Voglio la foto!!!
Non tradire le giraffe.
Mai
La fata carabina è insipido. La compagnia dei celestini (di cui però ricordo poco o nulla) era decisamente migliore
Segno. Ne ho sentito parlare molto bene. E desidero smentirmi con l’idea che mi son fatto di Pennac.
La compagnia dei celestini però è di Benni. ![]()
Tra l’altro, menzionando Benni, mi viene in mente un libro che ho riletto poco fa e che mi è piaciuto molto: Achille piè veloce. Un’opera più “dark” rispetto a quelle per cui lo scrittore è diventato famoso, parla dell’amicizia tra il protagonista, un uomo piuttosto comune, e Achille, che dalla nascita soffre di una malattia che lo tiene costantemente in sedia a rotelle, quasi completamente paralizzato.
Detta così sembra uno di quei film strappalacrime fatti con lo stampino, ma vi assicuro che è tutto il contrario. Il libro è pregno di un’ironia vitale, politicamente scorretta (nel senso bello dei primi anni 2000, non come adesso che è diventato sinonimo di “fascista”) e cattivissima.
Ahah vero.
E niente, depenno.
Ho finito qualche giorno fa Italia Longobarda di Stefano Gasparri breve saggio sul regno Longobardo in italia.
Il libro non mi ha entusiasmato, anche se non è colpa dell’autore, il problema principale è che ci sono veramente pochissime fonti su cui basarsi per la ricerca, che poi è una delle cose più interessanti che si apprende dal libro.
In pratica tutto quello che si sta scrivendo sul periodo è frutto di analisi incrociate di pochi documenti (scritti per lo più dai vincitori), ricerche archeologiche e molte supposizioni degli autori.
Elenco di seguito le altre cose interessanti che ho trovato.
Sembra che i re Longobardi pensavano di meritare di regnare perché avevano fatto delle buone leggi ed amministrato bene e non per diritto divino, cosa che trovo sorprende per l’epoca.
Vi era l’abitudine da parte dell’alta società longobarda di fondare chiese, monasteri, etc… e farli gestire da famigliari, assegnando inoltre dei fondi o interi patrimoni.
Credo sia uno dei motivi che ha portato alla creazione del potere temporale della chiesa.
Il Friuli longobardo era chiamato Austria ![]()
Alla fine più leggo saggi di storia e più mi chiedo che versione della storia ho studiato a scuola. Sembra che la parte umana, che evidenzia come molto poco sia cambiato nel comportamento della nostra società, venga semplicemente ignorata fornendo solo descrizioni di quello che accade ad alto livello.
Il tutto mi pare contribuisca a creare un’idea che i popoli o le masse di persone, non abbiano potere o responsabilità negli avvenimenti ![]()
In effetti sono più interessanti le piccole storie di gente qualunque.
Senti questa, io abito su una terra di confine tra il Ticino e la Sesia, nel secolo 19 alcuni pastori della Valsesia, al momento sotto la Francia, portarono le vacche in alpeggio in estate e per farlo attraversarono la Sesia, in autunno rientrando sul ponte trovarono un daziere perchè nel momento il territorio sulla sponda sinistra era passata all’Austria.
Quindi pagarono il dazio per riportare le proprie vacche in stalla.
Ecco, finito Pitigrilli, autore di cui avevo sentito parlare e per caso trovati su una bancarella una vecchia edizione cartonata di un volume doppio, Cocaina e Dolicocefala Bionda.
Scritti rispettivamente a metà anni ‘20 e ‘30, gli diedero successo ante guerra, così come invece ebbe infamia dopo per via di accuse di essere delatore dell’OVRA. Accuse ripetutamente respinte da lui e dal figlio ma comprovate ufficialmente.
I romanzi sono per certi versi geniali: arguti, spiritosi con quel gusto per il motto ironico e tagliente nei confronti degli individui e della società, di certe maniere e mode o piccole perle di saggezza spicciola. Risente del secolo appena passato, sia nello scrivere in quel modo (che ha una punta.comune con Wilde) che in temi fortemente decadenti; non per i personaggi edonisti - che pur non mancano nel primo romanzo - ma quel nichilismo appena appena mascherato del protagonista (matricolato fannullone belloccio che va a Parigi a fare fortuna), che prima cede alla droga del titolo e poi a due donne tra le quali si divide e che paragona al suddetto stupefacente.
Il secondo, più lungo è invece incentrato su un eccentrico studioso, uno stanco delle.persone con la loro stolidità e della scienza con la sua grettezza, che si finge ciarlatano per poter vivere onestamente. Gli costerà processi e successo, soprattutto con una certa donna che ne condivide stravaganze ed idiosincrasie verso la normalità, che pur tuttavia agognano in segreto (come ogni vero decadente che si rispetti, qui in una declinazione originale e molto efficace). Entra nelle grazie della regnante di una paesello mittel europeo, va in disgrazia e diventa magnate e poi fallimento e risorsa ancora. Eppure, finisce in modo molto triste.
