Confermo che è stupido, però come b movie da passatempo si fa anche guardare, dai.
Inside out 2 (2024)
La critica che seguo ha bocciato questo seguito, uscito quasi 10 anni dopo il precedente. Il grande pubblico invece ha gradito (ma meno del primo), così come la critica USA. Per me siamo a metà: il film è caruccio, un sei lo darò, bella l’idea delle emozioni represse che vanno in galera, si lascia vedere e va via rapido, c’è qualche altra bella idea, è iper colorato, ma ci sono varie banalità, alcune poi tipicamente USA o usacentriche. Della storia non dico altro, la protagonista sta crescendo e non svelo nulla dicendo che arrivano nuove emozioni nel suo cervellino. Il film ha fatto furore nei botteghini di tutto il mondo (anche da noi, dove è il quinto maggiore incasso di sempre). Inspiegabilmente, data la qualità del film, questo è al momento l’ottavo maggiore incasso mondiale di sempre. Ma sono molti i record mondiali che ha battuto: dal maggiore incasso dell’anno (finora) al cartone animato di maggiore successo di sempre. E dunque di fronte a costi per 200 milion dollars, che uno dice, beh, tocchiamoci i maroni, gli incassi invece hanno ampiamente superato il miliardo, che dico, “sfiorano” i due, dato che ora è a 1,7 mld circa. Per i premi, lo vedremo direi in gara al prossimo Oscar di settore. Però, potevano anche farlo un po’ più bellino: il primo era DI MOLTO superiore.
Past lives (2023)
Classico film d’essai, per alcuni il migliore del genere per la stagione 23-24, ed è anche incredibilmente andato benissimo nei cinema, tipo in Italia dove arrivò al primo posto delle classifiche settimanali. Potenza del passaparola? Mah, credo di sì, perché racconta una bella storia, nella quale molti magari si saranno immedesimati, e che poi è la storia della regista, quasi pari pari. Bravissimi al solito gli attori, come capita di sovente per i film orientali che finiscono qua da noi; ma va ricordata anche una gran bella regia (ma veramente) e non si dimentichino le musiche, decisamente una colonna portante sonora. La storia è minimalista e nostalgica, parla di questa coreana di 12 anni che se ne va a vivere in Canada, con la famiglia. Attorno ai 24 anni ritrova in chat il bambino coreano che stava sempre con lei, in patria, ora ovviamente cresciuto e diventato un bel ragazzo; poi il tempo passa, si perdono di vista, fanno la loro vita, fino a quando lui viene a trovarla a New York, quando lei ha 36 anni ed è sposata. Un film a cui darò un 7; andò bene al botteghino, come detto, e fu acclamato dal grande pubblico, ma anche dalla critica, se è vero che poi venne candidato all’Oscar per il migliore film (e pure per la sceneggiatura). Interessante.
Personalmente l’ho trovato splendido. Per me sicuramente uno dei migliori dell’anno.
Per molti!
La città incantata di Miyazaki.
Onirico, poetico, ma terribilmente complicato. Servirebbe un vademecum
VR Fighter.
Il trailer inganna: sembrava un incrocio tra Ironman, fanteria spaziale e Terminator, invece è un film d’azione a metà tra una ciofeca alla Bruce Lee e The One (ma the One era fatto bene).
Insomma, se vi va di vedere un picchiatutto, dove la scena più bella del trailer è in realtà la fine del film, con poco di innovativo e tanti morti ammazzati (ma senza quel non so cosa che ha, per esempio John Wick - sarà che quello è stato onesto nel trailer, e da lui te lo aspetti che sia uno sparatutto?), allora anche ok, ma per me questo è da bocciare.
I soliti idioti 3 - Il ritorno (2024)
Dicevo che il duo avrebbe fatto bene a fermarsi al precedente film di oltre 10 anni prima, inguardabile, e lo confermavo a inizio di questo; poi però in realtà andando avanti c’è qualcosa da salvare. Chiaro, nel complesso il film è impresentabile, ma in alcuni momenti è veramente azzeccato e qua e là si sfiora il genio. E’ molto episodico, seppure poi i vari personaggi si intreccino; c’è un forte turpiloquio, che però è spesso divertente; alcuni personaggi funzionano molto, altri meno; insomma darò un 5 ma non meno, qualcosa di buono c’è (alcune cose io invece le avrei tagliate proprio). Stroncato da molta critica nostrana (ma non tutta), è andato bene al cinema, arrivando pure al secondo posto delle classifiche settimanali. Reperibile su Amazon.
