Era un bel dire dell’estinzione di migliaia di specie sulla faccia della Terra, ma quelle ronzanti zanzare che volteggiavano indefesse sopra di lui e lo tenevano in scacco, dovendo assumere ogni giorno la dose doppia anche tripla di antistaminici e corticosteroidi, giubilavano nel trovare, a tutte le ore, un caldo desinare sempre pronto a loro disposizione. Dormire era il suo più grande desiderio, tanto che era arrivato a infilarsi dentro una cella frigorifera, generosamente offerta dalla sua amica Matilde, per sonnecchiare almeno un paio d’ore, ma aveva dovuto rinunciare a quelle poche ore di pace, perché il freddo prolungato aveva minato la sua salute. Eppure le aveva provate tutte: lozioni, spray, braccialetti, tende, agopuntura, giungendo perfino a recarsi in casa di una fattucchiera per farsi togliere il malocchio, come gli aveva subito consigliato la sua amica della cella frigorifera. Nulla. Nessuna di quelle soluzioni era riuscita a trasformarlo da un pasto a un essere umano. Potete, quindi, immaginare come fu felice Gianni Mattachioli fu Gaetano leggendo sul giornale che l’agenzia spaziale europea cercava persone, auto munite, senza nessuna esperienza precedente, per un lavoro di sei mesi attorno all’orbita terrestre. A dire il vero non fu proprio la sua prima scelta: non aveva subito afferrato che le Cùlicidi non amavano villeggiare nei luoghi elevati, così scorse l’annuncio e passò oltre, seguitando la ricerca dei lavori che riteneva più affidabili e degni delle sue passate esperienze: ricercatore web di parole palindrome, programmatore di siti contraffatti, accontentandosi anche di un ingrato ingaggio nel campo della depurazione dei bachi, poi chiusa la pagina andò a surrogarsi l’èsima tazza di caffè, perché del caffè era un vigile estimatore: lo faceva arrivare diretto da un coltivatore della Cina, che gli assicurava la tostatura dei chicchi entro i due giorni precedenti l’ordine: l’odore acre della miscela quando scartava il pacco, appena arrivato, riusciva ad allontanare per un breve attimo di quiete le peciate predatrici, e sì metterlo di buon umore per tutta la settimana.
Adorava il suo lavoro sulla stazione spaziale; be’, a dirla tutta era un piccolo satellite che girava, girava, continuando a girare sopra la stessa orbita, il cui scopo lui stesso aggirava. Ma non dovete pensare, che non meritasse il suo guiderdone: Gianni aveva il compito più importante, in quella carcassa tecnologica automatizzata: sostituire la valvola termoionica ogni dieci orbite, che sorreggeva e sotto reggeva, nello spazio tutti sanno che non esiste il sopra e il sotto, tutta l’intelligenza del satellite. Forse per il dolce cullare dovuto alla mancanza di gravità, alla mancanza del pecciuto ronzio, alla mancanza del continuo sfrigolio delle lampade ultraviolette, Gianni Mattachioli, addormentatosi in un glorioso sonno, mancò di cambiare la valvola termoionica e al suo risveglio si trovò a fluttuare nello spazio vestito, tutto punto, con la tuta per le operazioni extra veicolari, e mirando attorno in tutte le direzioni, agitando le braccia come quando nel mare nuotando si voglia cambiare rotta, si accorse di non vedere più né la Terra né la Luna e né tanto meno il Sole, che non era un oggetto facile da nascondere seppur avessero voluto fargli uno scherzo banale. Traghiottito dal nero vuoto, senza alcuna stella conosciuta a indicargli la giusta via, il Gianni era abbastanza sicuro che nessuna zanzara lo avesse seguito, e si dileticava nella spaziosa tuta godendosi il viaggio, fino a che un sonoro avviso risuonò nella cassa acustica del casco: no!, decisamente la musica moderna, proprio, non gli piaceva.