Marcel Duchamp e gli scacchi

Duchamp aveva capito che per creare qualcosa di nuovo, non occorreva fare niente di nuovo. Il mondo là fuori aveva tutto il necessario per dar vita a un’opera d’arte. L’arte per Duchamp era il “già fatto”, quello che egli stesso definirà “ready made”, una sorta di arte precotta.

La sua prima scultura, del 1917, fu un orinatoio di ceramica bianca, comprato in un negozio di articoli sanitari di New York, firmato con lo pseudonimo di R. Mutt e intitolato Fontana. Oggi è considerato l’opera d’arte più influente del ventesimo secolo.

I nemici considerano Marcel Duchamp il responsabile di molte delle assurdità dell’arte contemporanea di oggi. Gli estimatori lo considerano un vero genio, faro nella storia dell’arte del Novecento. Indiscutibilmente Duchamp ha rivoluzionato il modo di guardare un’opera d’arte.

Duchamp non solo ha insegnato che tutto può essere arte, ma ha anche dichiarato che l’arte, in fondo in fondo, non va presa troppo sul serio.
I veri capolavori, secondo lui, non sono quelli dei musei, ma tutto ciò che in gallerie e musei non può trovar posto, come una bella passeggiata o una partita a scacchi. Proprio per gli scacchi, Duchamp smise praticamente di fare l’artista e divorziò dalla prima moglie, al quale, stanca di aspettarlo sveglia quando era impegnato in interminabili tornei, un bel giorno incollò cavalli, regine e pedoni sulla scacchiera, mandando all’aria il matrimonio.

(da “Lo potevo fare anche io – perché l’arte contemporanea è davvero arte” di Francesco Bonami, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2007, pagg. 27-28)

E ci può stare, però direi “non sono solo quelli dei musei”.

Riguardo l’orinatoio:

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bellissima.

No

LOL dicon tutti così, ma tu spiegalo a Bonami.

(il libro è godibilissimo e ne è uscita una serie TV con Alessandro Cattelan, su Sky Arte, molti anni fa).

Volevo dare il simpaticone come al solito, ma conosco abbastanza bene l’arte e la storia della stessa. Quindi se posso dire Lucio Fontana è geniale, posso altrettanto dire che gli epigoni sono fuffa, tanto quanto che il quadro L 'Attesa (la tela squarciata, famosissima) ha un suo perché, le 50 varianti sono nate solo per il mercato, che è quello che ha drogato l’arte contemporanea.
Un problema è il superamento del figurativo (ora relegato all’illustrazione) una cosa è l’incapacità per cui punti basso.

E Cattelan è la fuffa più fuffa che ci sia e lui ci campa in maniera molto Duchampiana. Quindi ha ragione lui perché abbiamo torto noi.

100% d’accordo su tutto tutto tutto quello che dici.

MA: il Cattelan della serie è Alessandro Cattelan, non Maurizio Cattelan!

Io comunque Cattelan (Maurizio) lo adoro proprio perché sbertuccia l’arte contemporanea come merita. Le lenzuola della biennale sono l’apoteosi. La sua è META-Arte.

Esatto, come i baffi alla Gioconda o l’orinatoio chiamato fontana. Sono delle prese in giro geniali come contrapposizione, ovvio che però si celebra senza avere più nulla a cui contrapporsi…

Ma l’arte contemporanea è al 95% cosa così, resta un 5% suddiviso al 80% in opere che sono provocatorie e fanno pensare, e un restante 20% che sono geniali.
Ricordo lo scandalo dei bambini impiccati da Cattelan, che fecero scalpore poche settimane prima che i bambini, veri, fossero impiccati in Iran.

Ossia un qualcosa che funziona solo in caso di contato, altrimenti si cade nel caso del video di prima con Luciano De Crescenzo (che onestamente, io lo ricordo come un cialtrone anche in filosofia greca, banalizzazione di bassa lega e basta): se ritrovi dopo mille anni un’opera.come quella credi sia un cesso rotto perché ti manca il contesto . Come le barzellette sul politico di turno, queste invecchiano in fretta e fra un anno non fanno ridere perché non si sa più a cosa si riferiscono.