Anche no, davvero.
La zona di interesse (2023)
Sandra Huller è una (brava) attrice che istintivamente mi sta sui maroni. Mai vista mai conosciuta, così, una cosa a pelle, non razionale, ma anche se non fosse attrice sarebbe lo stesso, una persona che non mi piace (poi magari la conosci ed è adorabile, chissà). Non aiuta questa mia presa di posizione il fatto che, su due film, l’ho sempre vista fare la parte di persone a loro volta insopportabili. Moglie forse assassina forse no in Anatomia di una caduta, qua è addirittura la moglie egoista del direttore del campo di concentramento di Auschwitz. Una merda di persona, che si appropria con indifferenza dei beni che le arrivano in casa, beni che prima erano di proprietà delle ebree condotte allo sterminio. Che poi, non solo è una merda, ma pure una persona gretta, insignificante, che trova spassoso un tizio che suona la fisarmonica di fronte alle mucche, secondo tutti i clichè del “buon gusto” teutonico. Ma vabbè, la sua parte è fondamentale, ma il film non racconta di lei, bensì della vita quotidiana del comandante del campo, e della sua famiglia, nella loro casa confinante col muro del campo stesso. Che poi, la fai facile a dire che loro vivono in un mondo a parte….un paio di balle, hai sempre un sottofondo in lontananza di grida, urla, spari, cani cha abbaiano…e la sera lui chiude a chiave almeno una decina di porte, prima di andare a dormire. Comunque un punto di vista originale e di qualità sul Male assoluto, il merdume nazista. Bella la regia, bravi tutti gli interpreti, a partire dal protagonista. Il film non è un capolavoro, a parer mio, però è il classico gran film, a cui darò un 8. Spesso poi proprio questi film sull’Olocausto non lo dicono, lasciando una brama di giustizia inappagata….ma poi, che fine fecero ste persone schifose? Per il comandante Hoss ci fu una gran legge del contrappasso: catturato malgrado i suoi tentativi di nascondersi, venne portato a Norimberga e Varsavia e ivi processato. Condannato a morte, nel 1947 venne impiccato e cremato, proprio nel campo di Auschwitz. La moglie ahimè visse ancora a lungo, morì a 81 anni; i figli si dispersero per il mondo e per lungo tempo si rifiutarono di accettare la vera figura del padre. Il film è andato molto bene al botteghino ed è stato osannato dalla critica. A Cannes arrivò di fatto secondo; vinse poi l’Oscar per il migliore film straniero (vinse anche per il sonoro). Molto consigliato, non fatevi spaventare dall’argomento, non è un mattone e anzi va via rapidissimo.
La Segre disse che la zona d’interesse non era assolutamente così ristretta, ma comprendeva una nazione intera se non un continente
C’erano anche persone che, pur non ribellandosi apertamente, cercavano di fare del bene quando potevano. Mio padre ne incontrò un paio quando fu deportato in Germania: una di queste era l’infermiera che sottrasse della penicillina, destinata esclusivamente ai soldati tedeschi, per somministrargliela quando rimase ferito in un bombardamento. Se l’avessero scoperta non le avrebbero dato una medaglia.
La seconda guerra mondiale, così come tutta la storia, ci è sempre stata raccontata attraverso le grandi storie, infatti importanti. Che però si contano sulle dita di una mano.
Ma per lo più, la storia è fatta di piccole cose, che non sono mai raccontate e non vanno oltre i figli e i parenti. Piccole cose, come l’infermiera che ruba la penicillina, o la moglie del gerarca che sfoggiava le cose rubate agli internati.
È consolante sapere che a volte queste aprire arrivano oltre la stretta cerchia di persone. È triste sapere che la maggior parte saranno dimenticate con i nomi dei loro protagonisti.
