Rollerball di William Harrison

Informazioni sul libro

Titolo: Rollerball
Autore: William Harrison
Editore: Occam Editore
ISBN: 9791281161139
Data di pubblicazione: 2024
Link: Pagina di Feltrinelli

Considerazioni

Rollerball non è un romanzo ma è un racconto da cui è stato tirato fuori il meraviglioso film (1975) con James Caan. La geniale idea è stata poi ripresa e rivista da numerosi film tra cui “The Running Man” con Schwarzenegger (1987). L’edizione in mio possesso è lunga solo 52 pagine e va via velocemente perché la storia è qualcosa che ti attanaglia dentro.
Ha uno stile aggressivo, schietto, chiaro, immediato: Harrison aveva certamente le idee chiare e si sarà certamente divertito nello scrivere questa cruda vicenda.

Ve lo raccomando tantissimo: costa 6 euro ma ne vale il doppio almeno.

Appartiene a quelle storie “crude” a cui c’eravamo abituati negli anni 80 e 90: pensate (nel cinema) a Robocop. Fredde, forti, senza troppi fronzoli. È veramente bello da leggere.

Citazione

Ho giocato anche io, conosco i limiti umani. A volte, Johnny, nel Comitato mi sembra di essere rimasto l’ultimo uomo su questa terra con quale scrupolo morale, l’unico che insista per mantenere uno straccio di regola.

Trama

«Gli uomini più potenti del mondo sono i dirigenti. Sono a capo delle grandi corporation che decidono i prezzi, i salari, insomma l’economia in generale, e tutti sanno che sono persone squallide, che dispongono di potere e denaro praticamente illimitati – anch’io ho parecchio potere e denaro, eppure sono nervoso. Cos’altro posso desiderare, mi chiedo, se non al massimo altra conoscenza?». Rollerball – apparso sulla rivista «Esquire» nell’estate del 1973 – è il racconto di William Harrison che ha ispirato uno dei film di fantascienza più visionari della storia del cinema. I temi sono attualissimi: il dominio delle immagini, l’intelligenza artificiale, il controllo delle passioni, la falsificazione della verità, il cibo sintetico, il potere globale delle corporation, la lotta della memoria contro l’oblio.

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Quanto mi manca del buon cinema di fantascienza così.

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:shushing_face: che sentono e ti fanno un remake/sequel/prequel :grimacing:

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Questo sì che mi fa paura.

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Anche a me, c’è un cinema scarso di fantasia e molto “perbenista”. Non è un fatto di violenza intendiamoci: la violenza secondo me era funzionale a dipingere storie molto crude. Si pensi anche a film come “Scanners”: era proprio la voglia di raccontarle per ciò che erano, senza peli sulla lingua. Un altro esempio era il meno conosciuto “Videodrome”.

Un classico, a suo modo.

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Direi più “finto perbenista”. Strizza l’occhio a quel che il mercato vuole al momento, non importa se eticamente inaccettabile fino a ieri. Ieri era la commistione dei vari gruppi etnici o del genere in barba alla anacronismo della cosa, già oggi ho notato il film di natale con personaggi tutti rigorosamente bianchi e biondi, domani mi aspetto sdoganata pure la n word. Ieri, e dal 90 in poi, le scene di sesso erano presenti anche quando irrilevanti per la storia, domani vedremo.

Per non parlare della tecnica: la CG ha tolto tutto il pathos del “vedo-nonvedo” dei film come Alien, che per me resta IL capolavoro, un film su un alieno assassino dove l’alieno assassino non si vede quasi mai e per questo è terrificante.
E credo non si tratti di necessità: è chiaro che i costi dell’uso della CG non siano inferiori a quelli degli “effetti speciali” di ieri. E’ solo che il mercato chiede quello.

Adesso, senza citare Spengler, però la percezione è di una società più fragile, più da proteggere e meno schietta. Ricordo che “Dieci piccoli indiani” era “Dieci piccoli negretti” e che la parola “negro”, che SpikeLee ci ricorda avere una connotazione negativa, era usata anche in contesti senza valore negativo.

La mia impressione è che in alcune circostanze l’apparenza abbia prevalso sulla sostanza: ok, niente scene di sesso, inseriamo personaggi di ogni tipologia dentro ogni serie anche se non c’entrano nulla con la storia ma questo non ha ridotto le discriminazioni. Sicuramente, in alcuni casi, ha peggiorato la qualità del prodotto. Ricordo a tutti che in uno dei Robocop uno dei cattivi era un ragazzino che, ad un certo punto, prende un martello pneumatico e fa a pezzi Murphy. Eppure la morte di quel villain ti lasciava una tristezza in bocca non indifferente: quella di una vita perduta.

