stanley Robinson (vincente l’Hugo nella scorsa edizione, ora invece uscito anche in Italia) e l’inedito A night in the lonesome october, di Roger Zelazny.

Romanzi brevi. Doppietta, vince Nell’abisso di Olduvai , di Mike Resnick.
Romanzo veramente breve. L’Olduvai del titolo è la località africana dove è stata scoperta una serie impressionante di reperti che risalgono ai nostri antenati, ma anche ai loro antenati, habilis e quant’altro. E’ una valle ripida e stratificata, lunga varie decine di km, un paradiso per gli studiosi. Il titolo originale, Seven views of Olduvai Gorge, sette vedute di questo sito, era forse più efficace. Narra di una spedizione scientifica aliena, millenni dopo la totale estinzione dell’uomo, sia dalla Terra che nei milioni di mondi che aveva colonizzato. Uno di questi alieni entra in contatto con i reperti, li “assimila” e può sapere esattamente a cosa sono legati. Il primo reperto, ad esempio, una punta di lancia, è legato alla nostra preistoria, quando, con un vertiginoso flashback, l’autore descrive l’arrivo di alcuni alieni in zona, i quali notano queste strane scimmie senza coda. Non faranno una bella fine, a sottovalutarli. Seguono poi altri reperti e altri ricordi, legati a Olduvai e a un totale di 7 episodi in vari periodi, durante lo schiavismo nell’800, l’imperialismo nel ‘900, un safari nel 2103 (ma tutti gli animali selvatici del mondo sono quasi estinti), l’utilizzo nel futuro della Gola come discarica nucleare abusiva, la zona invivibile, di conseguenza, alcuni secoli dopo, e il colpo di scena finale che non svelo; sempre raccontati con ottimo stile e un briciolo di ironia (e un pizzico di polemica), e sempre dal punto di vista di un protagonista di allora, oramai polvere e dimenticato. Il tutto scritto come una specie di grande fiaba africana (ma non per bambini!). Un gran bel romanzo, assolutamente meritevole della doppietta ottenuta. E bravo il Resnick!

Persero: per l’Hugo l’inedito Les fleurs du mal, di Brian Stableford; Il giorno del perdono, di Ursula K. Le Guin; Cri de coeur (omonimo), di Michael Bishop e l’inedito Melodies of the heart, di Michael F. Flynn.
Per il Nebula: l’inedito Mefisto in onyx, di Harlan Ellison; l’inedito Haunted humans, di Nina Kiriki Hoffman; Il giorno del perdono, di Ursula K. Le Guin; l’inedito Fan, di Geoff Ryman e Freddo ferro, cuore d’acciaio, di Michael Swanwick.

Racconto. Altra doppietta, vince Il bambino marziano , di David Gerrold.
Questo racconto vincente la doppietta ha in realtà solo un’ombra di SF (o un sospetto, chi l’ha letto mi capirà); è un buon racconto, magari qua e là pure un po’ furbetto, ma in alcuni punti è anche toccante. Merita il bis – premio? Ma sì, dai, perché è scritto bene, parte bene, parla al lettore e tocca temi universali. Certo il finale, come dice lo stesso autore, non è fortissimo; autore che chiede infine al bambino “marziano” (suo figlio adottivo) di desiderare, per il papà, il premio Hugo….e anche questo desiderio, come altri nel racconto, nella realtà si è verificato. E mi sa che la giuria l’ha premiato anche per chiudere il cerchio. Per questo definisco un po’ furbetta questa opera, che comunque merita.
Il racconto è largamente autobiografico, nella realtà Gerrold ha realmente adottato un bambino, pure essendo lui single e dichiaratamente gay (per sua fortuna, non è italiano). Questo racconto potrebbe anche essere, se vogliamo, un modo per fare capire agli ottusi di mente (li chiamerò così, per polemica) quanto sterminato amore può dare un uomo a un bambino, e che per questo nulla contano le sue preferenze sessuali. Ma parlo per nulla, se non per i lettori italiani del 2250, a essere ottimisti.
Dal racconto è poi stato tratto un film The Martian Child, con John Cusack.

