La revisione tra pari ha dei problemi

L’articolo si riferisce al .ondo statunitense, ma certo meccanismi in realtà tendono a peggiorare sempre e ovunque. Si pensa ad un buon metodo e poi questi rivela i suoi limiti e la sua corruzione. Da che mondo è mondo, nessun metodo o prassi o sistema od organizzazione , invecchia bene.

Certo il problema della pica fiducia nella scienza è secondo me di tutto"altra natura e diffusione, e non saprei neanche dire il perché.

Per raddrizzare il tiro, non solo bisognerebbe retribuire le revisioni, ma introdurre un indice diverso dalla prolificità, che sarebbe appunto la qualità. Quindi la somma di tutte le recensioni avute per avere un buon valore di qualità, facendo sì che una negativa faccia sempre media.

La ricerca scientifica, è in declino?

Be’, ovviamente ci sono i soliti noti che vedono scienza e tecnologia come strumento dei “poteri forti” (non disprezzando però di utilizzare proprio dispositivi tecnologici per diffondere le loro idee). Ma ci sarebbero altri spunti di riflessione, interrogativi provenienti dallo stesso mondo scientifico circa la nostra capacità collettiva di fare buon uso di quanto conosciamo: quanto siamo realmente maturi e saggi?

Non è il metodo scientifico in declino, ma la ricerca accademica.
Il metodo scientifico in azienda funziona benone.

Vero, il problema è che negli USA sono le università e le accademie a fare molta ricerca che poi si riversa nell’industria e la metodologia che punta esclusivamente sulla quantità a scapito della qualità sta diventando controproducente.

@P7 , la domanda sulla nostra saggezza è in effetti cruciale, ma temo sia una questione filosofica e una questione di riflessione personale. Da che mondo e mondo, lo spazio che dedichiamo alla riflessione è sempre esiguo.
E di certo non penso che un sistema che non riesce ad evitare deviazioni come questa possa definirsi saggio…

Solo perché qui non misuriamo. O meglio: il meccanismo accademico italiano ma non solo (in Francia siamo sulla stessa direzione) è disfunzionale, il merito non esiste, non è la qualità della ricerca ad attivare la carriera ma il leccaculismo applicato alla baronia.

In realtà, a mio parere, è proprio la contiguità tra aziende e università a salvare il sistema. Un’azienda non finanzia la ricerca se non è utile.

Ti do anche ragione, ma se la ricerca è viziata, il gioco si rompe in ogni caso. Però è vero, senza metriche o con metriche monodimensionali, nessun meccanismo può funzionare.
Se possibili soluzioni esistono, quanto sarà facile applicarle? E’ questo che mi turba, la resilienza di giri così grandi da avere una inerzia decisamente alta.

Oddio, temo che lo stesso ragionamento si possa applicare anche altrove…

Mah.
Hai voglia a misurare, se poi il discorso diventa che puoi prendere soldi se fai uno studio che dimostra che la nicotina (l’alcol, il farmaco dimagrante X, l’integratore di vitamine Y preso alla cavolo di cane, o far vaccinare i seienni per proteggere i settantenni che non si voglio vaccinare) fa bene alla salute. O se devi dimostrare che un ponte si può (o non si può) fare, o i vantaggi (o i danni) di una centrale nucleare in Sicilia (per coimciare, poi ne costruiamo una in ogni piazza di ogni città, eh? Che son soldi).

Non c’è standard che tenga quando l’interesse punta altrove, a meno di aggiungere a quello anche processi veloci e pene certe per chi faccia il furbo. Ma significa anche che a indagare non sia chi ha le mani in pasta (o impastabili).

Risolveremo? Mi pare sia dai tempi delle piramidi che non ci riusciamo. Le aziende non finanziano fuffa? Dipende. Se porta soldi, anche sì. Tanti però, mica bruscolini. Erano ben aziende anche quelle del tabacco no? E pure quelle legate al petrolio - si potevano fare auto con consumi modesti o auto ibride, anche 20 o 30 anni fa? Si sapeva che l’asbesto era cancerogeno anche prima di riempirne ogni casa? E la scienza dov’era? Ah già, stava con le aziende paganti.

Mescoli concetti diversi.
C’è un problema di separare chi mette i soldi e chi e’ l’interessato dalla ricerca.
Nella questione della nicotina o dell’asbesto c’e’ che le aziende finanziano la ricerca con un interesse diverso rispetto a quello del pubblico. E’ ovvia che se si parla di ricerca sulla sicurezza, non puoi chiedere che sia l’azienda a finanziarla. In questo caso, il ricercatore attacca il mulo dove vuole il padrone, fa l’interesse dei finanziatori, non del pubblico. “Oste, e’ buono il vino?”
Viceversa, se lo stato finanzia la ricerca, non puo’ essere nell’esclusivo interesse di alcune aziende, ne’ fine a se’ stesso. Altrimenti si suddividono i costi prendendo tutti i vantaggi, oppure si tira a campare.
Ma questo i primi due scenari hanno poco a vedere con quanto discusso, piu’ il terzo.