Perché la fantascienza italiana proprio non va

Non sono sicuro di condividere tutta l’analisi, specialmente perché manca forse il lato della domanda. Ma gli spunti sono decisamente interessanti.

Voi che ne pensate?

Rientro nello stereotipo citato dall’autore, la fantascienza è anglosassone.
Non ho idea di come si sia formata questa sensazione in me, ma è così.
Per esempio, non aveva mai fatto caso al fatto che sci fi significa “Narrazione scientifica” e non scienza di fantasia.

Per quel che riguarda tutto il pippone lobby/economico, mi devo fidare di quello che dice, non sono informato.

Ho letto anche io, ed era talmente pieno di idiozie che ho preferito non condividerlo.

Prima una disamina storica, e ci sta.
Poi delle illazioni senza fondamento che non si sa bene a cosa si riferisca - soprattutto visto che dovrebbe giustificare tutta una tesi che ha portato alla scrittura del pezzo. Terzo dei riferimenti contraddittori alle “fiere” (? plurale? ma a cosa si riferisce - di nuovo?) che prima sono poche per cui la FS italiana è poco viva (quindi si intuisce che ce ne dovrebbero essere di più) perl poi che ci sono ma non vanno bene perché sono troppo chiuse (ma in che senso? dovrebbero parlare di cucina? di pettegolezzi?).

Insomma, non dice nulla di nulla.
Io ci vedo ben altro, anche se forse il problema di fondo è questo: nessun autore “clamoroso”. Tanti bravi, ma alla fine, di quelli che ho letto, ma è mancata la scintilla del “genio”.

Infine, la storia di “narrazione scientifica” è una barzelletta senza cognizione di causa, soprattutto a posteriori, retrospettiva. E questo vorrebbe in realtà dire che dobbiamo ragione oggi su cosa sia la fantascienza, il che ha occupato tomi su tomi di riflessioni.

La fantascienza in italia proprio non va perché è infestata da gente come scrive quell’articolo.

Non trovo interessante la fantascienza italiana perché la trovo pomposa e didattica. Pochi hanno voglia di divertirsi e tutti vogliono dare un messaggio all’umanità.

Letto.

Il discorso Amazon non sta in piedi: prima di Amazon era pure peggio, e poi varrebbe per qualsiasi libro italiano.

Siamo stati cresciuti (anche quelli nati prima del 1960) che l’unica fantascienza era quella americana, poi comunque straniera.

Nelle nostre scuole, tolta la sentinella, era tutto bandito - persino i veri classici - e la critica snobbava o demoliva qualsiasi autore italiano nel settore. Abbiamo avuto gente che scriveva firmandosi con nome straniero da sempre, poi è diventata una realtà fattuale: qiando, a 20/25 anni, andavo a cercare un libro di Fantascienza, cercavo un nome straniero, nella speranza che fosse del calibro di Asimov o almeno di Ben Bova. Se però c’era scritto “Mario Rossi”, lo guardavo con sospetto, perché non c’erano libri di italiani, se non esordienti e dunque spesso acerbi (quando non figli di licei classici e facoltà di lettere, da cui facilmente l’ampollosità e la pesantezza imparate a scuola…).

Poi magari scoprivi, trent’anni dopo, che john qualcosa, che aveva scritto racconti intriganti, era italianissimo. O che una giapponese dalla penna vivace e moderna vive in mezzo a noi, per dire.

Intanto, se volevi campare come scrittore e non scrivevi romanzi ma fantaqualcosa, rischiavi di morire di fame solo pee le tue origini, ma la cosa non era induta nel nostro dna, bensì nella nostra cultura osteggiante da sempre.

Insomma, non concordo col tipo, nemmeno un po’.
Amazon anzi forse dà una chance in piu, per dire. Mo’ sarebbe ora la dessero pure i critici, e si cominciasse davvero a inserire qualche capolavoro nelle scuole. Poi potemmo parlarne.

Certo la scuola è spesso un grande impulso, ma come ha detto il jabba, molti italiani vogliono fare letteratura, quindi spesso sono verbosi, stancanti nel leggerli.
A volte invece sono storie sul fantastico sui generis, con pochi dettagli e poca costruzione, se no prorpio con quando non tantissime idee. Non voglio palare male di nessuno ma Khremo, che è un ottimo autore ed editore, nel suo Abisso di Coriolis tende a riciclare le stesse cose in poco più di 100 pagine. Anche pulphagus, dopo l’idea iniziale non c’è tantissimo. Valerio Evangelisti usava per Eymerich lo stesso identico canovaccio per almeno 5 libri diversi. Tonani dopo Mond9, che ha di per sé una buona idea di fondo e svolgimenti senza troppe sorprese, non ha scritto molto.

