L'ultimo libro letto

Neuromante è peggio
(ma si sa che io odio il cyberpunk, lo ammetto…)

Cosa? Questa da te non me l’aspettavo!

Come non te la spettavi… :rofl: ?

Odio la banalità del cyberpunk e penso che Gibson sia l’autore più sopravvalutato di sempre.
Neuromante (complice anche una traduzione criminale della versione che ho letto) ha inoltre dato origine a una serie di banalità da cui non ci siamo più liberati: prima fra tutti il cliché di essere intrappolati nel cyberspazio e affrontare i file come se fossero orchetti… :face_vomiting: o sfrecciare (la colpa qui è anche di quella schifezza di Tron) come corridori tra le directory.
E il peccato originale è l’aver portato a protagonista quello che dovrebbe essere uno strumento

TU PAGHERAI CARO QUESTO AFFRONTO!

Almeno almeno 10/15 euro, il primo pranzo che facciamo insieme…

Si però pensavo nel 1987.
E cyberpunk non era solo la rete e le IA. Erano tante cose, la multinazionali, lon sprawl, la.commistione uomo macchina (dicotomia tra plasmatori e quegli altri.di Bruce Sterling), eccetera.
Se si prende una cosa come l’antologia del cyberpunk scopri che non era neuromancer ma il ponte, johnny mnemonic o spider rose (dio che bello quel racconto!).
Cioè… Si fa troppo presto a dire cyberpunk.

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Meriterebbe thread a parte sul cyberpunk.

Eh sì, penso anche io che ci sia fin troppa “confusione”, o meglio riduzione a stereotipi stupidi, sull’argomento.
Poi de gustibus :clinking_glasses::astronaut::mammoth:

Ordunque, letto un paio di numeri di Lost Tales, la rivista di Letterelettriche , sempre bella succosa. Meglio i racconti dei redazionali, ma molto molto interessante.

Poi finito Alia_anglosfera, il numero dedicato ai racconti anglofoni. Forse l’avevo già letto, ma merita molto. Di certo i racconti non sono per nulla inediti, ma accostare Aragoste di Charles Stross a Mondi Di Papà di Walter Jon Williams, uno pro e uno contro il mind upload, è decisamente stimolante.

Finito anche breve La Bestia Nella Giungla di Henry James, suo capolavoro della maturità (1903) che mi è sembrato così così. Ho grossi problemi con i romanzi del periodo, perché tendoni ad essere una lunga e ritorta su di sé autocontemplazione, una sorta di psicoanalisi tramite metafore ed ellissi e di cui non viene mai quindi detto esplicitamente l’argomento.
La quarta di copertina dice esattamente quello che James (di cui non gradii neanche Giro di Vite, non trovavo suspense neanche col lanternino) dice in 79 pagine (ok una cosa è in realtà l’opposto).
Deve piacere per la scrittura, perché in effetti alcuni passaggi sono belli, ma è una non narrativa. Sono romanzi veramente autocompiaciuti, talmente intellettuali che non si sente nessuna empatia per il protagonista che dovrebbe invece star vivendo una vita di angoscia.
Non stupitevi del successo dei feutillon. Ho preferito molto Joyce ma siamo sullo stesso piano della Woolf.
Ah sto finendo anche Le Onde di Ken Liu. Preparatevi i fazzoletti!!

Non ricordo bene quali libri ho letto di James, ma non mi hanno mai particolarmente colpito.

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Direi che è difficile commentare questo libro. I viaggi nel tempo sono sempre incasinati e la trama ne risente. È un libro da spiaggia e utilizza uno stile bizzarro e irritante.
I continui riassunti dei capitoli precedenti sono assurdità, i lunghissimi monologhi tendono a essere pesanti.
Direi godibile con molti dubbi

Cioè, noioso, incasinato, fatto male ma… godibile?

:thinking:

E ci sono errori.

