Realismo aumentato, ossia il futuro come specchio di un oggi inenarrabile

Ho sempre odiato l’uso della fantascienza come espediente per raccontare l’oggi, come se la fantasia non avesse dignità, creando degli artifici stopposi che nascono con l’intenzione di dimostrare a priori una certa tesi, perdendo quindi ogni valore, quasi delle tautologie .

Ma siccome mi piace lanciare strali, ecco a voi un articolo interessante.

Io trovo che molte narrazioni del futuro siano poco credibili, forse perché ho già un’idea della china che sta prendendo la situazione attuale, e non posso fare a meno di tirare le somme. Poi naturalmente possono esserci sorprese, niente può essere davvero predetto con precisione, ma non riesco a praticare la “sospensione dell’incredulità” con quanto viene prodotto oggigiorno. E finisco per leggere per lo più blog, paper e saggi.

L’autore dell’articolo per contro sostiene che un tipo di narrazione che non si proietti in un futuro lontano ma così vicino da essere facilmente credibile, così vicino al realismo, che riesca a parlare del presente più della narrativa classica, che si trova impreparata davanti al mondo d’oggi .

Insomma esattamente quello che tu dici con

forse perché ho già un’idea della china che sta prendendo la situazione attuale, e non posso fare a meno di tirare le somme.

Ha un suo senso, ma bisogna stare attenti a non cadere nella trappola di voler “mandare un messaggio” - tipica di di chi vuol parlare dell’ oggi - che trovo essere un gigantesco errore.

Non so, non ho letto libri dell’autore dell’articolo, quindi non so come abbia applicato concretamente le sue idee. Mi pare che quando parla di “realismo aumentato” si riferisca a un futuro prossimo, abbastanza vicino a noi; io invece tendo a spingere lo sguardo anche più in là.

Sui “messaggi”: ho scarsa fiducia che servano a qualcosa.

Ecco, mi smebra di capire che gli autori citati non abbiano ancora esattamente incarnato questa sua idea, quindi non c’è una appliccazione concreta, ma un suo auspicio, in quanto la “realtà aumentata” sembra essere un modo efficace per rapportarsi col moderno.

Anche io personalmente preferisco spostarmi più in là e la “realtù aumentata” rischia sempre di cadere nel tranello di creare un mondo i cui presupposti sono nati proprio ed esclusivamente per dimostrare una certa tesi.

Un esempio, Batman: The Dark Knight, di Frank Miller. Un capolavoro del fumetto, una pietra miliare nel genere supereroistico, in quanto è realistico e cinico e violento. E’ mabientato in pochi anni nel futuro, ma i riferimenti all’oggi (o meglio all’epoca in cui uscì) sono tantissimi, dall’onnipresenza della televisione al potere corrotto. Esattamente un esempio di “realtà aumentata”.
Un dei tanti esempi di satira (o meglio proprio di critica, visto che non è poi così divertente come scena) è quella contro i liberal, nell’esempio dello psichiatra: costui vuole riabilitare il Joker, pensa che anche gli ultimi abbiano bisogno di una possibiltà e quindi lo fa liberare, ovviamente creando un disastro. Questo personaggio è una macchietta che fa discorsi grotteschi, una storipiatura di discorsi reali, in modo da sembrare scemi e da irritare il lettore. Miller ovviamente punta il dito contro di loro, rappresentadoli così.
Ma ovviamente se si parte da personaggi scemi, dimostri che il pensiero liberal è scemo? Sono pensati per essere denigrati, non dimostra un bel niente, se non la volontà dell’autore.

Ecco, tutti i temi adulti sono in realtà trattati con una superficialità che mi sembra difficile che si possa paralre seriamente di satira o di critica, ma non è colpa di MIller, che fa un lavoro egregio, la colpa è di chi vuole interpretare questo sforzo come qualcosa che in realtà non è.

Quindi temo che la realtà aumentata non sia esente dallo stesso vizio della narrativa realistica classica, pur avendo del tutto rinunciato ad essere di “anticipazione”.

Nuovo articolo, che sulla stessa premessa (ossia che la tecnologia come sfondo di un romanzo tende a farlo invecchiare in fretta rendendolo datato o con autori incapaci di comprendere la direzione che si sta prendendo) arriva a conclusioni opposte, ossia anziché essere in un futuro davvero prossimo, in un passato recente, dove il dettaglio non conta più.

Beh, Giulio Verne è invecchiato benissimo , dai.

Sì, infatti sono invecchiati male quelli più moderni, che non sono più contemporanei e non sono ancora “storici”.
La tecnologia ha reso più facilmente datata una ambientazione, portando certi romanzi verso l’obsolescenza e molti autori si rifugiano o nel passato o nel quasi futuro ma senza voler fare futurologia, ma appunto per raccontare un presenta senza che diventi “vecchio” troppo presto