
Titolo: Un salmo per il robot, Un salmo per l’universo
Titolo originale: A Psalm for the Wild-Built, A Prayer for the Crown-Shy
Serie: 2 romanzi brevi (per adesso)
Autore: Becky Chambers
Editore: Urania
Genere: Solarpunk
Lingua Edizione: italiano
Data d’uscita: gennaio e settembre 2024
Pagine: 142, 136
ISBN:
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Sinossi: e se riuscissimo a vivere senza fabbriche? Senza automazione ma una tecnologia abbastanza sviluppata e poco invasiva da permettere una comunione con la natura non solo rispettosa ma addirittura in simbiosi? Sulla lontana luna Panta successe davvero questo: un giorno le macchine si sono risvegliate e hanno smesso di lavorare per i colombi, che stavano portando il posto al collasso. Fu siglato un accordo, i robot sarebbero vissuti isolati e gli umani avrebbero fatto a meno di loro, prosperando in zone diverse.
E fu così che Dex, un monaco devoto alla divinità delle piccole comodità scelse per una spinta che ancora non aveva nome di lasciare il suo monastero per diventare officiante del tè: andare in giro a offrire tè e una spalla su cui poggiarsi nei momenti di difficoltà, uno spazio per rilassarsi o solo isolarsi per meditare con l’aiuto delle bevande da lui preparate con cura e devozione.
E quale incontro potrebbe mai fare, se non un robot amichevole che è stato scelto dalla comunità di robot per sapere come gli umani se la cavano? L’improbabile due impara a conoscersi nel lungo viaggio tra le meraviglie del pianeta.
Opinione: non male, davvero non male questa doppietta di romanzi brevi e leggeri, che si finiscono in un attimo. Non c’è veramente tensione o momenti emozionanti, basandosi sulla costruzione del mondo e delle relazioni in un contesto positivo e coinvolgente. Dopo tante distopie e tragedie una visione differente è piacevole, il romanzo è anche ben scritto e così asciutto da non essere ridondante. Anche le parti più intimiste risultano convincenti senza essere stucchevoli.
L’ho definito Solarpunk e mi sta bene (certo il suffisso punk è quello meno adatto possibile… ), altre diciture come quelle che leggo in giro veramente mi repellono. Va bene che ad esempio la mamma dei sottogeneri del metal è sempre incinta, ma davvero dobbiamo dire che la FS è di facili costumi? Nasce libera, e troppe etichette non le si addicono.