L'ultimo libro letto

ma il @Jabbafar è tornato dall’esilio a Palma?

Al momento vanno di moda i retelling di miti/storia greca in chiave femminile.
Quindi se vuoi andare sul sicuro basta che lo fai in chiave femminile e magari sotto pseudonimo (tipo togli tore e lasci solo Salva :grin:) e sei posto, vendite assicurate; per di più alla storia romana non ci hanno ancora pensato :wink:

Altrimenti, ieri ho iniziato a leggere 9 agosto 378 il giorno dei barbari
di Alessandro Barbero, che si può vedere come un prequel :smiley:
Mentre leggevo questo post, mi è venuto subito in mente che anche da questo si può ricavare il materiale per una space opera ad ampio respiro.

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@Nirgal l’idea di uno pseudonimo femminile mi stuzzica parecchio… ci farò un pensierino

Circe della Miller mi è piaciuto, ma è un retelling mitologico non so se vale.

Quello che noto dalle uscite sul mercato anglosassone è che alla fine quello che conta è che il retelling sia in chiave femminile. C’è veramente un’invasione di romanzi di quel genere. Non credo che la distinzione tra storia o mitologia risulti così rilevante.

Personalmente troverei interessante ed attuale una trasposizione delle invasioni barbariche in chiave contemporanea.
Un parallelo tra i profughi goti in fuga dagli unni ed i profughi provenienti dall’africa in fuga da guerre e cambiamento climatico, può essere facile ed inquietante.

Nota come stia sbagliando direzione, anche.

Adesso bisognerà spiegargli perché ridiamo tutti in giapponese…

Sto leggendo il nono numero di Alita Mars Chronicles.
Non avete idea di che ficata pazzesca sia, come storia di FS .

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Ho letto La locandiera, di Goldoni (1752 o 1753)

Devo dire, un pochino deludente. Ok, i personaggi sono simpatici, per quanto stereotipati. I dialoghi sono vivaci e credibili. La leggibilità bella alta, fluida, facile.
Ma la storia è ovvia, scontata, e alla fine della fiera, neppure così interessante.
Spiace ma devo essere sincero, al max un 7.

Ho finito Il campiello, di Goldoni (1756).

Mah, non so cosa pensare, sono molto incerto.
Allora, il fatto. Il campiello, molti lo sanno, è la piazzetta. A Venezia “non ci sono” piazze (tranne piazza S, Marco, chiaro), così che là sono chiamate “campi”. Sempre piazze sono, ovvio. Se piccole, campielli.
Nel Campiello di Goldoni la scena si svolge tutta là, con le case dei protagonisti (delle protagoniste sarebbe più giusto dire, sono quasi tutte femmine), case nelle quali loro entrano e dalle quali escono, in un continuo su e giù. C’è poi una locanda, dove se magna.
Il tutto è scritto non solo in veneto, ma in veneziano stretto, del tempo, e pure io che ormai sono veneto acquisito, ho faticato abbastanza, in alcuni momenti, col veneziano (e senza note a piè di pagina).
Che succede…nulla. Donne con le figlie da maritare, pretendendi, gente da fuori, nobili in via di fallimento, pseudo nobili più ricchi, gente del popolo che parla, si riverisce, litiga, si mena, e così via.
Uno spaccato molto vero dell’umanità, ma purtroppo è di quella umanità di cui mi interessa poco (per non dire nulla). Umanità molto gretta, che ogni volta che dico così, nella vita reale, le sento spesso, e sei un orso, e dovresti integrarti, e chi pensi di essere, ti succede perchè non bevi vino, e ti annoi sempre, et cetera.
E vabbè. ma se la compagnia, come in questo caso, è solo materia, donne che vogliono maritare le figlie, e maritarsi pure loro, perchè no, spettegolare, bere e mangiare fino a vomitare…ok, lo spaccato di vita vera, quella che magari fa il 70% della gente, ma altro…nient’altro?
Capisco la vivacità della descrizione, la giustezza dei dialoghi, più veri del vero, la briosità del tutto, il ritmo serrato…ma…e dunque?

Il guaio è che l’opera viene considerata un capolavoro, dunque, cosa è che non ho colto? Lo stesso Goldoni parla di fatti quasi nulli, nell’opera, e della sua sorpresa per il successo che ebbe, pure a MIlano, dove in teoria non avrebbero dovuto capire quasi nulla (per quanto ci sia l’universalità di certi comportamenti. aggiungo).

Poi vabbè Goldoni venne stroncato da certa critica successiva, ma di questo me ne cale esattamente zero.
E dunque? Mah, potrei dire un sei, al capolavoro, ma però so già che l’atmosfera dell’opera è in realtà “un unicum”, e forse in quella sta il suo enorme successo popolare (pure il Premio Campiello prende il nome da questa opera). E una sufficienza è dunque poco.
E allora? E allora un grande boh, sono perplesso e mi perplimo.

Nel 1750?

Già. Un opera teatrale. :thinking:

Sì esatto

Scontata, nel 1750, e magari anche recitata male, con effetti speciali scadenti e colonna sonora abborracciata? Su imd, quanto ha? La critica del 1800 che ne ha detto?

ho letto il deserto dei tartari di dino buzzati, QUI la mia (piccola) scheda :wink:

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Mamma mia, è uno dei top della noia - proprio voluto, eh? Cioè, era l’elogio dell’attesa infinita. Due castagne così, per noi iperattivi con deficit di attenzione.

E pensare che è tanto che vorrei leggerlo…

Alle superiori l’avevo trovato pallosissimo, ma letto qualche anno fa mi è piaciuto molto.
Certo un po’ di magone rimane poveraccio.

E se per caso vi capitasse di passare in qualche forte della valsusa o valli limitrofe vi ritroverete immersi in quell’ atmosfera.

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Di Buzzati consiglio vivamente l’antologia di racconti “La boutique del mistero”. Trentuno perle di invenzione metafisica

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Perché adesso sei vecchio. E quel romanzo, per un vecchio, è perfetto.