Storie di campioni di scacchi in incognito

Un giorno Max Euwe viaggiava da solo in treno per recarsi a un torneo, e si stava preparando su una scacchiera tascabile.
Un tizio si avvicinò e si offrì di giocare una partita.

Euwe, infastidito ma troppo gentile per rifiutare, accettò con il proposito di battere tale sconosciuto velocemente e malamente in modo da tornare alla propria preparazione.

Dopo un paio di partite in cui lo sconosciuto fu bastonato ben bene, questi si alzò e ringraziò.

“Non sono mai stato battuto così malamente in vita mia. Al club degli scacchi del mio paese mi chiamano amichevolmente lo Euwe, e immagino lei possa capire cosa questo significhi!”

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Dopo che Alekhine gli aveva strappato il campionato del mondo, Capablanca era solito trascorrere del tempo al café au lait, un caffè di Parigi.

Li era solito trascorrere del tempo con amici e passanti, e a volte giocava a scacchi con chiunque avesse il coraggio di sfidare quell’ex campione del mondo.

Un giorno, mentre sorseggiava il caffè e leggeva il giornale, uno sconosciuto lo interruppe offrendogli una partita sulla scacchiera li accanto.

Capablanca, felice di questo, mise da parte il giornale e prese la scacchiera.
Disponendo i pezzi, ebbe l’accortezza di togliere la propria donna per offrire un vantaggio all’avversario.

“Signore,” protestò indignato questi, “lei non mi conosce, credo di essere perfettamente in grado di batterla!”

“Se lei fosse in grado di battermi”, rispose divertito Capablanca, “credo che la conoscerei.”

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Nel primo giorno della traversata, gironzolando per la sala da te del piroscafo, Lasker vide un uomo che studiava una posizione su una scacchiera.

“Lei gioca a scacchi?” Chiese costui.

“È un po’ che non gioco”, rispose Lasker, che tecnicamente non era neppure falso.

L’uomo allora gli offri di giocare con un handicap. “Le darò la donna di vantaggio, se vincerà, giocheremo di nuovo con la torre di vantaggio, e così via.”

Lasker accettò.

Nella prima partita il campione perse, a posta. E così anche nella seconda.

“Credo di aver capito” disse il campione. “Senza la donna il re ha molto più spazio di movimento, per questo lei ha vinto”.

“Macché” disse l’altro canzonandolo, “la donna è un vantaggio immenso, lei forse è un po’ arrugginito”.

Lasker allora insistette per fare una partita, in cui lui avesse invece la donna di handicap. L’altro dapprima rifiutò ridendo, ma visto che insisteva, accettò.

E Lasker vinse.

“Vede?” Disse il maestro alla fine, “avevo ragione io”.

Potete immaginare l’imbarazzo quando si sparse la voce della presenza del campione di scacchi su quella nave.

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Durante un torneo, Antonio Sacconi, scacchista noto per essere un notevole rompicoglioni, chiamò l’arbitro annunciandogli che di lì a poco sarebbe successo un casino.

Al momento di muovere, Sacconi disse: “cose simili”, toccò un pezzo e ne mosse un altro.

L’avversario protestò vivacemente, sostenuto dall’arbitro.

A quel punto Sacconi disse di aver rispettato alla lettera il regolamento, che imponeva di annunciare “j’adoube, acconcio o cose simili” per aggiustare un pezzo sulla scacchiera.

La federazione provvedette di lì a poco a eliminare le parole “o cose simili” dal regolamento.

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C’aveva ragione Sacconi. Invece Lasker è stato piuttosto bastardo.

Lasker è da oggi il mio mito assoluto.