Ma questo significa automaticamente che non è arte, che - al netto di qualsiasi definizione, discrepanza, arbitrarietà - è un qualcosa che vuole durare in eterno . Se l’artigianato è un oggetto ben fatto e di uso comune, l’arte è quel che può durare in eterno. Noi guardiamo le pitture di Lascaux e le vediamo come arte, guardiamo i vasi attici e li vediamo come arte, guardiamo idoli scolpiti nel legno e vediamo arte.
Perché vediamo lo spirito che animava quegli autori, quella volontà di perdurare, quel essere completi in sé.
Se hai bisogno di un contesto, hai perso in partenza, sei l’immantinente ma domani non sei nulla.

E questo di nuovo senza contare il mercato, che spinge questo o quello, e arrivederci e grazie all’arte.

Epperò serve anche il sentire di chi la rimira.
Per dire, ci sono quadri considerati capolavori da una discreta fetta di popolazione che a un’altra fetta non dicono niente. Ciechi i secondi e bravi i primi? Boh, dipende anche da dove si trova, tra i due gruppi, chi ne parla in quel momento, mi sa.

Capolavoro del 1920?

Sarà. A me non sembra.

Però pare lo sia, ancora oggi, per un po’ di gente. Si va a maggioranza? Se sì, saranno di più quelli? Lo erano, in quegli anni? Lo saranno domani? Chi ha “ragione”?

Che poi: anche una stessa persona, negli anni, può avere una sensibilità artistica che muta. Per dire, a 7 anni Guernica mi sembrava l’opera di un incapace, a 10 di un genio. Però chissà a 70 cosa ne penserò?

Tutta colpa dell’oggetto, che non è arte universale per tutti, o un po’ anche mia, che ho una sensibilità scarsa e mutevole?

(Oh, il cesso scassato è un cesso scassato, se lo trovi sotto le macerie. Però dell’opera fanno parte anche il contesto in cui si trova e la didascalia annessa, se c’è. Perché il contesto può far parte dell’opera)

Ma no.
L’arte è qualcosa di creato dall’uomo per il gusto di creare qualcosa.
I Romani non abbellivano le proprie case per lasciare qualcosa per i secoli a venire, né lo facevano i primitivi nelle grotte, né gli egiziani nelle tombe in cui, peggio, nessuno avrebbe in teoria potuto vederle.
Noi, oggi, intendiamo arte una certa cosa, esattamente come intendavamo arte una cosa diversa nel 1800 (prima degli impressionisti, che, non per nulla, erano tacciati di non essere arte) come era diversa l’idea di arte nella Grecia 500a.C. e nell’Egitto 3500a.C. e nelle grotte nel 7000a.C.

Certo, ma è questo il punto. Oggi definiamo entrambe arte, perché effetto della volontà creativa dell’artista. Solo due tipi diverse di arte.
Il punto di Bonami è che arte è arte, può non piacere, e va benissimo, ma perché non deve essere arte? dove sta la scriminante?

Mah, si e no. Perché consideriamo arte delle opere obiettivamente BRUTTE e mal riuscite per manifesta incapacità dell’artista (penso a certi medievali), perché consideriamo arte l’Origine du Monde e non una tavola anatomica?

Questo è ancora un altro punto, il mercato è qualcosa che non ha nulla, nulla, nulla a che vedere con l’arte. Quelli di Van Gogh erano capolavori indipendentemente dalla valutazione economica.

TL/DR alla fine.

Guarda, un punto è l’intenzionalità, che discrimina un grande artista da un artista mediocre o un non artista. E la novità.
Paul Klee disegnava come mia figlia a 4 anni, non per via dei limiti, ma perché aveva scelto di disegnare così. Perché? Perché aveva una certa visione dell’arte.
L’arte è stata elitaria fino al 1860. Prima, se non avevi studiato in QUELLA accademia, se non ti adeguavi a QUEI canoni, non potevi dirti artista.
Gli impressionisti dimostrarono che quell’arte era sbagliata.
Che l’arte prescinde dal canone, prescinde dalla scuola, è puro atto creativo intenzionale. La storia ha dato ragione agli impressionisti e torto all’accademia.
Accettato questo, occorre accettare un fatto: non è arte solo quello che ti piace e quello che capisci, o quello che rimane. Se salta questa premessa, torniamo al Salon e all’Accademie, qualcuno stabilisce canoni, stili, e recinti.

