Gestire un luogo di aggregazione è complesso

Ieri mi sono sfilato da un altro “luogo” che frequentavo da un paio d’anni con una certa assiduità.

Circolo chiuso, tematico, su invito. Un centinaio di iscritti, con provenienze storie professionalità diverse, in comune una certa nerditudine di partenza. Gruppo inizialmente molto simpatico, costruttivo, abitudinario e molto attivo; gruppi di discussione, diversi tool in condivisione e una call settimanale “face to face” per imparare insieme qualcosa.

Col tempo qualcosa si è rotto. Primi screzi, primi litigi, sedati per lo più, solitamente con l’allontanamento volontario dell’elemento destabilizzante. Molto sparlare, soprattutto dei personaggi “famosi” (per modo di dire) che si occupano di quegli argomenti nerd su social, riviste e altro. Praticamente tutti lì dentro frequentano anche lo stesso Social.

Finché dopo l’ennesima perculata verso un assente che è amico di un presente, il patatrac. Tizio prende uno screenshot della perculata, la mostra a Caio oggetto della stessa, Caio fa un allusione sul social che tutti frequentano, Sempronio lo vede, fa due più due e accusa Tizio di parlare del Fight Club al di fuori del Fight Club.

Dopo una lunga discussione, in cui ciascuno da il peggio del peggio, e dopo che sono venuto a sapere che insomma, non tutti son puliti (un admin pare abbia fatto una cosa orribile verso un altro, una cosa che su internet è vietata e sarebbe pure vietata dalla legge, ma transeat), me ne sono andato; alla cetichella, senza annunci se non a un paio di persone per ringraziarle e spiegare.

E’ stato doloroso.

Ma ho imparato un paio di cose, che vorrei portarmi dietro e tenere sempre presente. Probabilmente alcune serviranno per gestire anche questo luogo.

Numero 1: l’ambiente chiuso è deleterio. Che si sia in pochi o si sia in tanti, servono idee, anche discordanti, dall’esterno. Si instaurano gruppuscoli di personaggi alpha, di sodali, gruppuscoli a volte aperti, a volte inconsci, a volte palesi, ma gruppuscoli che innescano logiche da branco.

Numero 2: gli sfogatoi sono il male™. E quando dico male™, intendo proprio male, male male™. Gli sfogatoi sono luoghi di depressione, danno un sollievo temporaneo - perché sfogarsi è catartico senz’altro - ma alla lunga ingenerano atmosfera negativa. Negli sfogatoi ci si sfoga, non si ragiona, perché uno sfogo è uno sfogo e non è fatto per confrontarsi. Se devo mandare in culo il mio capo, lo faccio e non voglio sentire le ragioni di un terzo che prova a farmi ragionare sulle mie colpe.

Ma istituzionalizzare lo sfogatoio porta inevitabilmente a far fuoriuscire gli sfoghi irrazionali anche negli altri canali, rendendo impossibile trasformare una crisi in qualcosa di utile. Nell’esempio di cui sopra, lo sfogatoio si è trasferito sulle spalle del tizio che ha detto a caio che lo stavano perculando. Nessuno si è posto la domanda se fosse indelicato esagerare nel perculare caio, che era amico di tizio. Si è discusso di quanto sia stato stronzo tizio, di quanto oramai la fiducia nella riservatezza del luogo fosse stata compromessa (con centinaia di persone, riservatezza…) di quanto fossero stati traditi da tizio, eccetera. Nessuno ha fatto autoanalisi, ha provato a capire, no. E questo è colpa, a mio parere, un po’ dello sfogatoio e un po’ del circolo chiuso.

Numero 3: il perculo e la presa in giro non si può istituzionalizzare allo stesso modo dello sfogatoio, per motivi simili. Un po’ perché, aperto o chiuso (diciamo, quasi chiuso), le informazioni escono e più la persona perculata è famosa, più ci si espone anche a ritorsioni legali. E un po’ perché non tutti apprezzano le perculate immotivate. Tizio può starmi antipatico ma magari è amico di caio che frequenta questo luogo, e Caio non ha voglia di mettersi contro la corrente in cui tutti perculano Tizio. E qui nascono i rancori.

Numero 4: non si può pretendere sincerità, non si può basare l’autoregolazione delle persone sulla sincerità, non posso pretendere che Caio di cui sopra mi fermi se esagero su Tizio. Ad un certo punto Caio sbotta, ma sarà già troppo tardi.

