L'ultimo film che hai visto

American Fiction
Candidato ad Oscar e Golden Globe come miglior film (commedia) e miglior attore protagonista.
Ottima commedia intelligente con una certa tendenza al dramma, racconta la storia di uno scrittore di colore “impegnato”, che per provocazione prova scrivere un romanzo stilisticamente “di colore”, ottenendo un grande successo.
Disponibile su PrimeVideo.

Il testimone invisibile, remake italiano dell’ottimo Contrattempo (2016).
Avendo voglia di vedere un thriller, mi sono buttato su questo che avevo in lista su netflix.
Per tutto il tempo ho avuto la sensazione di averlo già visto, anche se era diverso dai ricordi. Alla fine ho cercato in rete per vedere se era un remake ed risolto il mistero :smiley:
Nel complesso un film guardabile, ma inferiore all’originale.

Tra i film del passato che andiamo ripescando, qualcuno di voi ha recuperato “Un maledetto imbroglio” (1959) di Pietro Germi?
@Tobanis?

Rielaborazione di “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Gadda, è un film che sarebbe riduttivo definire un semplice giallo (il protopoliziesco italiano, come qualcuno l’ha definito), ma un vero film d’autore, che ritrae uno spaccato della società dell’epoca con personaggi a cui dà vita un ottimo cast.

Generalmente in televisione lo passano in orari assurdi, così l’ho ripescato su YouTube.

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Visto pochi anni fa(credo che sia disponibile su Rai Play)

Pare di no:

Negli ultimi passaggi notturni era su reti Mediaset.

hai ragione… peccato. In genere hanno le versioni restaurate

Ricerca - RaiPlay

Stasera passavano “Father and son”, di Koreeda su Tv2000. Film discreto, ma del regista giapponese continuo a preferire “Little sister”. :slightly_smiling_face:

Devo dare un’occhiata a Maborosi (Maboroshi no hikari) quando mi sento dell’umore giusto, è su YouTube coi sottotitoli inglesi:

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Tra gli anime che ho ripescato ultimamente c’è Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento (2010) dello studio Ghibli, basato su The Borrowers dell’autrice inglese Mary Norton; sceneggiatura di Miyazaki.

Da Wikipedia:

La storia è ambientata a Koganei, una città alla periferia ovest di Tokyo e si svolge nel 2010.

Arrietty ha quasi 14 anni ma non è una ragazzina normale. È infatti un esserino alto non più di dieci centimetri e appartiene alla razza dei prendimprestito; vive con la sua famiglia, composta da sua madre Homily e dal padre Pod, sotto il pavimento di una grande casa di campagna, dove i “grandi” umani sono inconsapevoli della loro presenza. La famiglia di Arrietty si nutre degli scarti degli umani ed è solita “prendere in prestito” (per così dire) gli oggetti d’uso comune lasciati in giro o dimenticati, che quindi “spariscono” misteriosamente, per poi essere riutilizzati in modo creativo dai prendimprestito nella loro vita di tutti i giorni.

La vita della ragazza cambia improvvisamente quando nella grande casa viene ad abitare Shō, un ragazzo della sua età che deve trascorrere un periodo di assoluto riposo prima di un’importante operazione al cuore a cui deve sottoporsi di lì a qualche giorno. Al suo arrivo nella vecchia casa dove la madre ha trascorso l’infanzia, Shō riesce a scorgere Arrietty nel giardino mentre lei si nasconde dietro una pianta. Tra i due, dopo l’iniziale diffidenza, si fa strada la curiosità reciproca che diventa, poco a poco, un profondo legame che va al di là della semplice amicizia, nonostante le differenti dimensioni ed il divieto di farsi vedere dagli umani imposto ad Arrietty dai genitori.

A mio avviso si poteva trarne una serie, o almeno una mini-serie (no pun intended): così com’è il film è carino, ma lascia un po’ insoddisfatti.

Voto medio su IMDb: 7,6.


Altro film visionato è Miyo (2020), cui mi sono interessato per le presenze “feline” anche se non ero esattamente il target di riferimento di quest’opera.

Durante una fiera una ragazzina, Miyo, incontra un misterioso e ambiguo gattone che le dona una maschera felina che le consentirà di trasformarsi in gatta ogni qual volta lo desidera, e attirare così l’attenzione del ragazzo che le piace. Ma, ovviamente, c’è un prezzo da pagare…

Voto medio su IMDb: 6,7.

Le Verità
Film francese di Kore’eda che mi ha abbastanza deluso; tendenzialmente piatto, decisamente al di sotto degli standard a cui mi ero abituato con i suoi film.
Disponibile su raiplay, racconta del rapporto tra una attrice ormai anziana e la figlia.
Gli elementi per un film interessante ci sono anche, il parallelo tra il film (di fantascienza) che la madre sta girando e la vita reale, il modo di vivere la vita dell’attrice, le dinamiche intergenerazionali tra privato e lavoro.
Il problema che ho trovato una certa tendenza a lasciare tutto troppo abbozzato.

Ferrari su primevideo.
Più che un film su Enzo Ferrari si riduce ad un film sull’ultima Millemiglia del 1957 la relativa Tragedia di Guidizzolo, con alcune “incursioni” nel privato dell’uomo Ferrari.
Film carino, non molto di più.

Gran Turismo su primevideo.
Temevo una boiata colossale invece è un bel film, che mixa sport e esport.
Parte da come vengono sviluppati i videogiochi di auto e da li racconta la storia di Jann Mardenborough pilota di esport che passa alle auto vere e riesce a raggiungere un podio nella 24 ore di Le Mans.

Quando Dio imparò a scrivere su netflix.
Giallo spagnolo tratto un bestseller di Torcuato Luca de Tena.
Un investigatrice si fa ricoverare in un manicomio per indagare su un suicidio sospetto… ma non tutto è come sembra.
Dopo una parte introduttiva, il film avanza a colpi di cambio di prospettiva, purtroppo trascurando un po’ la narrazione.

My Name is Loh Kiwan
Storia di un disertore nord coreano, che fugge prima in Cina e poi in Belgio, dove dovrà sopravvivere mentre aspetta l’esito della richiesta di asilo.
L’incontro con una ex atleta di orgini coreane in crisi esistenziale, cambierà le loro vite.
Il film è discreto, non riesce ad avere la leggerezza della storia d’amore, ma neanche la crudezza del dramma, risultando così un film che manca di una “personalità” definita.
Classico film da streaming che può essere visto da molti, senza però soddisfare pienamente nessuno.

Un amore sopra le righe
Racconta la storia d’amore lunga 45 anni tra Sarah e Victor Adelman.
Commedia allegra e un po’ politicamente scorretta, che punta più sull’aspetto satirico, che su quello romantico, con colpo di scena finale.
Piacevole.
Credo di averla vista su primevideo.

Recuperato “La collina dei papaveri” (2011), dello Studio Ghibli (Miyazaki figlio). Racconta di due adolescenti - un 17enne e una 16enne - nella Yokohama del 1963 che, “conosciutisi casualmente, stringono una fortissima amicizia che li porterà a scoprire alcuni segreti del loro passato.” (Wikipedia)
Carino, delicato, adatto a una serata tranquilla.

Voto su IMDb: 7,4

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The equalizer 3 (2023)

E riecco il tremendissimo Denzel Washington, formidabile come “vendicatore” e a riparare i torti altrui. Terzo episodio, massacrato dalla critica italica, è in effetti il minore del mazzo, anche se poi lui è sempre lui, l’”equalizzatore” che fa fuori i cattivi, i quali in fondo se lo meritano ed era ora. In questo film è però il resto che manca, e spesso si scivola nella comicità involontaria. E’ ambientato in Italia, ma l’Italia che si immaginano in USA, un Paese inesistente, totalmente falso, direi quasi scemo. Scene top, quando lei dice a lui, vieni, lascia stare la merda che mangi di solito, ti porto a mangiare come mangiamo noi, qua, la famosa cucina italiana, no, poi siamo in Campania, campa cavallo….invece no, la coppia scorre vari posticini splendidi, ristorantini dove uno si fionderebbe, non degnandoli di uno sguardo, fino a che lei, soddisfatta, si ferma….dal kebabbaro!!! Ora, il kebab o kebap è buonissimo, certo, ma che cazzo c’entra? Ma non è finita, perché, beffa delle beffe, un pescatore si offre di preparare ai due idioti un polpo da poco pescato, e loro no, come dire, non siamo mica due turisti sprovveduti che inculi a destra e manca. Una scena veramente ributtante, chi l’ha scritta dovrebbe fare altro, nella vita. Non è l’unica stronzata, ce ne sono altre, tipo tutto il paesino che si schiera in difesa del Nostro, a un certo punto, e infatti il film è da 4, o massimo un 4/5, perché comunque le scene di azione ci sono e sono belle toste. Il film fu secondo negli incassi settimanali italiani, segno che il suo pubblico ce l’ha, certamente sarà rimasto sconcertato da questo terzo episodio, speriamo meglio per un eventuale 4, ma Denzel, ormai prossimo ai 70 anni, ha saggiamente detto che si chiama fuori. Nel mondo il film è andato bene, ma dei tre è quello che ha incassato meno.

Killers of the Flower Moon (2023)

Ogni tanto c’è voglia di comfort zone, di film dove vai sul sicuro, e cosa più sicuro di un film diretto da Scorsese con De Niro e Di Caprio? C’è qualche possibilità che ne venga fuori una cagata, o anche una delusione? Improbabile, a essere pessimisti. Impossibile o quasi, a essere realisti. E infatti qua ci siamo. Film bello lungo, sulle 3 ore, ma che non pesano. Classico bel filmone, classico voto 8, classica bella storia che è giusto che qualcuno racconti, e se è Scorsese, meglio.
La stessa storia è ora abbastanza nota, i vari nativi americani sono stati via via sempre più inculati dal Governo bianco, è Storia, costretti in riserve che già il nome è brutto, ma, guarda il culo o la sfiga, in questa particolare riserva indiana si scopre che c’è petrolio a fiumi. Gli indiani proprietari diventano ricchi o, meglio, ricchissimi. La storia è vera e riguarda una parte dell’Oklahoma degli anni Venti. Legalmente i bianchi non possono fare nulla, se non definire gli “indiani” come incompetenti a gestire tale ricchezza e obbligarli ad avere un tutore (bianco, ovvio), solitamente un delinquente. Ma c’è di peggio, nel film, dato che De Niro (cattivo come non mai, una personificazione del Male) uccide o fa uccidere vari “indiani”, cercando di ereditare o fare ereditare le loro proprietà, in un gioco di scatole cinesi, con delitti a volte subdoli, a volte palesi. Fino a che la puzza di bruciato sale troppo e si farà vivo l’FBI. Il film è molto bello, Di Caprio coraggiosamente ha scelto di fare la parte di un coglione (mentre in origine pare dovesse fare quello dell’agente FBI); tutto il cast è in stato di grazia, compresa quella che è sua moglie nel film, la nativa Lily Gladstone, poi arrivata a un passo dall’Oscar (battuta da Emma Stone), ma come attrice protagonista, che poi tanto protagonista boh, non mi pare, ma vabbè, e comunque il Golden Globe l’ha vinto. Il film ebbe molte altre nomination agli Oscar, ma fece 0 su 10. Grande plauso della critica, piaciuto molto al pubblico, ma disastro al botteghino, dove gli incassi non malvagi nulla hanno potuto sugli enormi costi. Ora è disponibile su Amazon.

C’è ancora domani
Grande successo del cinema italiano di questi ultimi mesi, che, almeno per me, si rivela una mezza delusione, almeno rispetto alle aspettative create.