Mentre scrivevo questa frase, mi sono venuti in mente i soldati russi che rubavano le lavatrici degli ucraini.
Qui si fa la storia, compagni.
Mi hai fatto venire in mente che alle elementari quando ci spiegava l’economia dell URSS con piano quinquennale e compagnia bella la maestra ci diceva “per esempio le lavatrici le fanno tutte qui, le auto le fanno tutte la … Ecc ecc”
Sì, purtroppo io ho perso troppo presto mio padre, a 12 anni, quindi tante cose non le conosco o non le ricordo; in parte mi sono state riferite dai fratelli maggiori. Tra quelle che ricordo, comunque, ce ne sono alcune che forse avrei preferito non conoscere. Deve essere uno dei motivi per cui tendo a evitare film violenti.
Comprendo molto bene. Ho lo stesso vissuto con mio nonno.
Ho sempre avuto.una gran stima di lui, ma ci sono sempre state delle.ombre, specie per quello che probabilmente era successo in guerra, quando ai trovava in Africa. Sebbene lui fosse dattilografo del generale, so che ci sono cose che non raccontava.
Vorrei conoscerle, ma per fortuna o purtroppo non so, non è più possibile.
In guerra per amore (2016)
Pif, Pierfrancesco Diliberto, è un bravo personaggio televisivo ma non solo, autore, attore, etc…spesso ha fatto cose carine che mi sono visto. Questo suo film è di qualche anno fa e mi era sempre scappato, è rintracciabile su Raiplay. Si narra di come lui, innamorato di una ragazza di origini siciliane (come lui) a New York, ma povero in canna, vada fino in Sicilia per chiedere la di lei mano al padre, e per andare nell’isola non gli rimane che arruolarsi nell’esercito USA, dato che siamo in piena Seconda Guerra mondiale. E’ di certo una commedia, con vari momenti riusciti (altri meno), c’è pure qualche citazione e qualche omaggio (vedi la celebre foto di Robert Capa); ma è anche una denuncia, a modo suo, di come gli Stati Uniti consegnarono la Sicilia alla Mafia, al tempo. Non tutto funziona perfettamente, qualche scenetta neppure, ma è leggero, si fa guardare volentieri, ha una storia gradevole e dei bei personaggi, pure. Per me, promosso con un 6,5. Se capita, una visione ci sta.
Del film ricordo le polemiche italiane suscitate dall’uscita della Ferilli, sul fatto che avesse vinto l’oscar a discapito di Io, capitano.
La Ferilli, per spiegare la sua uscita, citava in seguito la recensione del film di Paolo Mereghetti
Proprio questa recensione, o meglio su affermazioni tipo
La banalità del male, verrebbe da dire, ma senza sapere che cos’è il «male» rischia di restare solo la «banalità».
mi aveva lasciato abbastanza sconsolato, come se al giorno d’oggi fosse necessario, raccontare ancora nei dettagli l’olocausto, o più in generale il male, invece che evidenziare l’indifferenza che domina intorno.
Basta guardare un telegiornale per capire come il problema non sia tanto “il male” quanto l’indifferenza o l’ignoranza con cui la gente lo vive
Siamo anestetizzati dal male, salvo scandalizzarci a comando quando fa comodo.
La cosa peggiore però non è che non siamo più reattivi alle cose “grandi” (ammazzano bambini nel paese X? pazienza), né alle cose medie (hanno rapinato tizio in stazione? forse non avrebbe dovuto andare in stazione con l’orologio d’oro), ma alle cose piccole (il compagno di mio figlio è isolato? beh, impari a integrarsi).
Questo è sintomo di un pressocché totale annullamento della nostra empatia. Significa che la società, non quella che ha colpa di tutto né quella invocata dagli intellò del momento, ma quella su cui si reggono le istituzioni civili, è in crisi profonda.
Non bisogna quindi stupirsi (scandalizzarsi si, stupirsi no, la strada è quella) se un diciannovenne decide di rapinare un passante, così, perché non sapeva che fare, e lo uccide.