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Mamma mia che argomentone che abbiamo sollevato!
Difficile dare una risposta definitiva, perché in un senso o nell’altro ci sono sensibilità diverse in gioco. Personalmente ritengo la revisione delle scelte del tempo sempre una pessima idea: “dieci piccoli negretti” non mi disturba di per sé, il fatto che sia stato “aggiustato” in passato ci sta altrettanto, aggiustarlo ora non avrebbe alcun senso, così come aggiustare film del passato inserendo avvertimenti lo trovo un po’ ridicolo (ma sempre meglio della pulizia tout court). E d’altra parte nel contempo troverei dubbia la scelta di titolarlo “dieci piccoli negretti” oggi, anche perché l’uso dei “negretti” sarebbe irrilevante, mentre, paradossalmente, troverei accettabile un titolo che contenesse la parola “negro” se fosse giustificata dal contenuto, per esempio, se fosse una denuncia sulla discriminazione razziale.
Ho affrontato questo argomento di passaggio citando il film six triple eight, in cui “negro” è usato e addirittura sottolineato - non disturba di per sé la parola che anzi, è, nel film, neutra (c’è una rivista titolata “negro digest” che la protagonista, di colore, sfoglia in relax) ma la discriminazione è data da come i personaggi, bianchi e autoritari, trattano gli altri personaggi di colore.
E però, queste scelte sembravano frutto di una evoluzione.
Le scene di sesso sono diventate, negli ultimi decenni, abbastanza esplicite (e le trovo assolutamente noiose), per “osare” addirittura, negli ultimi… boh? 10 anni, a diventare anche sdoganate tra omosessuali (va bene, ci sta, le trovo comunque noiose e poco rilevanti). Quel che mi aspetto, per i prossimi 4 anni almeno, e che queste ultime diventino rare se non spariscano. E questo mi disturba ancora di più, perché diciamocelo, mi aspettavo che l’arte e lo spettacolo non dipendessero, nel loro ruolo educativo, formativo in senso lato, così tanto dalla politica.
Eppure.

Questa discussione merita un thread a sé.

In merito all’uso di parole inadatte

Personalmente ritengo la revisione delle scelte del tempo sempre una pessima idea: “dieci piccoli negretti” non mi disturba di per sé, il fatto che sia stato “aggiustato” in passato ci sta altrettanto, aggiustarlo ora non avrebbe alcun senso

Sono molto d’accordo. C’è da considerare anche chi, come Tarantino, fa di questi termini un rafforzamento del testo cinematografico. Quello che voglio dire è che dipende molto da contesto ma la demonizzazione di comportamenti a priori non mi ha mai convinto. L’esempio che fai tu sulle scene di sesso è esattamente quello che penso anche io.

Le scene di sesso sono diventate, negli ultimi decenni, abbastanza esplicite (e le trovo assolutamente noiose)

Non solo: molto spesso sono inutili, inutili ai fini della storia, inutili alla caratterizzazione del personaggio ma tant’è che le cose stanno così e siamo passati alla riduzione fino a vederle sparire che forse è un altro eccesso.

perché diciamocelo, mi aspettavo che l’arte e lo spettacolo non dipendessero, nel loro ruolo educativo, formativo in senso lato, così tanto dalla politica.

Aristotele diceva che l’uomo è un animale politico, in fondo tutto è politica però questo è anche un problema. Io credo che il dolore sia un elemento formativo molto importante nella crescita di un individuo: quando andai a vedere Terminator 2 mezza sala pianse in quel semplice gesto finale.


Edulcorare ogni cosa significa risparmiarsi il dolore ma anche un confronto interiore ed una possibile e relativa crescita.

Le produzioni future

Ho il privilegio di essere inserito, su vari fronti, nel mondo del cinema e della TV e spesso mi ritrovo in contesti in cui si parla molto male della scelta di “pilotare” le storie con decisioni politiche. Ad esempio la necessità di inserire in tutte le serie TV un bianco, un nero, un gay, un diversamente abile, etc…
Io credo che ci sia un’importante funzione di normalizzazione nella TV e nel cinema ma al contempo credo che non tutte le storie sono fatte per accogliere tutto. A questo punto ben venga creare storie appositamente studiate per diffondere messaggi inclusivi mentre oggi trovi storie che forzosamente accolgono messaggi inclusivi con effetti di dubbia qualità.

Un esempio pregevole

Io ho adorato la serie TV “13” in cui viene trattato, tra gli altri, il tema del bullismo e dell’omosessualità. Quella serie ha sconvolto l’America e lo ha fatto senza troppi fronzoli. Tra l’altro con una schiettezza pari a “How I met your mother”. In 13, ad esempio, c’è una scena ambientata nel bagno (penso che su YouTube vi sia il link) in cui Tyler viene bullizzato pesantemente. Quella scena è molto brutale: nei modi e nei contenuti e ricordo che quando vidi la serie mi disturbò (e ce ne vuole). Quegli eventi sono accaduti davvero nelle scuole: la realtà, per quanto brutta, non può essere cancellata con un fiocco rosa e un colpo di spugna.

P.S.: valuta di spostare le conversazioni in un topic apposito!

Appena rivisto il film: quanta attualità ma soprattutto quanta potenza. Seppur molto diverso dal racconto per alcuni aspetti, è un film con una storia pontentissima che avevo davvero dimenticato. Se siete interessati è su Prime Video!

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Ho ricordi sfumati di un paio di scene, segno di solito che non mi era piaciuto tantissimo, ma nemmeno era brutto.
Magari proverò a rivederlo anch’io.

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