Riguardo a Guernica, può non piacere. A me non ha mai colpito più di tanto, finché non lo vidi dal vero al museo Reina Sofia, accanto agli innumerevoli bozzetti, studi preparatori, disegni, cartine, bozze, schizzi che Picasso ha eseguito prima del quadro.
L’ho amato visceralmente, ma davvero. A ripensarci ho i brividi.
Il lavoro dietro quell’opera è probabilmente uno dei punti più alti del raccontare una storia attraverso un’opera.
Il contesto serve.

Ora, metterei Guernica sullo stesso piano della Fuga dell’artista di Maurizio Cattelan?
No, ma resta che c’è del genio anche nella fuga dell’artista di Cattelan. Possiamo discutere dove sta la scriminante tra le due, proprio all’ombra del principio di cui ho parlato sopra.
Resta il fatto che pur dando un certo valore alla fuga, il Guernica ha una portata, una potenza come opera d’arte, un valore storico, un IMMENSO valore artistico che la fuga non potrà mai avere.

Stesso discorso vale, secondo me, per la cappella sistina e l’Origine du monde di Courbet, per dire.

TL/DR

Il concetto di tutto il discorso è che è più semplice dire cosa non è arte: le cose fatte per caso, le cose non fatte dagli uomini. La discrepanza la fa l’intenzionalità.

Poi c’è arte bella e arte brutta, arte che capisci e arte che non capisci, arte che non riconosciamo come tale e arte immediata, arte che dura nel tempo e arte fatta per non durare.

Non c’è da scandalizzarci a dire che non piace o che non la capiamo.

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E appunto, è buona parte dela mia tesi. Oltre al discorso “pure periodo, sia storico che personale”.

Gli impressionisti sono stati schifati per decenni, per lo più morti poveri e schifati (tranne Monet, culo di avere vita lunga e senso del momento), i secessionisti austriaci presi per pazzi (alcuni lo erano in effetti), salvo ora essere portati in palmo di mano.
Però se una cosa non ci piace, non la riteniamo arte.
Dove sta l’equilibrio?

Ecco, non mi metto a parlare dei gusti, di cosa è massimo e cosa è minimo. Non vengo a dire cosa è magnifico e cosa è schifezza, quanto “questo quadro, visto tra mille anni, cosa sarà?”

Che è la domanda, intelligente, del video a cui viene data una risposta un po’ sciocca.

Ecco, io volevo dire una cosa sottilmente differente. Non che un artista pensa al futuro, ma pensa al valore intrinseco del suo manufatto. Si affresca la casa perché il risultato pare bello oggi come domani. Poi, se vogliamo, il contesto rifinisce un’opera, creando un sovratesto intellettuale interessante o meno (questo affresco rappresenta il dio Nettuno, essendo una villa al mare).
Ma se fai un’opera di cui vale solo la sovrastruttura (il contesto e certe specificità), senza pensare all’oggetto in sé, allora perde il suo potere. E arte è un potere arcano sull’uomo, ma non solo del ma infatti, ma di un qualcosa che viene espresso dalla materia, una volontà che trascende. non una volontà di essere eterno, ma di aver colto qualcosa. Definite esattamente cosa, non è esprimibile a parole.

Io dico dal fatto che l’opera risulta valida anche in assenza di un contesto.

Vedi risposta precedente.

Davvero? Tu, senza sapere il titolo e il soggetto, non ci vedi orrore, fragore, sofferenza, qualcosa di inesorabile e di inesprimibile dalla realtà oggettiva tanti da dover essere stravolta, mischiata, gettata, confusa, distorta, annerita?

Io ci vedo il secondo, anche senza sapere cosa è stato.
Poi saperlo, conoscere il periodo, sapere il lavoro dietro, sapere quanta dedizione è costata come opera, sono tutti valori aggiunti diversi, ma sono oltre l’oggetto.

Non sempre, anche se in effetti…

Io dico che hai ragione in virtù del fatto che il giochino di Cattelan funziona solo oggi e in un certo contesto. Finito quello, l’opera non va oltre.

Può. Ma se l’opera è fatta solo di contesto (vedasi il cesso), cosa rimane? Un oggetto scassato.

