Concorso "Kill your writer", seconda edizione

Formato di concorso abbastanza atipico, io un paio di nomi li avrei già, ma son sicuro che qualcuno qui dentro lo troviamo.
Oppure se ci mettiamo d’accordo, possiamo farne un’opera corale.

Mah non mi ispira tantissimo.

Volevo uccidere Umberto Eco con il crollo di una libreria, ma è già stato preso e non capisco questa regola.
Anche Fabio Volo non sarebbe male. Muore per iperglicemia (o forse Moccia?)

Va bene, ma le scimmie di mare? Potresti fare fuori Vespa, con quel che scrive…

Io virrei fare resuscitare dante con le scimmiette e poi prendere ragazzi che hanno finito la maturità che lo lapidano

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Si tratta di un concorso letterario in cui autori più o meno affermati partecipano scrivendo un racconto in cui “uccidono” autori noti. L’eloquente sottotitolo del progetto “Kill your writer” chiarisce abbastanza bene l’intento. Ma perché fare una cosa del genere? Be’, le motivazioni possono essere molteplici. La prima edizione nasceva da un mio personalissimo capriccio, volevo decorare la mia sala giochi e nulla l’avrebbe fatto meglio delle teste in bella vista di chi con la scrittura è riuscito ad accaparrarsi la gloria.

Accidenti, visto troppo tardi: sono già alla fase di valutazione del pervenuto.

Sennò io ben più di un paio di illustri li avrei accoppati eccome, a partire dal Manzoni.

Perché già me lo vedevo, il wannabe writer (in realtà Ghost writer) Svarioni, alla perenne ricerca di un successo che gli veniva sempre negato per la sua punteggiatura fuori posto, cercare di liberare il mondo da quei maledetti rappresentanti della letteratura che, con i loro insulsi mattoni, avevano decretato la fine della punteggiatura povera.

Era una questione di modernità: punti e virgola e due punti erano obsoleti e inutili. Obbligare a usare un solo esclamativo o un solo interrogativo, era castrante. Niente ashtag, poche parentesi o trattini per le incidentali - ne avete mai visti col Petrarca? Che gente ignorante, questi vecchi.

E tutti lì, a pendere dai loro scritti vetusti. Era ora di finirla, di poter usare la virgola ovunque, anche al posto del punto. Era ora di usare le parentesi (tonde, quadre e graffe. E nell’ordine preferito!) come meglio aggradava a chiunque, ma soprattutto a lui, Svarioni, che si era visto rifiutare due manoscritti solo perché all’editore non piacevano le graffe al posto delle caporali.

Per questo aveva ideato il suo piano: tornare indietro nel tempo e fare fuori non solo il Petrarca, ma pure Dante, il Manzoni, Carducci, D’Annunzio e ogni nome grosso della letteratura. Avrebbe salvato giusto Marinetti e pochi altri ermetici, che scrivevano, su questo non aveva dubbi, a muzzo, e avrebbero aperto la strada all’interpunzione libera.
E il successo, un meritato successo, sarebbe stato finalmente suo.

Svarioni: un nome, una professione, anche grazie all’aiuto di uomini preparati e pronti a tutto, quelli del Nucleo Assassini Sulla Fiducia, gruppo noto per la ferocia dei suoi interventi: non si trovava alcuna traccia, quindi dei tanti incidenti improbabili, si dava la colpa ai membri di quel gruppo. Sulla fiducia.

Non c’era impresa che non gli riuscisse: un pilota di formula uno usciva di strada? Opera loro. Un satellite si guastava all’improvviso? Ancora loro. Perdevi le chiavi di casa? Sempre loro. Terribili, astutissimi, velocissimi. Svarioni sapeva che, con un simile gruppo alle sue spalle, avrebbe potuto piegare il tempo stesso. E poi il mondo intero avrebbe visto chi fosse e applaudito sia la sua prosa che la sua poesia. “Di lì a poco”, si diceva. “Di lì a poco!”. Poi decise di aggiungere a quel pensiero altri due o tre esclamativi e un paio di ashtag, tanto per iniziare a celebrare l’imminente vittoria…

Dite che il canovaccio è buono?