Persero l’Hugo Nel suo bozzolo, di Greg Egan; l’inedito A little knowledge, di Mike Resnick; l’inedito Solitude, di Ursula K. Le Guin; Le singolari abitudini delle vespe (alias Lo strano comportamento delle vespe), di Geoffrey A. Landis e l’inedito The Matter of Seggri, ancora di Ursula K. Le Guin.
Persero il Nebula l’inedito Necronauts, di Terry Bisson (uscito in Usa su Playboy, luglio ‘93); l’inedito The skeleton key, di Nina Kiriki Hoffman; Le singolari abitudini delle vespe (alias Lo strano comportamento delle vespe), di Geoffrey A. Landis; l’inedito The matter of Seggri, di Ursula K. Le Guin e l’inedito Nekropolis, di Maureen McHugh.

Racconto breve. Vince l’Hugo Nessuno è così cieco., di Joe Haldeman. Vince il Nebula l’inedito A defense of the social contracts, della Martha Soukup.
Haldeman vince con un raccontino nella norma, nulla di indimenticabile e incantevole, a premiarlo sono stati di manica (molto?) larga.
Quella della Soukup, inedito, non sono riuscito e reperirlo, e con questo erano 4 i Nebula che mi mancavano, al tempo (Hugo, invece, letti tutti).

I perdenti furono, per l’Hugo l’inedito I know what you’re thinking, di Kate Wilhelm; l’inedito Barnaby in exile, di Mike Resnick; l’inedito Dead man’s curve, di Terry Bisson; Accettare l’entropia, di Barry N. Malzberg e l’inedito Mrs. Lincoln’s China, di M. Shayne Bell.
Per il Nebula, l’inedito Inspiration, di Ben Bova; Nessuno è così cieco, di Joe Haldeman; Accettare l’entropia, di Barry N. Malzberg; l’inedito I know what you’re thinking, di Kate Wilhelm e l’inedito Virtual love, di Maureen McHugh.

Artista, torna a vincere Jim Burns.

Migliore lavoro artistico, vince Lady Cottington’s Pressed Fairy Book, di Brian Froud eTerry Jones.
Non conoscevo questa opera, illustrata alla grandissima da Brian Froud e ideata e scritta dal Monty Python Terry Jones. In pratica nessuno crede a una bambina, che vede le fate. E allora lei che fa? Le schiaccia nel suo libro, un po’ come si terrebbero delle foglie! Ma è terribile!! Ma pure è geniale.

Spettacolo: anno minore, forse.anno scalognato, con poco o nulla che si eleva tra i capolavori o anche lì vicino.
Comunque, vince un telefilm, e precisamente l’ultimo episodio di Star Trek: The Next Generation, il 178°, dopo 7 stagioni, dal titolo “Ieri, oggi, domani” (All good things…, in originale) e che chiudeva definitivamente la serie. Episodio di durata doppia, fu giudicato da Entertainment Weekly come il quinto migliore di tutto il ciclo. Il comandante Picard si ritrova a viaggiare senza preavviso nel suo passato e nel suo futuro. Il colpevole è quel birichino di Q, con tanto di anomalie potenzialmente distruttive e test di dubbio gusto. Mah, l’episodio non l’ho visto (ma nulla di quella serie, pure), in realtà pure il voto IMDB di 9,1 testimonierebbe invece che meritava. Immagini da IMDB.

Tra gli sconfitti The mask e Stargate.

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Magari avessero chiuso davvero là. :grin:

Dal racconto è poi stato tratto un film The Martian Child, con John Cusack.

Ah, sì, carino.

Il racconto di Joe Haldeman me lo ricordo molto buono anche se lo lessi una trentina di anni fa.
Il racconto di Ellison mi manca e ci sono parecchi titoli che stuzzicano, devo dire, a guardare le edizioni passate
Ah Resnik penso abbia dato il meglio di sé con le sue storie “africane”, con un bel po’ di domande profonde ed interessanti.

Passi per stargate, ma the Mask è molto meglio di qualsiasi StarSpeck!

:yoda: