Morfologia della fiaba (Newton 1992)

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Questo è un argomento di discussione collegato all'originale su: https://archividiuruk.wordpress.com/2022/12/26/morfologia-della-fiaba-newton-1992/

Incredibile, l’ho letto da giovane e ricordo persino qualcosa. Tipo che era una gran cagata: in pratica, l’autore voleva ridurre qualsiasi romanzo a un insieme di regole per cui, data una qualunque storia, si sarebbero ritrovati n elementi (di un insieme n*x, cioè molto più grande), mischiati in un ordine che era dato dalle permutazioni possibili degli enne elementi pescati. Alla fine, anche casaccio, per dire, prima di scrivere il racconto, ma - lapalisse - a percorso unico poi.

L’unica cosa a cui potrebbe servire è per catalogare le opere in modo alquanto asettico, basandosi esclusivamente sugli eventi che accadono. Tipo:

Allontanamento. L’eroe o un membro della famiglia lascia la sicurezza dell’ambiente iniziale
poi
Delazione: Il cattivo riceve delle informazioni sull’eroe o sulla vittima
poi
Danneggiamento o Mancanza: Il cattivo causa un danno /fa del male ad un membro della famiglia
poi
Acquisizione oggetto magico. L’eroe acquisisce l’oggetto magico
poi
Lotta: L’eroe e il cattivo hanno uno scontro
poi:
Vittoria: il cattivo è sconfitto

ce ne sono tanti di più, ma per dire: se quanto sopra fosse relativo a Taron e la pentola magica (edizione Disney per bimbi dai 5 ai 7 anni) o a Il Signore degli anelli (quello per tutti, ma di più per gente adulta), non farebbe alcuna differenza, come non farebbe differenza se fosse stato scritto con mano sopraffina o da un incapace cerebroleso.
Utilità molto, molto dubbia.

Guarda, non ti sei perso niente.

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C’è anche il “mono-mito” di Joseph Campbell, anche in quel caso il rischio è di semplificare e generalizzare troppo.

Sì, ma scommetto che non è arrivato a sintetizzare dei racconti così:
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Cioè, dai: a cosa serve?

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Ecco.

Grande, il Capitano!

Mi spiace ma serve a molto. Il fatto che non ti prenda, e ci sta come per tutte le specializzazioni, non significa che altri non ne traggano qualcosa.

Serve a schematizzare l’andamento di una storia appunto indipendentemente dal tipo, dall’anno e via dicendo. Serve a vedere lo scheletro dietro il costume.
Con un metodo del genere si vede ad esempio che li schema di Guerre Stellari è quello di una fiaba (o un fantasy) perché l’andamento è quello.

Mentre prima si guardavano le storie per come si presentavano, adesso invece si guarda quel che accade, spogliando del costume. Non è più importante quale fiaba, romanzo, racconto, perché non si nota più quello ma le ricorrenze e le combinazioni e la frequenza ecc.
L’obiezione del tipo vi sta tutta, se cerchi una cosa diversa ma lo strutturalismo è il fondamento assoluto della critica moderna.

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Sono state fatte, nel frattempo, molte critiche allo strutturalismo (quello di Propp è stato anche definito Formalismo).

È come se, analizzando la musica, si «scoprisse» che ogni composizione è fatta di sette note, ma con questo non spieghiamo niente della musica, la banalizziamo soltanto: perché il punto è scoprire e gustare come le sette note si combinano fra loro, creando armonie e/o dissonanze.

Le critiche esistono sempre per tutto, ovviamente, ma questa mi pare molto povera.
Immagina di avere una valle con 100 paesi diversi. Ogni paese suona uno strumento diverso e gli etnologia tutti a dire, questo è diverso da quello e così via. Poi arriva uno e dice, no guardate che togliamo lo strumento la.melodia è identica. C’è una continuità e una uniformità di linguaggio che non si nota a prima vista.

Non è banalizzare ma vedere oltre le apparenze, cosa che più vado avanti (e queste metodologie mi venivano insegnate alle elementari, tanti che si dice che è un tipo di analisi che ha già detto tutto) meno noto che viene compreso ed usato.

Ripeto l’esempio più lampante di tutti: Guerre Stellari è Fantascienza? Se si guardano i costumi, sì. Se si guarda la struttura,no.
È banale? Ti direi che nessuna persona a cui ho fatto la domanda ha saputo darmi la risposta così banale.

C’è stata tutta una discussione tra Propp e Lévi-Strauss, senza contare quello che è venuto dopo. Credo che il problema sia voler ridurre tutto a una scienza esatta (o quello che vi si avvicini di più); non lo è. Poi, per carità, se uno lo trova utile o ci si diverte, buon per lui.

Ok non ricordavo le obiezioni di Levi-Strauss perché ho studiato da solo e anni fa, ma diciamo che sono più distinzioni e precisazioni, che usano le.idee di Propp come “trampolino”

Questo per dire che storicamente non è stato semplicemente un “massì, se ci trovi qualcosa, fai pure”. È stato un metodo di analisi importantissimo che ha dato e dà ancora molto.

Dal saggio qui sopra

Di particolare interesse è la discussione delle idee di Veselovskij. Secondo questo autore il tema è scomponibile in motivi ai quali esso aggiunge solo un’opera unificatrice, creatrice, per integrare quegli elementi irriducibili che sono i motivi. Ma in tal caso, osserva Propp, ogni frase costituisce un motivo e l’analisi delle favole deve essere spinta ad un livello che oggi chiameremmo «molecolare». Tuttavia nessun motivo può essere considerato indecomponibile, poiché anche un esempio semplice come «un drago rapisce la figlia del re» comprende almeno quattro elementi ciascuno dei quali è sostituibile con altri («drago» con «stregone», «turbine», «diavolo», «aquila», ecc.; «ratto» con «vampirismo» o «le diverse azioni che nella favola provocano la scomparsa», ecc.; «figlia» con «sorella», «fidanzata», «madre», ecc.; infine «re» con «figlio del re», «contadino», «pope*»,* ecc.3 Otteniamo cosi delle unità minori dei motivi e prive, secondo Propp, di esistenza logica indipendente. Se ci siamo arrestati su questa discussione è perché in questa affermazione di Propp, vera solo a metà, sta una delle principali differenze tra formalismo e strutturalismo. Su di essa torneremo più avanti.
A Joseph Bédier Propp riconosce il merito di aver distinto nelle fiabe popolari fattori variabili e fattori costanti. Gli invarianti rappresenterebbero le unità elementari. Tuttavia Bédier non ha saputo definire in che cosa consistano questi elementi.

Comunque ribadisco, è roba complessa, non divulgativa e può non interessare minimamente. Lo trovo del tutto normale e comprensibile.

Mah.

Io ho sempre odiato i classificatori, a partire da Aristotele.

Ora, è indubbio che, se ti serve catalogare, un sistema alla propp può anche farti comodo. Resta che l’asserire che Guerre stellari sia Fantasy e non Fantascienza è quantomeno discutibile, perché ha elementi dell’una e dell’altra, tra l’altro mostrando proprio uno scontro fra i due mondi. E qui cade proprio mr Propp, insieme a tutti i classificatori sterili: stabilisce che Star Wars è un Fantasy per “la struttura”. Che pagliacciata.

Poi, uscendo da un salto nell’iperspazio, gli entra un caccia stellare in casa e lui cerca di distrarlo ricordando che l’eroe deve sì compiere la sua missione, ma un po’ più in là e, di preferenza, in compagnia di uno hobbit…

ps

Dici? A me tanto complesso non pare. Palloso, semmai, e per questo non divulgativo(*). Infatti l’ho studiato ai tempi, insieme a tante altre cose, e l’ho dimenticato volentieri. Cioè, persino Pavlov era più avvincente.

(*)
Che poi: catalogare e analizzare (anche) le strutture (alla fine: schematizzare) sia importante, non ci piove: serve per studiare, ricordare, capire differenze e similitudini che altrimenti non si coglierebbero. Alcuni di noi hanno passato la vita a fare schemi di libri per superare esami e interrogazioni - certo, non col sistema di Propp,ma un sistema ce lo siamo inventati tutti. Un metodo è meglio di nessun metodo, e anche quello di Propp può andare, a seconda di quel che si deve indagare.
Però, ripeto: ogni volta che schematizzi qualcosa, finisci per lasciar fuori degli aspetti. Col metodo di Propp applicato alle storie cosa lasci fuori? Sciocchezze come lo stile, la morfologia della scrittura, la ricchezza o la banalità di quella, lo spessore dei personaggi, la qualità delle descrizioni, l’originalità o meno degli stessi eventi descritti (che non è che le sfide dell’eroe siano tutte uguali, no? E nemmeno la psicologia dei personaggi e il loro modo di interagire). Per cui un libro della saga di Harry Potter scritto dalla Rowling potrebbe valere tanto quanto un episodio dell’ape maia scritto da un cinese o da un indiano a cottimo, e tradotto alla membro di segugio da uno studente di terza media. Oppure la compagnia dell’anello essere pari alla compagnia dei Celestini - sempre squadra facevano, no? E magari il portiere di questi ultimi gridava all’attaccante “tu non passerai”, come un Gandalf qualunque. Ecco, c’ha ragione Propp: il Signore degli Anelli, la Compagnia dei Celestini - stessa roba.

Ahia, se è questo che hai capito, penso di fare prima a smettere di discutere…
No, Propp e Levi-Strauss dicevano una cosa diversa, molto diversa.

E se pensi che il metodo sia poco valido perché non guarda:

Sciocchezze come lo stile, la morfologia della scrittura, la ricchezza o la banalità di quella, lo spessore dei personaggi, la qualità delle descrizioni, l’originalità o meno degli stessi eventi descritti (che non è che le sfide dell’eroe siano tutte uguali, no?

Ti direi che o non mi so spiegare (e non riesce neanche a farlo il documento linkato sopra, che è parecchio tosto ma per te che lo trovi banale non dovrebbe essere difficile) o c’è poca voglia di capire. Servono due monologhi? Non credo.

Comunque, per fare un esempio scemo, se ti vedessi uno che ti spiega come cambiare la ruota di una bici gli obiettieresti che tralascia la marca della bici, i tipi di gomma, la qualità del produttore degli strumenti e l’eleganza del movimento del polso.
Si dice che quando il saggio indichi la luna, lo sciocco guardi il dito :yum:

Conoscevo lo strumento di Propp attraverso alcune declinazioni. Ho sempre pensato che fosse uno strumento utile e interessante, ma non lo strumento assoluto. A mio modesto parere non esiste lo strumento assoluto e non credo che esisterà mai. In ogni caso può essere un ottimo vademecum per la critica letteraria, non tanto per cercare modelli coerenti con lo schema quanto per trovare chi si avventura in strade impreviste e sfugge alla classificazione

Dal tuo link, @Fedemone

Siano gli enunciati:

  1. Il re dà ad un suo prode un’aquila. L’aquila lo porta in un altro regno.

  2. Il nonno dà a Su?enko un cavallo. Il cavallo lo porta in un altro regno.

  3. Lo stregone dà ad Ivan una barchetta. La barchetta lo porta in un altro regno.

  4. La principessa dà ad Ivan un anello. I giovani evocati dall’anello lo portano in un altro regno.

Questi enunciati contengono delle variabili e delle costanti. I personaggi e i loro attributi cambiano, non così le azioni e le funzioni. Le favole popolari hanno la proprietà di attribuire azioni identiche a personaggi diversi e sono esse gli elementi costanti su cui ci si può fondare purché si possa dimostrare che sono in numero finito.
(…)
Per definire le funzioni, considerate come le unità costitutive della favola, bisognerà innanzi tutto eliminare i personaggi, che servono soltanto a «sostenere» le funzioni. La funzione sarà indicata semplicemente da un nome di azione: «divieto», «fuga», ecc