Il film è carino, ci sono momenti divertenti, però ho avuto la sensazione che a tratti mancasse un po’ di continuità, con scene piazzate ad arte per mandare il messaggio.
Anche il finale, bah, ok al senso, però a posteriori visti i risultati … ma qui si esula dal film e si va sui giudizi personali.

Al fine un buon film, a tratti divertente, volendo anche originale nel modo in cui viene realizzato, ma che rimane lontano da quel capolavoro che stampa e pubblico sembrano descrivere.

Il giardino delle parole (2013)

È un anime che aveva buone carte da giocare: ambientazione, atmosfere, gli stessi protagonisti, ma la breve durata (46 min) e il climax emotivo troppo calcato lasciano un po’ insoddisfatti; un’impressione condivisa, a quanto ho letto, da parte della critica. Su IMDb si difende con un dignitoso 7,4.

The first slam dunk (2022)

Questo film ha catturato la mia attenzione a causa dei gran voti che aveva su IMDB e pure sulla rivista FilmTv. Fu vera gloria? Mah, mi pare di capire che fu gloria per i cultori del manga “Slam dunk”, uscito a suo tempo negli anni ’90, e che non ho mai seguito. Il manga ebbe un gran successo, con seguito di videogiochi, serie tv, etc…, fino a questo film a cartoni animati (peraltro, disegnati molto bene).
Da “non fan” di tutto ciò, ho probabilmente apprezzato meno il tutto. Non mi ha entusiasmato la tragica “giapponesità” della storia, nella quale il protagonista perde ovviamente, si fa per dire, padre e fratello maggiore. Ma neppure mi ha esaltato il fatto che si parla di basket giapponese, perché, con tutto il rispetto, non è che il Giappone a basket sia questa superpotenza, neppure a livello asiatico. E l’unico giocatore giapponese che mi viene in mente è Hachimura, un buon giocatore (buono a livello NBA, dunque, ottimo). Questo per dire che, dato che nel film si gioca tanto a basket, non sono tanto le azioni che risultano depotenzianti (anzi, sono buone, con una bella regia), quanto ad esempio le reazioni di chi assiste, giocatori compresi, che sono invece spesso ridicole. Io nel complesso sono comunque per una sufficienza, la storia è in definitiva quella sempiterna dell’underdog che, contro ogni pronostico, alla fine ce la fa, ed è una storia solitamente vincente. L’opera fu addirittura terza in Italia, per gli incassi settimanali, tanto da costringere i gestori a fare rimanere il film in sala più del previsto (che era quasi zero). In Giappone ha avuto un successo enorme, ma in generale è andato bene in tutto il mondo, anzi benissimo, segno che la serie ha fan ovunque.

Io ho iniziato a guardare Time of Eve, anime del 2010 tratto da una serie dell’anno precedente, ma per ora non sono andato oltre la prima mezz’ora; forse anche perché devo guardarlo coi sottotitoli ed è molto dialogato.

In un futuro non troppo lontano, gli androidi sono entrati nell’uso comune. Rikuo Sakisaka, che ha dato per scontati i robot per tutta la vita, un giorno scopre che Sammy, l’androide di casa, si comporta in modo indipendente e va e viene da sola. Trova una strana frase registrata nel suo log: “Ti stai godendo il Time of Eve?”. Insieme al suo amico Masakazu Masaki, segue i movimenti di Sammy e scopre un caffè insolito, appunto il “Time of Eve”, dove umani e androidi si mescolano senza rivelare la loro natura.

Voto 7,2 su IMDb.

Intanto ho rivisto - sottotitolato - Kiki (1989) dello Studio Ghibli, con gran piacere. :slight_smile:

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miaoooooooo

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Conclusa la visione di Time of Eve, con un po’ di cocciutaggine. Sì, perché può risultare un po’ lento e non molto originale per i frequentatori abituali della fantascienza, pur tentando di aggiungere qualche nuovo tassello alle riflessioni su vecchi temi.
Non è sempre facile ricostruire gli eventi che precedono quanto narrato nel film, come pure alcuni dettagli di quello che ci viene mostrato (per approfondire è necessaria la lettura della pagina di Wikipedia/en, ma solo dopo la visione del film).
Non è un anime che mi sentirei di consigliare, ma leggendo in giro vedo che il bar di Eve ha avuto i suoi estimatori, e qualcuno avrebbe anche voluto un sequel.