Non solo per via delle vicende di Teodoro Zweifel, ma anche per come invece non si sappia più molto degli altri, come se dopo tanta cura Pitigrilli se ne fosse disamorato e dimenticato. A noi rimane l’amaro e due ottimi romanzi.
Di Pitigrilli come editore, ne parla diffusamente Alice Basso nella serie di libri con protagonista Anita.
Parla anche dell’ OVRA ovviamente, del sabato fascists e di tutte le altre assurdida di metà anni trenta a Torino.
Amica della protagonista è la prima dattilografa donna italiana veramente esistita.
Interessante! miche se temo che non avrò mai il tempo di leggere quei gialli…
Ah, ecco perché mi era piaciuto!
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Letto “l’università di Rebibbia” di Goliarda Sapienza, preso in biblioteca sotto consiglio. Libro corto e agile, autobiografico dell’ esperienza di lei in carcere nei primi ‘80. La storia è interessante ma la voce di lei suona un po’ falsa. Non si sente mai il dramma, a volte le carcerate parlano troppo bene (ci sta essendo istruite, ma dal vivo i discorsi difficilmente sono complessi sintatticamente), lei è subito estremamente benvoluta senza motivo. Insomma, una bella curiosità, ma non di più.
Ho finalmente terminato di leggere La coscienza di Zeno, di Italo Svevo (1923).
Non mi è piaciuto particolarmente. Diciamo che avrebbe dovuto chiamarsi, più esattamente, La coscienza di quel gran cogl***e di Zeno, dato il personaggio.
Che libro è. Seguendo l’affermarsi al tempo della psicoanalisi, o come è scritto nel testo, della psico-analisi, l’Autore ci cala nella mente di tale Zeno Cosini, e dal suo punto di vista il romanzo sarà raccontato, in prima persona. L’operazione, di per sè interessante, diventa terribile dal momento che Zeno è non solo un coglione, ma proprio una brutta persona.
Lui non fa un c***o tutto il giorno. Ricchissimo di famiglia, non ha bisogno di lavorare. E’ una brutta persona, fuma come un turco, stabilendo più volte, negli anni, che quella sarà l’ultima sigaretta, ma non riuscendo mai a smettere. Una persona patetica, falsa, senza nerbo, una merdaccia. Cambia più volte facoltà universitaria, che poi era in definitiva solo un inutilie passatempo. Cerca maldestramente una donna, finendo per dichiararsi, una sera, a tre sorelle, una dietro l’altra, e sposando infine l’unica che accetta.
Afferma tante cose con convinzione salvo poi dire e fare il contrario, tradisce la moglie…una persona patetica. Finge di avere varie malattie, che lui sente vere, ma, anche questo, a giorni alterni. Alla morte del padre, che saggiamente diede la gestione di tutto ad altri, ma non al figlio, diventa sempre più inutile. Si sente un inetto, ma il problema è che è veramente un inetto.
La più bella delle sorelle alla fine sposa un coglione quasi come lui, un totale ignorante e disadattato, se possibile quasi come il protagonista.
Assieme mettono su una società di compravendita, senza avere alba di come si conduca, ma non accettando eventuali consiglia da chi ne sa. Anzi, chi ne sa più di loro viene pure bollato come un incompetente. Sciommiottano quella che secondo loro è una società di commercio, ben prestissimo la stessa fa un buco pauroso, ma non solo, il parente ebete inizia a giocare in Borsa, guadagnando inizialmente (vantandosi di ciò come fosse un esperto), salvo poi perdere paurosamente tutto. Come non bastasse già seguire le vicende di Zeno, un poveretto avulso dalla realtà, tocca pure seguire quest’altro ebete, Guido, che inscena un suicidio, per attirare pietà e simpatie e chissà cos’altro, ma è talmente maldestro da suicidarsi veramente, per la gioia del lettore (mia almeno).
Zeno ne combina molte altre, viene pure sorpreso dallo scoppio della I GM (vive a Trieste, ma è come vivesse sulla Luna, la realtà è appunto solo nella sua testaccia, non si accorge minimante di essere vicino al fronte) e viene così separato dalla famiglia.
Tutto il romanzo è visto come un diario tenuto da Zeno, consigliato in questo dal suo analista. Il quale, sempre nella finzione, alla fine pubblica questo diario (il romanzo, appunto), per vendicarsi del paziente, che lo avrebbe tradito e ingannato.
500 pagine ben scritte, per carità, con vari momenti interessanti, ma il problema grosso è sentire continuamente i ragionamenti e le menzogne di questa personaggio insignificante, triste, una merdaccia. E’ tosta.
