L'avanscoperta

“Marco!! Ma è mai possibile che tu abbia mai e dico mai due calze appaiate?! Mi fai impazzire, che fai, te le mangi??”
“Ma cara, dai, non fare così. Sai che è colpa della lavatrice.”
Lei lo guarda con occhi inceneritori: “Mi prendi per scema, vero? Certo sono io la scema, non tu un incapace, certo!”
"Ma io… "
“Ora tu vai e le cerchi, e me le ritrovi prima che torni dalla spesa, chiaro?”
Marco fuma di rabbia e sbatte la porta per andare a rovistare tra i cassetti, tanto saranno sparse qua e là e basta.
Invece, dopo quasi un quarto d’ora, ne ha ripescata giusto una. E le altre calze dove diavolo si sono cacciate? Cesti biancheria, giusto, quelli sono la seconda tappa. Svaccato dalla scocciatura trascina i piedi verso la stanza accanto, di pessimo umore e senza voglia. Neanche si accorge di aver rallentato, anzi fermatosi alla soglia. Che rumore era quello? Fruscio, il respiro della pompa del frigo, il legno della credenza di massello? È fermo, in ascolto, assorto.

Sembrano parole. No, un fruscio, s’è sbagliato.
No, son parole sul serio. Quasi. Sì. No. Sì. Non riesce a schiodarsi dalla concentrazione, e riesce ad afferrare qualcosa che non riesce a focalizzare e manco a credere sul serio.
“…te presto […] po contato.”
E poi: “Come difficoltà? […] sempre solita [struttura?]…forme… Coesione di trama spazio tempo […] nanza”
Incredulo sporge la testa e nella stanza non c’è nessuno. Destra e sinistra, nulla. Nell’angolo, alla base del cesto però… Un passo , due, e lo vede, il calzino a rombi colorati.
Che si è impercettibilmente girato. A osservarlo. Dopo un istante svanisce, così, nel nulla.

Accorre a guardare, ma non c’è niente di niente. Nessun calzino spaiato, nessun esploratore alieno invertebrato che ci scruta incarnato in un banalissimo pedalino.
Torna di là, sapendo che dovrà trovare una buona scusa, perché questa spiegazione, no, non va proprio bene.

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