Puoi girarla come vuoi e dire che non so null, non faccio nulla, sono ignorante e non capisco niente, ma ricordavo esattamente questo:
Via i personaggi, via i sentimenti, via i paesaggi e giù a riassumere in “funzioni”, per cui quel che rimane di un racconto, non importa con che spessore venga narrato, è qualcosa come questo:

Utilissimo come sintesi per ricordarsi come si dipana il racconto.
Perfettamente inutile per sapere se meriti anche di essere letto o meno.

Ma sono passati oltre 35 anni da quando l’ho studiato (e, dopo quello, tanti altri), magari non dicordo bene e lo sto banalizzando: tu che sei più fresco di studi e meno rimbambito, aiutami a ricordare: da cosa si ricava, dopo l’analisi secondo il modello di propp, che un libro sia ricco, ben scritto e articolato, o all’opposto sia scadente, inutmente circonvoluto, con personaggi senza catattere e, in definitiva, faccia pena?

No, serve a comprendere su grossi volumi di racconti, le congruenze e le divergenze, la genesi e le varianti. Nonché comprendere se esiste una affinità a eventi storici. E questo riguarda l’etnologia, ad esempio.
Poi c’è l’analisi sul racconto specifico ma è una cosa diversa e si può usare come accessorio alla critica letteraria, senza impegno.

Perfettamente inutile per sapere se meriti anche di essere letto o meno.

Esatto. Come sapere il colore della bici non serve per cambiare una gomma.
Se vuoi guardare qualità del racconto, personaggi profondi e via dicendo, usa un altro metro perché questo ha finalità del tutto differenti.
Mentre la critica si è sempre soffermata su certi parametri, come appunto quelli che citi, Propp si fissa su altro con altri fini. Il concetto di fabula e intreccio, ad esempio, vengono da questo tipo di studi e non riguardano “la bontà” del racconto ma estraggono il filo conduttore e la divergenza da esso.

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Effettivamente la critica letteraria non penso abbia degli assoluti, ma i metodi di Propp hanno portato avanti degli studi che sono ancora validi ed interessanti, come ad leggere un racconto “in trasparenza” ossia togliendo costumi ed orpelli per vederne lo scheletro. O per parlare di “generi” o per cogliere elementi come i sopracitati fabula ed intreccio. Posso decidere che un racconto| bello senza saperlo? Certo, è solo un modo per essere maggiormente consapevoli di quel che si legge

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Un motivo per cui può essere interessante studiare certi elementi ricorrenti delle fiabe:

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Va bene, si può fare anche così. Permettimi però di dire che non sarebbe molto diverso fare un riassunto delle opere da confrontare e poi analizzare i riassunti.

Di passaggio, se devi aggiustare la ruota di una bici, è ovvio che il colore della medesima sia ininfluente. Però il tipo di ruota che monta, se sia l’anteriore o la posteriore, e come sia montata quella, conta eccome. Perché esiste il perno passante (che richiede un paio di chiavi) e lo sgancio rapido (dove puoi farne a meno) e, a seconda che tu ti possa accontentare di una pezza, debba cambiare la camera d’aria o ti serva di usare il lattice, non solo devi avere il materiale o i pezzi di ricambio giusti in generale, ma potrebbe servirti anche entrare più in dettaglio, e avere una camera d’aria per ruote da 24, da 26, da 27,5 o da 28 pollici.

Allo stesso modo, il fatto che l’oggetto magico sia Excalibur o la bacchetta del destino, può avere un impatto sulla storia, a prescindere dalla questione “parti in disgrazia, incontri un mago protettore, trovi l’oggetto, superi delle prove, ottieni il successo”.

Poi per carità, ognuno si scelga il modello di analisi dei testi che preferisce.