Se poi vogliamo buttarci dentro anche tutti quelli che detestano la tecnologia e simili (l’imbarazzante WolrdSF Italia, Silicio fanzine, Dimensione Cosmo) abbiamo una visione decisamente distorta di cosa sia la FS e le sue possibilità.

Ci sono tantissimi bravi autori, autori che fa piacer leggere, ma indimenticabili, temo ancora non ci siano…

Perché quello si spinge da noi. Fama, gloria e onori a romanzi, anche rosa, meglio che no. Unicorni e Fauni solo per bambini. Anzi, per bambine. Astronavi, dinosauri e phaser ai bambini. Gli adulti sono pregati di scegliere tra la gazzetta dello sport e il pendolo di foucault. Già tanto se ti passo Poe, a scuola, ma per la letteratura inglese - dove magari apprezzi pure il fantasma di Canterbury, sempre in lingua, però. E questo perché “noi non siamo capaci”. Ah sì? Ma pensa.

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Gli adulti sono pregati di scegliere tra la gazzetta dello sport e il pendolo di foucault.

È vero ma è pure peggio perché Eco amava il fumetto, il feutillon e la letteratura di genere.
Temo che sia la dieta a Manzoni e Svevo, i premi Strega e i famosi salotti letterari ad aver distorto la nostra concezione.
Certo anche all’estero c’è una deformazione simile ma di genere. Leggevo che nei post convention, dove la gente poi si riunisce a chiacchiera, mentre i fan ridevano alla battuta sui neutrini del maestro di turno, John Shirley se ne stava ubriaco nella vasca dove tenevano al fresco le birre.
Anche lì c’era il salotto buono, anche se era una sorta di clone di quello “normale” e chi era fuori.

Ma in realtà temo di avere un rapporto molto critico verso la Letteratura. Più leggo Murakami più penso sia robaccia, ad esempio ma a che DeLillo bravo senza che gridare al miracolo (mi sono fatto arrivare dei libri del Nobel 1978, vediamo se ne valgano la pena).

Questi sono gli autori italiani esportati negli USA (che ci piaccia o meno, dopo che hanno vinto la WWII sono stati anche dei colonizzatori culturali e quindi noi sulla loro scia):

Vi assicuro che c’è ben poco, meriti a parte, che mi ispiri.

Continuo a dire che l’unico romanzo veramente bello e sconvolgente di Murakami sia L'uccello che girava le viti del mondo - Haruki Murakami - Libro - Einaudi - Super ET | IBS

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No grazie.

Tutta roba noiosa.
E Benni ha stufato

Una premessa e che da noi, in Italia, tutto quello che è sempre stato “di genere” è sempre stato additato come per bambini o per deficenti (o per maniaci).
Leggi fumetti sei un bambino, giochi ai giochi di ruolo, sei un bambino, giochi con le miniature sei un bambino, leggi fantascienza sei un bambino, horror, fantasy, etc… etc… avete capito.
Un popolo serio non fa queste cose.
Poi se la colpa è stata della intellighenzia de sinistra, il fatto che nelle scuole siamo fermi a Manzoni da sempre, il fatto che non siamo capaci o chew gli uomini veri seguono solo il calcio, non lo so.
La colpa è nostra.
Dare la colpa a cose esterne è troppo comodo.

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L’idea che mi sono fatto non esclude a priori la tesi dell’articolo. A dire il vero, forse la integra. La sensazione è che in Italia spaventi tutto ciò che sia fuori dal quotidiano conosciuto in particolare il futuro. In Italia siamo bravissimi nel ricostruire dopo le catastrofi e pessimi nel predirle. Il futuro spaventa perché è fuori dal controllo, ed è meglio che sia oscuro e imprevedibile. Troppi futuri non realizzati hanno deluso gli italiani. Chi ci rimuguna sopra è un pazzo, un sognatore o un menagramo. Meglio pensare al domani e trovare l’assassino dell’omicidio di ieri nel solito rassicurante noir dai prevedibili risultati in libreria. La buona fantascienza spaventa perché è un genere imprevedibile ed eversivo che mette in discussione le (poche) sicurezze dell’ oggi.

Disse quello che lavora in un negozio di fumetti, organizza partite a subbuteo, legge fantascienza e frequenta i siti a tema da sempre.