My 0,02

Ma infatti, è che arte moderna/contemporanea e arte classica sono due concetti diversi.
La rottura è tutta lì. Per quello bisognerebbe sempre tenere distinte le due cose.
Altrimenti dobbiamo buttar via non solo la fontana e tutto il dadaismo, ma anche molto della popart (Pollock? lo teniamo?), e pure Fontana per quel che mi riguarda.
Oppure accettiamo che l’arte è anche l’atto di fare l’opera stessa, il contesto e si, anche l’immediatezza.

my 0,000002.

Un po’ e un po’?

Poi anche ciascuno il suo gusto e la sua sensibilità. Io, senza capire il titolo, Guernica lo usavo come sottopiatto, girato col dipinto di sotto. Però avevo anche 7 anni.

Questo aut aut non mi si confà, essendo io drasticamente più critico. Perché se alla fine tutto è arte, niente lo è più . Non esiste più distinguo, non esiste più neanche sforzo di superare certi limiti. Perché tanto oramai limiti non ci sono. Se anche questo o quello è arte, perché dovrei “andare avanti”?

Se invece questo o quello non sono l’arte, allora seve altro. Conosco perfettamente la questione della rottura, ma per il sottoscritto è pura storia, mentre l’opera ha e deve avere un suo valore intrinseco. Se ha un valore relativo, ossia strettamente e soprattutto esclusivamente legato al contesto, come il famoso W.C., allora no grazie.

Ovvio che non pretendo di avere l’ultima parola, ma difendo il diritto di disconoscere certi atti puramente formali o egoistici come arte. Anche l’artigianato, pur storicamente importantissimo, può non essere arte anche se è di 4000 anni fa.

Questa deriva del liberi tutti! è la stessa che riempie le gallerie di robaccia, ma senza una critica, e anche una critica forte, manca la ricerca e la qualità. Il dibattito se la fotografia fosse arte o meno, è un dibattito filosoficamente importante e non tutte le foto sono arte.
La domanda “ma fra mille anni, cosa hai per le mani?” è una domanda che ci facciamo troppo poco spesso.

Ok, tiriamo una riga.
Quali sono i criteri per considerare, oggettivamente, un opera come arte o, viceversa, come scartarla?

La durata nel tempo? Quanto? E banksy, come possiamo definirlo arte se non sappiamo quanto durerà?
Il gusto? Ok. E gli artisti dal 1870 al 1930, comprese le Bestie e tutta l’arte che qualcuno aveva definito Degenerata tirando ahimè una brutta riga?
L’atto puramente formale? Ok. Allora diciamo che deve esserci una sostanza. Ma allora l’arte è puramente qualcosa che si trasmette attraverso l’opera. Ok e tutte quelle opere d’arte effimere, non so, se li faccio coi gessetti sul marciapiede?
Non possiamo definirla con l’inventiva, perché ahimè, ormai hanno fatto quasi tutto nelle arti figurative.
E non possiamo neanche definirla attraverso il risultato, perché appunto, leghiamo l’opera alla storia del suo artista, che cosa distingue un Klee da mia figlia a 4 anni?
Giustamente dici “la deriva del liberi tutti!”, che riempie la galleria di robaccia, e su questo sono d’accordo, ma il problema è il liberi tutti o le gallerie? e le gallerie sono mai state un metro per il valore di un pezzo d’arte? Perché di nuovo, gli impressionisti nelle gallerie li schifavano.
Il punto è che il liberi tutti ci sta, perché non credo che si voglia mettere in mano, di nuovo, l’arte all’elite dei critici o dell’accademia, ma come in tutto, occorre affinare i gusti.
Perché attenzione, se buttiamo via l’arte contemporanea, buttiamo via anche gran parte dei cosiddetti artisti della domenica, e santo dio, ci sta anche, che ai mercatini le vedute di venezia o del lago di garda si sprecano e iniziano a essere un tantino inflazionate.

L’unico punto che mi sento di dire, è che deve esserci l’intenzionalità di esprimere qualcosa attraverso l’opera. Fare la cacca non è un atto creativo, ma se la cacca la fai in una scatoletta, allora sì.

E allo stesso modo giocare a scacchi non può essere un atto creativo nel senso artistico, a meno che non vi sia un modo di trasmettere un messaggio attraverso quella partita. Come? non lo so.