Italo Svevo in precedenza era stato uno di noi, uno del 99% di scrittori che scrive un libro che nessuno considera, aveva infatti scritto ben due libri, Una vita e Senilità, che non avevano avuto alcun successo, tanto da mollare la carriera letteraria e dedicarsi ad altro. Sarà solo a 62 anni che pubblicherà il terzo volume (questo), morendo 5 anni dopo in un incidente automobilistico. Sono innumerevoli, nel romanzo, i riferimenti alla vita dello scrittore. Siamo in pienissima comfort zone.
Vabbè, finalmente l’ho finito, non lo consiglio.
Vaghi ricordi dei tempi di scuola - mai più ripreso. Devo dire che l’obbligo di leggerlo non ha aiutato, ma guai, allora, a dire che faceva schifo.
Sicuramente molto meglio leggersi Calvino.
Io ricordo che (sorprendendo anche me), invece mi piacque.
Forse perché era la prima volta che incontravo questo tipo di narratore inaffidabile, in cui la pochezza del protagonista diventa tanto più evidente quanto più lui, narrando, cerca di mistificare la realtà dei fatti per giustificare i suoi comportamenti, ingannando a volte il lettore e a volte pure se stesso.
Ricordo una parte in cui tradisce la moglie e il narratore sostiene che lei non lo scoprì mai, però guardando i comportamenti di lei era evidente che lo sapeva benissimo (potrei ricordare male, l’ho letto tipo 18 anni fa).
Non era “piacevole” da seguire, nel senso che il protagonista è un irrecuperabile coglione, pieno di sé e nevrotico; però ricordo che avevo trovato divertente questo gioco a capire tutto ciò che il narratore taceva, volutamente o perché lui stesso non l’aveva capito.
Poi per carità, non so se rileggendolo adesso mi piacerebbe ancora, e non ho fretta di scoprirlo. ![]()
Il mio ultimo libro letto è Scandalo a Hollywood di Felicia Kingsley. Primo libro suo che leggo, nonostante li abbia già quasi tutti. Ha una penna fresca e scorrevole, da donna non mi spiace. Sicuramente un confort book per quando non si ha voglia di leggere cose un po’ “impegnate”, però affronta delle belle tematiche. L’autrice si è ispirata ad una vera storia, ovviamente resta che il romanzo sia totalmente fiction, fantasia, ma per quanto riguarda il dispositivo di sterilizzazione che risulterebbe aver provocato enormi sofferenze ed effetti collaterali alle donne che l’hanno impiantato, si è ispirata alla realtà. Un libro leggero, con tanto romanticismo.
Ho finalmente finito di leggere Little, Big di Crowley in lingua originale, devo dire che ho faticato non poco.
Romanzo difficile; ad una trama particolare e complessa, con un gran numero di personaggi, si aggiunge linguaggio molto ricco, con termini che spesso il dizionario Kindle non trovava.
Alla fine ho apprezzato l’idea, ma non lo sviluppo, a volte troppo dispersivo; il tutto però potrebbe essere dovuto anche allo stile che tendeva a rendere pesante la lettura.
Quindi se uno vuole leggerlo e non ha una conoscenza dell’inglese molto molto buona, consiglierei di andare sull’edizione italiana che Mondadori ha pubblicato nel 2023.
Nel frattempo avevo letto qualche altro libro per “alleggerire”
L’età degli Imperi: 1875-1914
Saggio sul periodo precedente la prima guerra mondiale di Eric J. Hobsbawm. L’autore, considerato uno dei principali intellettuali del XX secolo, cerca di spiegare come si sia passati da un’età di grande sviluppo e crescente prosperità a decenni di guerra.
Il saggio l’ho trovato un po’ pesante a livello stilistico, ma interessante come contenuti.
The Library of the Dead di T.L. Huchu
Romanzo vincitore del Nommo Award 2022 (miglior fantascienza africana).
Si tratta di un fantasy urbano con un ottimo world building, ambientato in una Edimburgo post crisi climatica in un mondo in cui è presente della magia.
Purtroppo ho trovato le situazioni legate ai protagonisti troppo forzate ed a volte inverosimili; per esempio la protagonista che scompare, è evidente dove sia scomparsa, ma nessuno degli amici si degna di andarla a cercare o fare qualcosa.
Alla fine non mi ha entusiasmato.
The Stardust Thief di Chelsea Abdullah
Fantasy ispirato alle Mille e una Notte, da cui mi aspettavo abbastanza poco e che è stato invece una piacevole sorpresa.
Il romanzo si è rivelato un fantasy avventuroso ispirato al folklore arabo, senza eccessi YA o romantici; un classico romanzo di intrattenimento, scritto bene, scorrevole, piacevole e non scontato.
In italia è stato pubblicato da Fanucci con il titolo The Stardust Thief: Il Ladro di polvere di stelle.