Numero 5, conseguenza del numero 4: l’autoregolazione non funziona. Non funziona per quel motivo e non funziona perché le regole “ragionevoli” sono diverse. La regola del fight club non può essere assoluta, o meglio, funziona se il circolo è piccolo e c’è un clima sereno e di profondo rispetto reciproco. Rispetto che prevede anche delicatezza sulle cose che non sai di una persona, anche se la conosci da sempre e quella persona sorride quando la prendi in giro. C’è gente che quando viene presa in giro sorride e se ne sta sulle sue. Significa che apprezzi la presa in giro? Il fatto gravissimo cui alludevo sopra e che è stata la goccia che mi ha fatto decidere di lasciare, era gravissimo, e so di per certo che alla persona vittima dello stesso ha dato un enorme fastidio, ma tale persona non ha lasciato, perché tutto sommato riusciva a gestire la cosa – sebbene ciò abbia innescato un altro tipo di comportamento da branco, ma sorvoliamo. E se non ha lasciato significa tutto ok? No.

Quindi, numero 6, il rispetto va oltre il regolamento, e rispetto deve anche essere delicatezza.

Numero 7, il regolamento serve. Serve specie quando serve :slight_smile: ossia quando si va oltre il tollerabile. Un punto importante per me era il fatto di dover prendere una decisione radicale senza che si fossero decisi prima i termini della gravità. Rompere la riservatezza è sicuramente un punto grave, ma non si sarebbe dovuto, in mancanza di un regolamento, e in mancanza della possibilità di fare un “processo” con tanto di terzo garante imparziale e quarto difensore personale, dare il beneficio del dubbio? I regolamenti servono proprio per questo, perché non ci sia necessariamente bisogno riflettere e disctere su quanto è grave un fatto, quale sia il modo migliore per affrontare un evento grave senza rompere la fiducia, scadere nell’arbitrio, cedere ad antipatia, voglia di vendetta. Specie in un circolo chiuso dove ci si muove sulla fiducia massima.

Stanotte poi ho avuto altri pensieri, non direttamente connessi ai fatti, come la contendibilità di un luogo, eccetera. Il mio cruccio maggiore, pensando a questo luogo, è quello di non essere in grado di gestirlo correttamente, di scadere nell’arbitrio, di cedere alle antipatie o alle simpatie. O di rompermi le scatole domani, di dover o voler cedere le chiavi di questo luogo. Non vorrei che si riproponesse il dilemma del ten, domani o tra dieci anni. Forse qualcun altro sarebbe in grado di gestirlo in modo migliore?

Tutti pensieri sorti nella notte. Dove portano, non lo so, ma ci tenevo a condividerli.

(non mi chiedete dettagli dei fatti, mi sono sbottonato pure troppo e credo che qualcuno rognerebbe se li leggesse qui.)

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Numero 1 assomiglia molto a degli sconosciuti che devono convivere su una barca a vela…l’uomo è definito animale sociale ma in mancanza di spazi diventa una brutta bestia.

In generale, l’esperienza di HC è un bell’esperimento che tende a dimostrare l’inevitabilità della guerra, nella storia umana.
E magari anche perchè per certi compiti o certi lavori ci siano dei severi test PSICOfisici, soprattutto PSICO.

Credo che in contesti come quelli virtuali sia molto facile lasciarsi andare e, anche nel caso non si sia necessariamente cattive persone, si può finire per sfogare ostilità e frustrazioni accumulate altrove, magari per lungo tempo. Sarebbe un bel mondo se ognuno si proponesse di smussare i propri spigoli e migliorare il proprio autocontrollo, dentro e fuori questi spazi virtuali. Ma sappiamo che non sempre c’è questa buona volontà, quindi sì, rimane difficile e complesso gestire questi luoghi; ci vogliono regole e anche la capacità di “navigare a vista” valutando il da farsi volta per volta.

mi è venuta in mente quella legge fisica delle persone, della temperatura…

Per il resto è un ottimo insegnamento di vita, e utilizzerei la via del Buddha, e aggiungerei una regola nel fight club: Tyler comanda o sfanculi!

Marò che situazione Ballardiana :scream:
Innanzitutto, la mia sincera vicinanza in una situazione del genere. Doveva essere un bel gruppo affiatato e uno ha di certo passato bei momenti, ma temo che il vaso rotto non torni mai veramente integro .

Personalmente penso che il volersi sfogare sempre e spesso in maniera cattiva non sia salutare per nulla. Diventa una pessima abitudine anziché un momento di riflessione.

Oh se vogliamo evitare il circolo chiuso, allora servono nuovi utenti! Tutti al lavoro, ma prima, al bar!

(Commenti più seri, più in là)

Okay, non chiedo dettagli, tipo nomi, cognomi, nick, mail e telefoni, però vorrei capire quale azione un admin (ma chiedo per altri, eh?) abbia fatto contro la legge: dare la mail privata di quello a terzi? Assegnargli “infame” come sottotitolo o livello?

Comunque, io trovo una cosa di partenza che mi lascia perplesso: era un gruppo di gente simpatica e affiatata, con tanto di standup meeting settimanale, che però si ritrovava spesso a sparlare di terzi assenti ma conosciuti a piccoli gruppi anche perché ci si lavorava insieme?
Come se, per dire, Daneel e Fedemone lavorassero con me e un quarto tipo per il mio capo, e io avessi la bella idea di parlare male del quarto assente, che invece è grade amico del Fedemone, col Daneel che ride, rincara e sputa sul quarto che qui manco c’è.

Cioè, dai, non si fa così. Intanto, ciascuno sparli della moglie o della suocera sua, ma col BabbaStyle., che uno capisce che persino la moglie e financo la suocera c’hanno le loro ragioni. Poi , se la moglie fosse anche l’amante del Jabba, che fa la spia, uno se la vede con la dolce metà e con la madre di quella - che tanto, ci stai già abituato: per un mese dormi sullo zerbino e alla fine, dopo che le hai consegnato la tredicesima, ti perdona.

Che poi, uno sfogo può anche scappare, ma se il gruppo aveva virato sul

Molto sparlare, soprattutto dei personaggi “famosi” (per modo di dire) che si occupano di quegli argomenti nerd su social, riviste e altro.

Mi sa che era il gruppo stesso a essere diventato tossico: alla fine, si andava lì per prendere in giro altri? Gran brutta cosa, quantomeno se non era fatto con lo spirito delle telecronache calcistiche della Gialappa’s band.

Dipende. È quello che succede in quel gruppo, che può fare la differenza - se è un gruppo dove si ride e si scherza in generale, o se è un gruppo che si occupa di un hobby (metti un gruppo di scacchi, per dire) o anche di qualcosa di collegato al lavoro (un sottogruppo che si aiuta per risolvere grane che oggi a me, domani a te), mica detto che debba finire male per forza.
Un po’ come i forum con poca gente: al di là del fuori di melone di turno, hai visto cose del genere nel Ten4ward o dai NASF? Si passa il tempo a parlar male di terzi? Certo, magari ci si è sfogati un po’ con un Kappa vissuto come uno che ti ha pugnalato alle spalle; o si è asfaltato Zeta che faceva un po’ troppo il furbo, però non è che si passi il tempo a fare quello, no?
Poi niente contro espandersi e conquistare il mondo, ma secondo me è più facile che si instaurino gruppetti e dinamiche potenzialmente tossiche in gruppi più larghi che non in quelli più ristretti - cioè, il male si annida più facilmente nei piccoli gruppi che vivono all’interno di (o di lato a) gruppi più grandi - tipo:

che è più grande, immagino, e contiene anche quel Caio, dico bene?

Sì, se per sfogatoio si intende un posto dove parlare male di terzi perché cattivi a prescindere, pur non essendo taglieggiatori, agenti del fisco o suocere.
Poi ciascuno si sfoga a modo suo, ma un posto dove lo sport del giorno fosse dire che Ics è un cretino e Ipsilon un esponente di incroci di razze canine diverse, e tutti giù a dirne di ogni - da come digitasse storto a quanto si vestisse male - forse non è semplicemente uno sfogatoio, ma un serpentario. E da lì hai fatto bene ad andartene.

Aspetta: centinaia? il piccolo gruppo?

Sugli assenti di sicuro. Sui presenti dipende: se è derisione intesa come dileggio, non va bene. Se si gioca e la presa in giro è consensuale con gli interessati (tipo:
@Jabbafar, tieni la coscienza e la rettitudine di un cassiere disonesto!
— Ha parlato quello con l’uncino, al posto della mano, perché gliel’anno tagliata, la mano, mentre la infilava nella cassetta delle offerte della chiesa!
— Ma se ho fatto a mezzo con te!
— Guarda che farmi cavare un occhio non rientra tra le buone azioni, sai? Razza di babbuino!
) è un’altra storia. Mi sa che lì si era passati al dileggio. Mi sbaglio? E autoironia, poca, suppongo.

Ragazzi, patti chiari e amicizia lunga: se uno si offende (e non dovrebbe, secondo me, ma può anche succedere ), meglio che lo dica. Non che sia una scusa, però. Tipo che in una discussione non si hanno argomenti e allora si passa a dire che ci si è offesi - che così son buoni tutti. Ma metti che ti diano dell’ignorante, del nullafacente, dello strabico coi piedi palmati, aggratis: se davvero ti offendi, se davvero non riesci a riderci su, meglio dirlo.

Cioè, un admin è sceso in campo a perculare uno del gruppo coi poteri dell’admin? Tipo che gli ha messo Giuda come avatar e sotto la scritta: “non merito i trenta denari, ma dammeli che li conto”… Posto avvelenato fin dai vertici, che dovrebbero essere quelli che riportano la calma. Anche il tale farebbe bene ad andarsene.

Rompere la riservatezza è sicuramente un punto grave, ma non si sarebbe dovuto (…) dare il beneficio del dubbio?

Parliamo anzitutto degli effetti di quel gesto

Tizio mostra a Caio quello che Kappa, Ics e Zeta hanno detto, mostrando a Caio che quei tre lo deridono.

Caio potrebbe aver preso provvedimenti nei confronti del terzetto? Se Caio nel social è in vista e quei tre un po’ meno, magari la loro posizione è finita compromessa.

È anche vero che si sono scritti da soli la partitura, convinti però che non sarebbero stati letti al di fuori.

Insomma, qui c’è uno che, dal punto divista del gruppo, ha tradito alcuni membri, dal suo punto di vista, ha fatto sapere all’amico che ci sono alcune persone di cui non si deve fidare, magari credendo che questi non avrebbe fatto il suo nome ai tre.

Vedo difficile la permanenza nel gruppo di Tizio e dei tre contemporaneamente, a prescindere da torti e ragioni, a meno che il gruppo non abbia davvero funzioni migliori del pettegolezzo. Se si ritorna allo scopo originario, può aver senso che restino tutti, i tre con la promessa di non perculare più e Tizio con quella di non divulgare (che se non gli perculano l’amico, magari gli viene anche facile di non spifferare più niente). Nel dubbio, inviterei i tre ad andarsene in un gruppo tutto loro. Tipo quello dei Serpeverde, magari.

Se invece lì è normale sparlare, io dico che è meglio che Tizio se ne vada. Meglio se di suo, ma anche con aiuto, se non si decide.

Non credo che un regolamento possa stabilire quale intraprendere, delle tre strade (si resta tutti, ma basta perculate e screenshot; resta il trio solenghi e vai di prese per i fondelli; resta la gola profonda e chi percula lo fa a suo rischio e pericolo), però potrebbe dare qualche indicazione. Certo che non è una cosa che può decidere uno solo: è da discutere con lo staff.

Già. Ma la situazione è precipitata a seguito della discussione che si è instaurata.
Personalmente non ero a mio agio da tempo, ma non v’era ragione di andarsene, perché tutto sommato una volta eliminati alcuni canali tossici, tra cui lo sfogatoio e quello in cui si perculava ciò che usciva sui social, era tutto sommato vivibile.

Esatto è quello che penso.

Doxxing. Pare. Durante una riunione. Non voglio aggiungere dettagli perché neanche questo è un luogo chiuso e voglio attenermi alle considerazioni delle dinamiche dei gruppi, non di quel gruppo né recriminare su quello che è capitato, solo condividere l’esperienza per trarne lezione.

Sì, vero. Però il gruppo chiuso non permette a persone e idee e critiche di minare questi comportamenti negativi.

Sfogatoi di ogni genere: contro il capo, contro la suocera, contro gli utenti che fanno richieste sceme, contro il coppo che ti è caduto in testa. Per carità: ci ho partecipato e ad un certo punto uno dei presenti mi aveva chiesto l’indirizzo di casa per inviarmi in dono dei donut - perché addolcire il momento con il cibo aiuta. La cosa mi ha molto commosso, e devo dire è uno dei motivi per cui ho davvero fatto fatica ad andarmene. C’erano senz’altro delle brave, ottime persone.

Il luogo, una sorta di DontPanic ma su invito. Dontpanic con più gente.

Piano: su questo son più sensibile. A volte la presa in giro è accettata anche se da fastidio, ma quando ti fermi? Cioè, sì e no. Personalmente ho sempre un po’ di timore, non sarebbe la prima volta che “quando hai detto quella cosa lì mi ha infastidito” viene fuori solo troppo tardi.

Concordo, ma teniamo conto anche che a volte non si dice per non sollevare discussioni, per vergogna, eccetera.

Più o meno. Come se prendessimo per il culo S, con costanza, ignorando o fregandoci se D è amica sua, e in più S non è ammesso qui. S (la vittima del perculo) non ha fatto grandi cose se non pubblicare sul social che tutti frequentano, senza metter nomi, facendo intendere che L (il perculante) non capisce una cippa di quell’argomento X per il quale si è permesso di percularlo. Quindi in realtà l’han capito solo D e Q (un terzo che frequenta anch’esso il luogo).

Al di là di tutto, il punto è: se si vuole prendere un provvedimento radicale, o hai le spalle una norma condivisa che dice che quel comportamento è vietato e considerato grave ed è previsto il ban, oppure devi andarci cauto e dare il beneficio del dubbio.