Un po’ come vedere un un film stupido

Ken Liu è sempre magnifico. I suoi racconti coniugano speculazione spinta (tra cui inquietante sviluppo di Google+facebook+IA assolutamente pervasiva - scritto anni fa e oggi ancora più attuale) e il nostro modo di rapportarci con essi.
Il sentimento che viene esplorato è filiazione diretta, non appicato sopra (ci ritornerò sopra), creando pathos e forte senso dello stupore. Ho la piccola edizione della future fiction, ma ho una raccolta più ampia in inglese.

Letto anche Robot 90, preso a StraniMondi per recuperare a prezzo onesto dei vecchi numeri, carino come al solito, ma si sente sempre la netta differenza tra gli autori italiani e quelli esteri - e i primi difettano di idee e di come maneggiarli al meglio.
La naturalezza con cui all’estero - sarà anche questione di editor? - si sviscerano idee anche realtivamente semplici senza farle apparire banali è encomiabile, la vera bravura è quella trasparente.
Esempio nel racconto lungo di apertura - su una figlia che per clausola di eredità deve rovistare tra le cianfrusaglie della nonna che fu grande prestigiatrice. Cosa sperava che trovasse? Ovviamente qualcosa che farebbe gola a molti, tra cui enti governativi e parenti stretti… Il segreto tanto ambito non è una idea particolarmente originale, ma il racconto è ben fatto e funziona molto bene. Anche il racconto di chiusura Lete di walter Jon Williams (uno dei miei preferiti di sempre) riesce a prendere un tema trito, i cloni, per spostarlo in un versante meno abusato, i cloni di sé. Poi ha creato un universo (letteralmente!) per ficcarci il tutto in maniera naturale e la storia si sviluppo sul dolore personale in una situazione così fatta - leggermente intricata all’inizio ma effettivamente semplice semplice). Ebbene, nulla di forza ma tutto si incastra alla perfezione.

Ecco, il tema del dolore personale e della perdita non è trattato altrettanto elegantemente da Giulia Abbate, che appiccica la questione su uno scenario che poco si amalgama, anzi, è abbastanza pretestuoso in quanto per nulla sviluppato. Si ricrea per cui l’effetto letteratura, dove si scimmiotta il romanzo 800esco di esplorazione dell’intimo delle persone, senza dare però chissà quale scossa al lettore, visto che abbiamo poco modo di empatizzare. Voler fare letteratura a tutti i costi, sparando pensieri “profondi” uno sopra l’altro senza una costruzione solida, è la nostra maledizione.
Poche idee fantastiche e poca managevolezza.
Funzionano meglio i racconti di pura azione, che senza pretese cecano di puntare al lettore, quindi di costruirsi meglio. Ce la fanno, anche senza essere notevoli.

Adesso, Stirpe di Saturno! Grazie @Asimov83 !

Quindi è un praise per gli autori italiani?

Errore mio. Edito il messaggio originale, excusez moi.

Mai una gioia

Mica siamo in gioielleria! Su su animo che mi è appena arrivato (l’ennesimo) volumazzo della serie draghi Mondadori (ora al 20% di sconto) su Kane Di Karl Edward Wagner.
Così ho altri 2kg di libri da leggere

Ho terminato La bottega del caffè, di Goldoni (1750).

Gustosa, ma decisamente inferiore all’altra che avevo letto. Farrginosa pure, nella costruzione; mi pare ci si perda troppo in alcuni dettagli e dialoghi non così fondamentali per l’opera, che pure mi è parsa non imperdibile.
Scopro poi che ebbe un grande successo; mi pare che oggi abbia soprattutto un valore storico, dato che fa bene capire la vita di tutti i giorni della borghesia del tempo. Oltre alla diffusione del caffè, certo, tutti chiedono un caffè, in questa commedia.

Piante che cambiano la mente

Molto interessante

Un giornalista botanico che racconta le sue
esperienze con il papavero, il caffè e il peyote.
Scorazzando tra leggi, storie e assaggi discorre del ruolo delle piante nella società del passato e odierna.
Tutto questo permeato da una divertente ironia.
La storia del caffè è bellissima, devo cercare altri libri in materia.

Sì sì, peccato che ti si veda sempre girare in quel parco di notte dove c’è sempre viavai, altro che librerie