Magari è un “nostra” un po’ generico, no?
Mi sento di dirti una cosa sola: bambinone! :nerd_face:

Che poi il bello di fantascienza,magari storcono il naso e nessuno ti sa dire il perché.
Si dice tanto che la FS è un genere anglofono ma qui difficilmente troveremo una copia di qualche autore famoso - cosa che invece per i gialli non so se si possa dire.
Diciamo che ci proviamo e ci proviamo molto, ma mancano i narratori di razza che possono fare la differenza.

Non so, forse siamo ancora il paese del “gli ufo non atterrano a Lucca”, tutti presi dal passato e sordi davanti al richiamo del futuro. È come se ci avessimo rinunciato come popolo. Non ci vediamo proiettati nel futuro o sei appunto preso per infantile…

Mah.
Eppure ne cosumiamo a bizzeffe, e anche Harry Potter ha venduto forte da noi. Certo, chi aveva dei bambini era avvantaggiato: “A mio figlio piace Hermione” si poteva dire. Se lo dicevi tu, cxhe ti piaceva Hermione, ti guardavano male. Però parlando con gente in ufficio, non ce n’è uno che non abbia visto qualche film, per dire. Anche se dici “Star Wars”: lo conoscono tutti, persino i giovani.

No, la fantascienza non spaventa. Più facile spaventi leggere in generale, semmai, ma il punto è che chi legge, legge straniero preché l’offerta italiana è sempre stata inesistente, scadente e, nel caso non lo fosse, bistrattatta. Fai un giro in una qualunque libreria, reparto fantascienza, e guarda le opere esposte: solo negli ultimi anni è comparso qualche autore italiano, prima era praticamente impossibile trovarne - cioè, anche se provavano a pubblicare, di base non li trovavi sullo scaffale. Che poi finiva appunto che, anche a trovarli, non li compravi.

Ora, c’è una tipa che ha scritto un libro, nel 2019, che ho letto nel 2022 solo perché ho scoperto che lo ha scritto avendole corretto un racconto zeppo di errori. Ha anche avuto idee buone, ma lo stile suo , pur non essendo ampolloso, è pesante: capace di fare frasi con sei o sette subrodinate, che basta sbagliare una virgola e non si capisce più niente. Eppure, è 50 volte meglio di quel libro che ho preso a Stranimondi, pubblicizzato a nastro, con l’autore americano presente che mi ha fatto anche la dedica. Libro che non sono riuscito a finire (okay, erano una serie di storie indipendenti - diciamo che dopo la quarta storia scadente che leggevo a fatica ho mollato il colpo) , eppure era portato in palmo di mano dalla critica, ha avuto una traduzione rispettabile, una revisione fine. Perché, che faceva schifo?

Perché non correggere come si deve quello della tipa e farne un qualcosa di più scorrevole, da portare a Stranimondi insieme a lei? Perché lei è italiana e invece lui è americano? Ecco, io dico che non è colpa mia, né di Amazon (il libro della tipa si può comprare lì), ma di chi ha deciso che l’americano, come testimonial, era migliore.
Preciso: un americano sconosciuto, giovane e con niente da dire, mica un Asimov, eh? Eh, però viene dagli States, mica da Forlimpopoli. Vuoi mettere?

Avete tutti fatto delle considerazioni molto interessanti.
Mi trovo d’accordo su praticamente tutte.
C’è una cosa che mi ronza in testa e non so spiegare
Provo a chiedervi una cosa.
Io trovo che la scrittura italiana, rispetto alla traduzione dall’inglese o da altri, mi risulta piuttosto indigesta nello stile. Ho sempre questa sensazione di artefatto, finto, come se qualcosa nello stile facesse fatica ad avanzare o, altre volte, se fosse scritto come per dei bambini .
È una sensazione analoga a quanto provo con la recitazione degli attori italiani. Li trovo finti, con questi dialoghi del tutto innaturali, prosaici, teatrali.
E mi accorgo subito se si tratta di un attore o uno scrittore italiano, salvo rare eccezioni, oddio forse neanche rare, però …
È probabile che sia un mio bias, ovvero che senta o.meglio creda di sentire questa discrasia perché so che l’autore è italiano (dovrei fare un test in cieco).
È una sensazione o qualcun altro la condivide? E se si, a cosa è dovuta?

@il_Babbano Se parli di Star wars come esempio di fantascienza consumata in gran quantità in italia, confermi solo quello che ho detto. Non c’è niente di più rassicurante, prevedibile e consolante di Star Wars. D’altronde una specie di fantasy con i laser e le astronavi, una fiaba edificante, a volte un western o poco più. Non c’è nulla di eversivo in Star wars, è solo una coperta di Linus per tutte le età.

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Applausi a scena aperta!!

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sospetto l’editing, per cominciare.

Nonl’ho finito (che devo ancora lavorare per noi - ma prima Salvatore), però il libro di Manfredonia " Le notti di Cliffmouth" mi pare scritto ottimamente - è stato curato e revisionato a dovere. Anche quello di Okada (sono solo al cap 8) non è male, ma si vede la professionista. Anche Missiroli, almeno per il libro che ho letto, scorre. Sono però eccezioni, più spesso abbiamo scrittori circonvoluti o inutilmente ricercati o complicati, che non vengono tradotti e quindi non vengono adattati e, magari, semplificati. Certo, poi è vero che, soprattutto nel passato, succedeva il contrario: certe traduzioni rendevano illeggibili le storie, davvero, complice l’ignoranza del traduttore dei modi di dire esteri, però per esempio i libri della Rowling in lingua sono scritti ottimamente di loro, ma anche la traduzione che ne è stata fatta, con tanto di nomi rivisti dei personaggi, merita. E se a simili traduttori arrivasse un libro scritto un po’ così, nel rendere quel che l’autore voleva esprimere, forse una sistemata al testo gliela darebbero eccome - sistemata che invece l’italiano si scorda perché, tolti eventuali refusi marchiani (ma spesso, nemmeno quelli) nessuno - tranne un Babbano - si sogna di riscrivere qualcosa, al limite gli segnala che un certo periodo è poco comprensibile, poi se lo sistema lui se ci riesce.
Insomma, è andata a finire che i traduttori riescono magari a rendere un testo migliore di certi autori nostrani, salvo alcuni di quelli che ho letto.

Poi c’è l’abitudine: dopo ennemila storie ambientate in California o a New York con Al, John e Jack, alle prese con multinazionali, grattacieli da 100 piani e parate con ventimila persone di base (perché di scarso successo), leggere le avventure di Aldo, Giovanni e Giacomo a Posillipo, nel mercatino sottocasa (una bifamiliare di 2 piani), fa molto provinciale - e pure che lì stessero piazzando una bomba da ennemila megatoni fa l’effetto che fa…
Mentre se mantieni l’ambientazione estera (o spaziale, ci sta), resta che il comandante della flotta dell’unione mondiale difficilmente può chiamarsi Mario Rossi. Epperò, se si chiama Marcus (che ci starebbe) tu sai già che il futuro descritto parte dalla provincia, mica dal posto immaginato più avanzato del mondo, se lo scrive un italiano.

A te ti sistemo poi, appena ti vedo, maledetto Trekkoso!

Forse, dipende dai punti di vista. Questi due scherzavano poco…
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Comunque quello era per dire che la fantascienza in Italia passa, basta che sia estera. Abbiamo ennemila film meno rassicuranti: Alien, per esempio, che è sbarcato nel 79 di cui sono stati fatti uno sproposito di sequel e prequel (eppure, checchè ne dicano i grandi critici, era partito come un B movie) o la Mosca - anche lei, ennemila repliche. Chiedi in giro se qualcuno ne sa qualcosa: io dico che almeno uno per tipo lo hanno visto quasi tutti. La saga di Terminator? Idem.

Ora, non è che fantascienza debba per forza far rima con ansia e patema, eh? I film, come i libri, possono anche allietare o far divertire prorpio, qual è il problema? Qui il punto non è tanto la paura in sé - ce li leggiamo i libri stranieri? Li vediamo i loro film (almeno se americani, dai)? Ecco, perché italiani, soprattutto per i libri, pochini se non niente proprio? Perché scriveremmo solo cose da paura? Beh, Dario Argento in effetti andava forte - a me ha sempre fatto schifo, ma andava forte. No, non è la paura dell’ignoto a fermare gli scrittori e i lettori italiani. È che se scrivi di fantascienza come Carlo Verdi rischi di morire di fame. O, almeno, lo rischiavi fino a qualche anno fa, adesso non so. Grazie ad Amazon, però, che ti dà la possibilità di fare self publishing e raggiungere mezzo mondo, non il contrario (che, prima, o ti chiamavi Levi o mi sa che il tuo romanzo di fantascienza non te lo pubblicava nessuna casa editrice, manco l’Urania - e figurarsi metterlo in bella vista in uno stand. Ma se ti chiamavi Levi, ti pubblicavano più volentieri un romanzo verosimile, non un racconto ambientato nel tremilaecinquanta).