Certo.
Passiamo ora al mondo reale, ancorché raccontato solo in parte:
Martedì mattina cinque poliziotti in servizio alla questura di Verona (un ispettore e quattro agenti) sono stati messi agli arresti domiciliari in seguito a un’ordinanza di custodia cautelare della giudice per le indagini preliminari (gip) del tribunale di Verona, Livia Magri. Gli arrestati sono accusati di atti di violenza e torture commesse nei confronti di persone che avevano fermato legittimamente e che erano in custodia in questura: le presunte violenze sono emerse da un’indagine di altri poliziotti, quelli della squadra mobile di Verona, su delega della procura. Sarebbero avvenute in un periodo compreso tra il luglio del 2022 e il marzo del 2023.
I reati contestati sono tortura, lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Il questore di Verona ha deciso anche di rimuovere dai loro incarichi una ventina di altri poliziotti, che secondo le indagini non avrebbero preso parte materialmente alle violenze ma ne sarebbero stati a conoscenza e non avrebbero fatto nulla per impedirle o denunciarle.
In pratica, tutto il commissariato.
Credi che sia l’unico? Te lo dico: no, non lo è. È solo uno di quelli dove hanno evidentemente preso dentro anche la persona sbagliata.
Qui a Milano, invece devono aver infastito qualche collega, perché sono spuntate le riprese della parte che si poteva riprendere - e pagano agenti e collega, non i capi:
Il fatto sarebbe accaduto nel pomeriggio di lunedì 5 ottobre e più precisamente intorno alle 16. Il 20enne, secondo quanto ricostruito dal quotidiano milanese, sarebbe stato accompagnato in via Montebello dalle volanti per “essere trattenuto e poi condotto presso un centro di accoglienza in attesa di rimpatrio”. Quello che è successo all’interno della struttura è stato in parte cristallizzato dalle telecamere a circuito chiuso che sorvegliano i corridoi. Nel video - e più precisamente intorno alle 16.05 - si vede il giovane che discute animatamente insieme a uno dei poliziotti. Un agente lo costringe a sedersi su una sedia, poi lo colpisce con uno schiaffo al volto. Pochi istanti dopo lo afferra per il braccio e lo trascina verso il corridoio mentre si dimena. In questo frangente intervengono altri colleghi che bloccano e immobilizzano il 20enne; il ragazzo poi viene sollevato di peso e trasportato in un’area non coperta dalle telecamere. Tutto ciò davanti a una poliziotta che assiste alla scena senza intervenire. Successivamente, secondo quanto ricostruito dalla procura, il giovane sarebbe stato colpito “con calci e pugni all’addome e al torace”. Non solo, uno degli aggressori gli avrebbe sbattuto la testa contro il numero. Ripetutamente.
e infatti:
la comunicazione all’autorità giudiziaria è stata inoltrata proprio dalla Questura, a seguito di una segnalazione interna verosimilmente arrivata da altri poliziotti che hanno assistito all’accaduto. Il ventenne è stato sentito dagli investigatori della Squadra mobile, ma ha deciso di non sporgere denuncia.
Vabbè, Verona, Milano…saranno due casi isolati no? No
Roma – I due pestaggi sarebbero avvenuti il 13 aprile e il 25 luglio.
(…)
Oggi con una nota stampa, la Questura di Roma fa sapere che, “attesa la volontà di fare piena luce sulla dinamica di entrambi i fatti”, è stata avviata un’indagine interna “volta a ricostruire l’esatta dinamica e ad accertare le eventuali responsabilità connesse. Si rappresenta, inoltre, che sono state tempestivamente inoltrate per il necessario prosieguo di legge le comunicazioni all’autorità giudiziaria con le informative di reato”.
L’indagine sarebbe partita anche grazie alla denuncia presentata dal 23enne ai Carabinieri di Porta Portese che avrebbero già identificato i due poliziotti del reparto volanti, indicati dal ragazzo come suoi aggressori.
(uno solo, perché l’altro caso riguardava una persona in possesso di sostanze stupefacenti (una canna?), quindi picchiarlo era solo giusto, specie se non la faceva girare.
a Bologna trattamenti di favore per le ragazze:
Le è stato chiesto di spogliarsi e di piegarsi sulle gambe, in un bagno fetido e dall’odore nauseabondo, con il pavimento ricoperto di sporcizia. È quanto accaduto a un’attivista di Extinction Rebellion dopo la manifestazione di ieri pomeriggio in piazza Maggiore. Ha dovuto togliersi le scarpe, i vestiti e la biancheria intima, e piegarsi sotto gli occhi dell’agente che la stava perquisendo. Alle sue richieste di spiegazione le è stato risposto che si tratta di una normale procedura, una prassi a cui sono sottoposte tutte le persone in stato di fermo, nonostante nessuna delle altre venti persone presenti abbia subito lo stesso trattamento umiliante
Venezia (il figlio di un capo dei poliziotti - ma forse lo hanno dovuto menare per portarcelo, in questura. Però per suo figlio viene fuori questa storia):
corrono giù in strada, abitano a due passi dalla questura: «Sono un collega, vado alle volanti», dice il marito della signora esibendo il tesserino. Perché il padre dei due ragazzi, è Walter De Michiel, ispettore capo della polizia di frontiera di Venezia. Quando i coniugi De Michiel arrivano nel chiostro della questura di Santa Chiara, la situazione è surreale: Tommaso, 23 anni, ha il labbro spaccato, un occhio pieno di sangue, fatica a respirare, ed è circondato da almeno dieci poliziotti
Di passaggio:
L’ispettore De Michiel è stato infatti licenziato, sanzione poi ridotta ad una sospensiva di sei mesi dal lavoro a metà stipendio, per aver parlato al microfono durante una manifestazione di solidarietà ai figli.
Per far sapere che nonson tutte rose e fiori, per chi lavora in questura, a Napoli lì si picchiano i poliziotti:
CRONACHE DI NAPOLI - NAPOLI- PICCHIATO IN QUESTURA- LA PROTESTA DEL SIAP-
Poi, il fatto che succeda ovunque e non si sappia, è un’altra storia.
Comunque tu resta convinto che i tuoi diritti contino qualcosa quando sei in una stanza chiusa con gente che, di base, ha i tuoi stessi diritti, una pistola, stanze senza telecamere accese e più voce in capitolo nel caso raccontiate cose diverse.
Vacci sereno, nessuno ti chiederà il pin del telefono: glielo aprirai tu, con le tue mani (se potrai usare le dita).
Io ci sono stato, in una di quelle stanze - per sbaglio, e non mi hanno davvero toccato personalmente, ma è bastato. D’altronde, a qualcuno è bastato facessero solo vedere gli strumenti che avrebbero potuto usare su di lui perché abiurasse in tempo zero. Funziona anche se ti faccio vedere manganelli, manette, tirapugni e pavimento con vecchie macchie di sangue, non serve davvero lo stivaletto o la garrota (che, comunque, c’era. Poi casomai dicono che era solo un oggetto artistico, eh?)
E comunque, tanto per dire, su certe cose ci hanno fatto anche tesi di laurea (che non buttiamo via niente), ma si parla più che altro di persone in carcere. Però, prima di finire in carcere, di solito passi anche dalla questura, tanto per avere un anticipo.
https://unire.unige.it/handle/123456789/8771