La vedo al bancone del bar, che ride con un’amica; e come non notarla? Gonna in latex rosso, stivali cremisi, top semitrasparente rosa shocking, rossetto carmino, un orecchio coperto da un auricolare dello stesso colore, capello pel di carota ritto e intriso di gel infiammato che gocciolava brevi scintille, estinte in aria.
Mi avvicino alle sue spalle, senza fretta; noto che per un attimo trasale, si guarda intorno e poi vede me che sorrido: ha sentito il brano musicale che le ho inviato. Scommetto che una poliritmia del genere non l’ha mai provata prima.
“Accidenti, ma sei stato tu?”
“Ovviamente”, rispondo mentre mi siedo sullo sgabello accanto.
“Ma… Come hai fatto?”
Avvicinandomi ho associato il segnale radio più forte a te, trovato su quale frequenza e banda si posizionasse, quindi ho provato a decodificarlo almeno parzialmente usando in sequenza i protocolli dei maggiori social network fino a trovare quelli giusti. Ho carpito quindi il tuo nick e il tuo indirizzo IP, e da lì ho fatto una ricerca veloce sul tuo nomignolo e quali connessioni attive hai. Ho capito quale piattaforma musicale usi e con una mia utenza prioritaria ti ho inviato il brano scelto su di essa.
“Magia” dico, con un gesto di modestia.
Dopo averle chiesto cosa beve, iniziamo una conversazione, partendo ovviamente da cosa ascoltiamo; mentre i miei bot raccolgono dettagli dai profili pubblici di lei, attivo delle microespressioni facciali e del corpo che assecondano quanto so dei suoi gusti.
La strategia ha successo, e dopo una ventina di minuti ci chiudiamo in un bagno per darci da fare.
Quando si appoggia alla pare, con quel sorrisetto un po’ brillo, le alzo la gonna e le abbasso l’intimo senza mai perdere il contatto con la sua pelle. Dal monte di venere fino sotto vedo pulsare una sorta di viscosità al ritmo della sua eccitazione, inturgidendosi, calda ambra traslucida fin sotto l’inguine.
Le dico in estasi: “Adoro il gender fluid”