Hotarubi no mori e - Into the Forest of Fireflies Light (2011)

Un mediometraggio (45 min) molto giapponese per temi e folklore.

racconta la storia di una bambina di sei anni di nome Hotaru Takegawa, che si perde in una foresta abitata da uno spirito della montagna e da yōkai (strane apparizioni del folklore giapponese). Viene ritrovata da un’entità mascherata e simile a un essere umano di nome Gin, che informa Hotaru che scomparirà per sempre se verrà toccato da un essere umano. Gin conduce quindi Hotaru fuori dalla foresta. La bambina torna a visitare Gin nella foresta nei giorni successivi e i due diventano amici nonostante le limitazioni alle loro interazioni. Anche se alla fine dell’estate deve lasciare Gin per tornare in città e ai suoi studi, Hotaru promette di tornare a fargli visita ogni estate.

Con il passare degli anni, Gin invecchia appena, mentre Hotaru matura fisicamente e si avvicina all’apparente età di lui.

Con le conseguenze sentimentali facilmente immaginabili…

Voto medio 7,8 su IMDb, successo di pubblico e di critica.

Per me, evitabile. Cosa dicevo nell’altro thread della tristezza di troppe opere giapponesi? :sweat_smile:

Mi sto rifacendo con una serie più scanzonata appena uscita. Ne parlo nel thread apposito.

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Doggy style - Quei bravi randagi (2023)

ATTENZIONE, questa recensione è dedicata a un pubblico adulto e non è adatta ai minori o a chi si ritiene offeso leggendo volgarità.

A volte escono dei film, solitamente ributtanti, dove i cani sono i protagonisti, e pure parlano. Non mi riferisco ai cartoni animati, proprio ai film, con cani veri, che con la computer graphic vengono fatti parlare muovendo in qualche modo le loro fauci, a tempo con quello che dicono. Ben venga dunque questo film, volgarissimo e sboccato, demenziale e impietoso, pertanto, molto divertente, in cui i protagonisti sono sempre dei cani, ma parlano come gli umani, dunque, una marea di parolacce, doppi sensi, situazioni volgari. Il protagonista è un cagnolino il cui padrone, uno sfaticato nullafacente, non è il migliore padrone del mondo, come crede lui, ma una merdaccia, che cerca invano di abbandonarlo, finchè vi riesce lasciandolo a qualche centinaio di km di distanza. Il piccolo cane ne conoscerà presto un altro, randagio, che gli spiegherà la vita dei cani sena padrone, e gli presenterà altri due cani, un alano e una australian sheperd (simile al collie). I tre amici aiuteranno il protagonista a tornare a casa, dove lui è deciso a “strappare l’uccello a morsi” al suo padrone. Ne succederanno di ogni, durante il percorso. Nelle ultime scene, finalmente l’alano e la australian sheperd coroneranno il loro amore, alla cui vista un vecchietto sulla panchina commenterà “Mi ricorda quando ero giovane”, ma l’altra vecchietta sulla panchina dirà “Lei si scopava i cani?”. Il film è tutto così, impresentabile, volgarissimo, a volte geniale, spesso divertente. Per me, un 6/7, fu solo nono negli incassi settimanali italiani e anche nel mondo andò da schifo. Curioso che il titolo originale fosse “Strays”, cioè randagi, mentre in Italia è uscito con un titolo molto più volgare (“doggy style” si può tradurre come “alla pecorina”).

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Un film con un titolo a doppio senso (letteralmente “nello stile canino” ma ammiccando appunto “alla pecorina”), è tutto un programma.
Comunque non fa per me, la volgarità mi ha parecchio stufato.